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Referendum/ "Alla contorta riforma di Renzi preferisco la vecchia bicicletta"

Chi mi conosce sa che Massimo D’Alema non fa parte del mio personalissimo pantheon politico. Quindi queste righe non le scrivo per difenderlo. Non ho voglia di far ridere anche i polli per una mia tardiva infatuazione nei confronti dell’ex Segretario dei DS

Chi mi conosce sa che Massimo D’Alema non fa parte del mio personalissimo pantheon politico. Quindi queste righe non le scrivo per difenderlo. Non ho voglia di far ridere anche i polli per una mia tardiva infatuazione nei confronti dell’ex Segretario dei DS.  Scrivo per analizzare cosa c’è dietro gli attacchi nei suoi confronti.

Ho letto i giornali di venerdì scorso che parlavano del confronto a distanza tra D’Alema e Renzi che ha parlato per bocca del suo braccio destro, perlopiù silente, Luca Lotti. Non immaginavo che il confronto referendario scadesse verso accuse personali e colpi di clava alla cieca.

E’ da un po’ che seguo con interesse il dibattito intorno alla riforma e sino ad oggi Renzi è sfuggito al confronto sul merito della questione rimanendo saldamente ancorato ai principi perché sa che su quelli neanche i costituzionalisti, che criticano la riforma, possono ribattere, anzi sono d’accordo!

Anche nel confronto televisivo andato in onda sulla 7 con Zagrebelsky le cose sono andate allo stesso modo, con Renzi, da una parte, a difendere la riforma sostenendo l’improrogabile necessità di cambiamento, dall’altra il professore costituzionalista che ha cercato di spiegare le numerose falle del nuovo testo.

Per onestà devo dire che il confronto mediatico è stato vinto da Renzi solo perché ha una dimestichezza, tipicamente berlusconiana, con il mezzo televisivo. Soprattutto quando, messo in un angolo dai numeri impietosi della crisi italiana con un colpo da teatrante navigato rispolvera il ponte sullo stretto di Messina e 100mila posti di lavoro freschi freschi!

Ed ancora una volta quando viene messo in difficoltà, come sta facendo D’Alema, non risponde sul merito perché sa che sarebbe perdente. Gli è più facile, avendo il fucile delle argomentazioni tecniche scarico, demonizzare l’avversario del momento. Come ha fatto nei giorni scorsi, mandando avanti il suo sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Luca Lotti, a neutralizzare D’Alema, al momento uno dei più fermi e convinti oppositori alla riforma costituzionale, definendolo “roso dall’invidia” ed aggiungendo poi “accecato dalla rabbia e dall’odio personale per non aver ottenuto la sua poltroncina di consolazione”.

Un colpo basso e becero che nasconde una tattica tipica di chi ha poche frecce al proprio arco, incapace di argomentare alle critiche che finalmente, nonostante la pervasiva presenza televisiva di Renzi, stanno raggiungendo gli ascoltatori più attenti. Chi, come me, non è “roso” dall’antirenzismo, riesce a comprendere che dietro la debolezza dell’attacco e della demonizzazione c’è la consapevolezza malcelata di una riforma zoppa e confusa che unita ad una legge elettorale antidemocratica ci farà sbattere contro il muro della modernizzazione.

Non si può immaginare una riforma costituzionale che anziché semplificare rende tutto più contorto; basti dire che se dovesse essere approvata la costituzione riformulata cosi come è previsto si passerebbe da due procedure legislative, ordinaria e straordinaria, ad un numero non ancora ben individuato di procedure alternative. Alcuni costituzionalisti ne hanno individuate sette.

A questo punto preferisco una vecchia bicicletta affidabile e con le ruote tonde piuttosto che una bicicletta nuova fiammante ma con le ruote quadrate che non mi porterà da nessuna parte. 

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