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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Politica

"Non mi preoccupo di Ferrarese, ma di cosa farà il mio partito con lui"

BRINDISI - Evviva. Ci mancava proprio l’attacco, per la verità poco originale, “sui condizionamenti della vecchia politica” avanzato dal presidente Ferrarese. E’ ormai una tecnica da manuale della “nuova politica”: quando sei in difficoltà parla del mondo, inventati congiure, rispolvera il pericolo dell’armata rossa che assalta le chiese, costruisciti un nemico e batti sempre sullo stesso chiodo. Però l’esercizio retorico della vecchia politica (il morto) che impedisce a quella nuova ( il vivo azzannato) di emergere ha sempre un suo fascino, una sua suggestione nell’era della comunicazione mass-mediatica ed è la prima innovazione lessical-culturale introdotta da Berlusconi. Un po’ di ordine, però, non guasta mai!

BRINDISI - Evviva.  Ci mancava proprio l’attacco, per la verità poco originale, “sui condizionamenti della vecchia politica” avanzato dal presidente Ferrarese. E’ ormai una tecnica da manuale della “nuova politica”: quando sei in difficoltà parla del mondo, inventati congiure, rispolvera il pericolo dell’armata rossa che assalta le chiese, costruisciti un nemico e batti sempre sullo stesso chiodo. Però l’esercizio retorico della vecchia politica (il morto) che impedisce a quella nuova ( il vivo azzannato) di emergere ha sempre un suo fascino, una sua suggestione nell’era della comunicazione mass-mediatica ed è la prima innovazione lessical-culturale introdotta da Berlusconi. Un po’ di ordine, però, non guasta mai!

E allora, la “vecchia politica” è riferita alle classi dirigenti? Se è così mi pare che di nuovo in giro ci sia ben poco; forse una percentuale eccessiva di trasformismo o, come si usa dire nella nuova, di ripensamento democratico. Non credo che passare da un ruolo di direzione del sindacato, del mondo imprenditoriale o delle professioni ad uno politico-istituzionale sia sufficiente a riproporsi come una novità. E’ riferita alla costruzione delle carriere  del personale politico? Premesso che una sana ambizione, nel genere umano ed in ogni contesto lavorativo, siano una virtù e non un disvalore, credo che le vecchie classi dirigenti abbiano solo da imparare dalla spregiudicatezza e dalla cinica lucidità con cui oggi nasce una carriera istituzionale .

La nuova fase della politica, rispetto alla vecchia, ha visto la scesa in campo di molti imprenditori che si ritengono prestati alla politica proprio per immettervi concretezza, dinamismo, decisionismo sano: ecco , il “fare” di oggi rispetto al “proposito di fare” del passato.  Credo, però, che  l’on. Casini abbia fotografato bene la fase quando parla del “fare un bel niente” dell’oggi mentre il Paese se ne sta andando a rotoli. C’è una novità rispetto a ieri ed è il fastidio che la “politica del fare” prova verso la fatica che si impiega per la ricerca di  soluzioni democraticamente condivise.

Un presidente prestato alla politica non può perdere tempo, vuole più protagonisti che gli consentano di lavorare  di meno, ama le verifiche del lavoro quotidiano, della soluzione dei problemi dei cittadini: il resto sono chiacchiere della politica poco interessanti. Direbbe il noto comico: scusa ma che c’azzecca?  Lui vede fantasmi e lui chiede collaborazione? Ecco una importante novità della nuova fase politica: parlare, comunicare, invitare il figlio di Bossi, litigare con Vendola sulla sanità o sul marketing territoriale e poi sparire.

L’altra novità? Le emergenze dell’oggi sono talmente tante che i presidenti non riescono a discernere una azione programmatoria di sostegno allo sviluppo ( i piani di coordinamento territoriale come  priorità rispetto allo stravolgimento di un paesaggio, il sostegno concreto ai distretti industriali, l’attenzione verso un centro di ricerca che abbiamo difeso con i denti dalle ipotesi di smantellamento dell’era Fitto) dallo stucchevole e quotidiano messaggio mass-mediatico.

A me però, interessano  poco questi film che, a furia di vederli, conosco a  memoria il primo, il secondo ed il terzo tempo; e il terzo tempo di queste mie riflessioni ad alta voce saranno la scomparsa di ogni qualsivoglia mia considerazione pubblica. Ricordo che nella vecchia politica un progetto politico è tale se costruisce intorno a sé una forte convergenza programmatica, una importante innovazione istituzionale, una robusta e leale collaborazione tra i soggetti sostenitori del progetto stesso.

Vedo invece troppo conflitto, troppa concorrenza interna alla coalizione, troppo interesse di bottega partitico e poco valore aggiunto coalizionale. E vengo al problema vero che mi preme richiamare: il Partito democratico, la sua coesione interna, le priorità di contenuto su cui ritiene di spendersi sino al limite della rottura ed oltre. Le tante emergenze dell’oggi ( il federalismo, la crisi economica, il funzionamento delle Istituzioni, lo spazio  acquisito dagli interessi corporativi rispetto a quelli generali, il crescente decadimento della politica come capacità di governo complesso dei processi) aprono uno spazio immenso per una azione riformista efficace e credibile; ma il PD è distratto, è prigioniero delle storie delle sue classi dirigenti. Così non va, non c’è futuro per il partito e per il Paese. Occorre coraggio politico e fermezza.

Non mi preoccupa l’azione del presidente Ferrarese, quello che fa o che esterna; a me interessa la risposta politica del PD. Caro segretario, la ricreazione è finita; su queste ultime incresciose vicende, per evitare che vengano percepite dai più come la residualità programmatica del Partito Democratico, non basta un comunicato autorevolmente sottoscritto, occorre sviluppare una posizione politica ferma sulla quale chiedere la sottoscrizione dell’intero  gruppo consiliare alla Provincia, della delegazione assessorile, del gruppo dirigente provinciale del Partito.

*consigliere regionale Pd

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