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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Le foibe e il dramma degli esuli: giorno del ricordo al liceo Marzolla

Presso il liceo brindisino è stata celebrata la giornata del ricordo dell'eccidio di italiani perpetrato in Jugoslavia fra il '43 e il '45

Tra le stragi del ventennio scorso,  quelle iugoslave del ’43 e del ’45, che hanno causato in totale circa diecimila infoibati e forse più ed  altrettanti esuli italiani dall’Istria, sono state dapprima argomento di studio con i docenti di storia e filosofia del liceo Classico “Marzolla “ di Brindisi e poi oggetto di commemorazione in un “Giorno del Ricordo”, celebrato in Italia il 10 febbraio, ma nel liceo brindisino ieri 13 febbraio, giorno scolastico, nel pomeriggio dalle 15:00 alle 16:30.

Nell’auditorium “Cinzia Zonno” apre i lavori il Dirigente Scolastico, Prof.ssa Carmen Taurino, poi segue  una breve introduzione della prof.ssa  Del Prete, che cede la parola all’ospite, il sig. Giovanni Nardin , funzionario della Soprintendenza Archeologica di Taranto, giunto al Marzolla grazie e  per il tramite dell’architetto Emilia Mannozzi , Dirigente del Polo Bibliomuseale “Ribezzo” di Brindisi.

La  famiglia del Sig. Nardin,  originaria di Pola, ha vissuto il dramma di due bimbi morti nella strage di Vergarolla del 18 agosto 1946 e  del dover lasciare Pola, ormai città “toccata” al regime iugoslavo di Tito. Come tanti altri Italiani, il padre di Giovanni Nardin, lasciò Pola e da militare, trasferitosi a Taranto, conobbe l’amarezza di dover abbandonare una casa che sarebbe stata abitata da altri. Le parole del sig. Nardin arrivano dritte al cuore e alle menti degli alunni presenti, corroborate dalla testimonianza radiofonica di un’intervista condotta da Radio Trieste nel 1996  ad una sua parente, la signora Jolanda Nardin Micheletti, moglie dell’eroico medico Geppino Micheletti, che curò per un’intera giornata i feriti di Vergarolla e solo dopo pianse con la moglie i figlioletti di quattro e nove anni.

La voce dell’anziana donna tratteggia l’amarezza di aver dovuto lasciare Pola , sigillando con assi e chiodi le finestre della propria casa insieme al marito, perché gli slavi almeno facessero un po’ di fatica ad appropriarsene,  ed esprime con dignità  il dolore di non aver mai ritrovato il cadavere di uno dei figlioletti. Giovanni Nardin sul maxischermo dell’auditorium  proietta  immagini di profughi ed esuli Polesani, di Trieste, di quella striscia di terra quasi a forma di cuore da cui tanti Italiani partirono, anche il cantante Sergio Endrigo , ricordato con la sua canzone A Pola, con un commento ed una bella rivisitazione di Cristicchi. Sergio Endrigo è legato, del resto, al collegio Tommaseo, che a Brindisi ospitò tra gli esuli anche lui.

Tra gli alunni,  i  vari docenti di storia e di tutte le discipline e lo storico Dino Ciccarese, il giorno del ricordo si conclude con l’affermazione della necessità di un giudizio sulle stragi iugoslave equilibrato e distante sia dalle tesi negazioniste, che riprendevano e riprendono quanto affermato alla fine del ’45 dal governo di Tito, che cioè da parte del governo iugoslavo non furono effettuate né confische, né deportazioni, né arresti, sia dalla tesi del genocidio nazionale degli Italiani, anche se la repressione del ’45 mirò senz’altro a far comprendere agli Italiani che avrebbero potuto continuare a sopravvivere nelle terre passate sotto il controllo iugoslavo, solo se si fossero adattati al nuovo regime.

Forse un giorno si parlerà di una sorta di “epurazione preventiva”, i cui effetti si sono prolungati fino al 1946, strage di Vergarolla compresa.  Funzioni strumentali Proff. sse Fedele, Franco, Martucci, Carluccio e docenti tutti, squadra operosa attorno alla prof. ssa Del Prete e al comitato Studentesco del Marzolla chiudono i lavori con la rievocazione  dell’Inno di Mameli e delle parole dal carcere di Gramsci in una bellissima lettera al figlio Delio, al quale il padre augura di appassionarsi e studiare con amore la storia. Tutta la storia.

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