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Mister preferenza: "Niente promesse"

BRINDISI - Il telefono non smette di squillare: «Dovrò rispondere a più di mille persone! Ci vorrà una settimana». Lino Luperti, 34 anni, sposato, due bambine, dipendente della Basell, non fa che ripetere «Grazie, grazie, grazie». Per poterlo intervistare bisogna lasciare il bar della moglie (il Capolinea Caffè di corso Roma) e rifugiarsi allo Yacht Club, lontano dal traffico post-elettorale.

BRINDISI - Il telefono non smette di squillare: «Dovrò rispondere a più di mille persone! Ci vorrà una settimana». Lino Luperti, 34 anni, sposato, due bambine, dipendente della Basell, non fa che ripetere «Grazie, grazie, grazie». Per poterlo intervistare bisogna lasciare il bar della moglie (il Capolinea Caffè di corso Roma) e rifugiarsi allo Yacht Club, lontano dal traffico post-elettorale.

Ha preso 950 voti circa, più una sessantina di schede annullate. Se lo aspettava?

No. Speravo di riconfermare i 435 voti dell’altra volta. Già quello sarebbe stato un gran successo.

Come giustifica questo exploit?

Col rispetto della gente e degli elettori, che vanno curati, coccolati, e mai maltrattati. Bisogna stare accanto a loro 365 giorni l’anno, non solo prima del voto.

Cosa vuol dire?

Essere disponibili e ascoltarli ogni volta che hanno un piccolo problema da risolvere. La gente vuole sentire un amico vicino, non un politico.

Chi l’ha votata?

Tutti i parenti, tutti gli amici. Non ho alle spalle nessuno.

Cosa ha promesso?

Nulla. A tutti ho detto che non potevo dare nulla, a parte la mia disponibilità a svolgere bene il mio ruolo. Dobbiamo riuscire a far girare bene questa città, perché se le cose vanno bene, vanno bene per tutti.

Quanto ha speso?

Zero euro. Una campagna low cost. I 200 manifesti me li ha regalati mio zio Claudio Fornaro e li ha incollati mio nonno. I santini me li ha fatti il partito. Non avevo nessun comitato elettorale. Dovrò regalare qualcosa solo ai miei 10-12 rappresentanti di lista che mi hanno dato una mano.

È il primo del PD, pur non facendone parte, almeno fino ad un mese fa, quando era tra i sostenitori di Brigante. Perché lo ha abbandonato?

Perché in politica bisogna costruire. La città non ha bisogno di polemiche ma di progetti e idee. Se ci facciamo la battaglia nel centrosinistra non concludiamo niente. E poi nel progetto politico bisogna crederci, ed io a quello di Giovanni non credevo più.

E perché Consales?

Perché ho creduto in lui e perché credo nel PD. Mi rivedevo in quel partito e volevo entrarci già tre anni fa, visto che andai via dall’Api perché non condividevo il dialogo aperto con il centrodestra.

Diventerà assessore.

Il mio sogno sarebbe fare il presidente del consiglio comunale, ma mi rendo conto che si tratta di un incarico importante ed è giusto che vada ad un personaggio con maggiore esperienza della mia. Di eventuali assessorati sarà giusto parlare con sindaco e coalizione.

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