"La didattica a distanza? In questo momento è necessaria, salva l'insegnamento"
Il pensiero e le impressioni di quattro professoresse brindisine sulla dad e sul rapporto con gli studenti in tempo di Covid
BRINDISI – Come un rapporto a distanza, con lo schermo che invece di avvicinare allontana, uno schermo che è una barriera ma è l'unico punto di contatto utile per salvare quello stesso rapporto durante la pandemia da Covid. Invece dei banchi, delle sedie, dei volti dei ragazzi con la didattica a distanza (dad) gli insegnanti si trovano di fronte i pixel con le icone o le “faccine” degli studenti. E' una situazione straniante per tutti, anche per i ragazzi, che sono consapevoli delle difficoltà a cui vanno incontro: comprensione più difficile, problemi di connessione e comunicazione diversa con il professore. BrindisiReport ha chiesto a quattro insegnanti del Brindisino di raccontare l'esperienza, le sensazioni, le impressioni avute dopo il dpcm del 25 ottobre prima e l'ordinanza di Emiliano poi proprio sulla didattica a distanza. Alcune insegnano in Puglia, altre fuori regione. Abbiamo scelto di farci raccontare anche esperienze diverse dalla realtà pugliese. Il quadro che è venuto fuori da ogni testimonianza è coerente: preferiamo la didattica frontale, ma la dad sta salvando questi anni scolastici in tempi di Coronavirus. E forse un risvolto positivo c'è: sono anni che la pedagogia punta sulle nuove tecnologie, sull'integrazione tra lezione frontale – quella canonica, con il prof che spiega e gli alunni che ascoltano – e una didattica integrata. Forse questa esperienza sta velocizzando questo processo. Ma agli alunni della scuola media e di quella superiore, al contrario dei bambini delle elementari, manca l'esperienza in classe. Mancano i compagni, manca la voce rassicurante dei professori che, come un esercito silenzioso, ogni mattina attraversano le città per farsi trovare pronti ai propri posti.
Antonella Stasi (nella foto sopra) ha 30 anni ed è precaria, è una supplente e insegna matematica e fisica al liceo “Calamo-Pepe” di Ostuni. Vive a Erchie e ogni giorno, nonostante la dad, deve andare in classe e da lì tiene le sue lezioni. “E' una situazione completamente nuova per tutti, io ho colto l'occasione con molto entusiasmo. Mi sono aggiornata e mi sono posta in maniera propositiva, per applicare queste nuove metodologie didattiche, che non vengono mai accolte al cento per cento”. Per lei la didattica a distanza è un'occasione per migliorare in corso d'opera, verificando tutta la teoria di insegnamento degli ultimi anni, che di fatto rimane spesso sulla carta e non viene applicata per motivi vari, primo fra tutti il fattore tempo. La lezione frontale è la strada preferita, ma la dad apre nuove prospettive. E i suoi ragazzi? L'anno scorso, durante il lockdown Antonella insegnava sempre a Ostuni, ma presso l'agrario. Le difficoltà sono state tante – spiega –, specie per una materia come matematica. Era difficile svolgere le lezione come se si fosse in classe. “Chi già studiava in classe, studiava di più da casa. Il ragazzo così si trova in un ambiente sereno, silenzioso, rispetto alla lezione frontale”. E chi non seguiva già dalla classe? “Abbiamo registrato un calo da parte loro, sapendo che sarebbero stati comunque promossi, hanno mollato, di fatto”. Comunque, in questa seconda esperienza di dad, le scuole sono arrivate più preparate. La prima ondata di Covid e il lockdown avevano messo in mostra l'impreparazione del sistema scolastico italiano, ma questa seconda esperienza, spiegano le insegnanti contattate, vede gli istituti più preparati da questo punto di vista.
Come le sue colleghe, anche Annalisa Barletta (foto sopra) ha avuto la percezione che i ragazzi a settembre fossero consapevoli che si sarebbe presto tornati alla didattica a distanza. Lei, 38 anni, è originaria di Villa Castelli, ma da anni vive lontano dalla sua terra. Ora è professoressa di ruolo e insegna italiano e latino a Domodossola, al liceo “Giorgio Spezia”. A questo punto della curva epidemiologica la dad è necessaria, spiega. “La didattica a distanza però, a mio avviso, con tutte le sue falle ora risulta essere la soluzione, sebbene parziale, a una minaccia nazionale e mi piace pensare che con rinnovato spirito leopardiano ci immetta nel flusso di una 'social rete' che coinvolge e responsabilizza tutti di fronte alla fragilità della natura umana”. Per anni – è il pensiero di Annalisa – i proclami di una scuola più informatizzata, più digitale sono stati all'ordine del giorno. Adesso, invece, fuori tempo utile i tecnici e il Ministero sembrano riscoprire l'utilità della didattica in classe: “Ora non solo la ministra ma giustamente anche tanti docenti rivendicano la dimensione democratica, inclusiva e umana del rapporto pedagogico, incuranti però del fatto di aver avallato più o meno consapevolmente nel corso degli anni l’affermarsi di una istruzione tecnico-informatica, acritica, spersonalizzante la medesima istruzione che evidentemente induce molti degli stessi a ritenere che sia giusto sacrificare vite improduttive in nome di una rapace libertà economica”.
Margherita De Stradis (nella foto sopra) ha 40 anni ed è originaria di Torre Santa Susanna. L'anno scorso insegnava spagnolo a Brindisi, quest'anno presso la scuola media “Manzoni” di San Pancrazio Salentino è insegnante di sostegno. “Abbiamo ancora un po' di strada da fare – dice – verso la didattica digitale integrata. Io ho visto le scuole che si organizzavano durante il primo lockdown, prese in contropiede. I miei alunni sono nativi digitali, ma non per la didattica”. Le scuole a inizio anno si sono preparate al peggio, cioè ad abbandonare i banchi e tornare alla dad. E in questo secondo giro si sono fatte trovare pronte. Margherita ha potuto constatare inoltre un miglioramento complessivo nel comportamento dei suoi alunni, che stando da casa hanno avuto meno motivi di distrazione.
Vive a Firenze, ma insegna letteratura e storia all'istituto tecnico “Russel-Newton” di Scandicci, Marianna Fusco (foto sopra) è originaria di Francavilla Fontana, ha 36 anni. E' docente precaria. A seconda dei vari turni o tutta la classe segue la lezione in presenza, o da casa. Però lei anche in caso di dad deve andare a scuola, per tenere la lezione dal pc dell'istituto. In Toscana, mentre Marianna racconta la sua esperienza, non ci sono le stesse restrizioni della Puglia. Lei vede“un assottigliarsi della distanza tra docente e alunno, paradossalmente. Proprio perché non siamo in classe, la lezione si condisce di aspetti più personali. Per rendere normale questa didattica, prima della lezione vera e propria sento l'esigenza di accogliere gli alunni chiedendo come è andata la giornata, come si sentono. Sono piccolezze che in presenza non faremmo. Da un lato si rallenta la didattica, ma il rapporto tra me e i ragazzi si restringe”.