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Da Strasburgo spiraglio per Acque Chiare: “Niente confisca, senza condanna”

La pronuncia della Grande Chambre sui casi Punta Perotti, Golfo Arantu, Testa di Cane e Pellaro: Italia condannata per aver violato il diritto di proprietà

BRINDISI – Buone nuove dai giudici europei di Strasburgo sul futuro di (una parte del villaggio) Acque Chiare, perché la Grande Chambre ha affermato, con sentenza definitiva, il principio secondo cui senza sanzione penale, ossia in mancanza di condanna, non è possibile procedere alla confisca. In caso contrario si configura una violazione del diritto di proprietà. Il che di riflesso, attiene alla posizione dei proprietari delle villette costruite sulla litoranea a Nord di Brindisi e sequestrate dal 28 maggio 2008. Tutti, anche se in tempi differenti, hanno deciso di avvalersi della  prescrizione, come causa di estinzione del reato di lottizzazione abusiva contestato e pendente in Cassazione.

GRANDE CHAMBRE-2

La sentenza europea

L’onda lunga della sentenza non appellabile, quindi, definitiva è arrivata a Brindisi città, passando per Bari perché la corte è stata chiamata a pronunciarsi sul caso Punta Perotti, il complesso che si affacciava sul lungomare, poi raso al suolo, e su quelli analoghi di Golfo Aranci a Olbia, in Sardegna e Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro  a Reggio Calabria. In queste vicende, stando ai giudici  della Grande Chambre, le autorità italiane hanno violato il diritto al rispetto della proprietà privata.

Nella sentenza, la Corte di Strasburgo definisce la misura di confisca attuata nei confronti di quattro società “Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl e una persona, Filippo Gironda,  “sproporzionata”, riservandosi tuttavia di decidere in un secondo momento il quantum, vale a dire il  risarcimento, anche per dare tempo al governo e ai ricorrenti sulla possibilità di raggiungere un accordo sulla cifra. Tre mesi. La condanna per la violazione del diritto al rispetto della proprietà privata discende direttamente da altre violazioni che, secondo la Corte, le autorità italiane hanno commesso nei confronti dei ricorrenti.

La Finanza al villaggio Acque Chiare

Per le quattro società, tutte a responsabilità limitata, i giudici hanno sottolineato come nessuna sia mai stata imputata in alcun processo per  abusivismo, in quanto la legge in vigore non lo consentiva in base al principio 'societas delinquere non potest’. Relativamente al singolo, secondo la Corte l’Italia non ha rispettato il diritto alla presunzione d’innocenza. O meglio: “è stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il reato imputatogli fosse finito per prescrizione”.  I giudici, inoltre, affermano anche che i fatti sembrano contraddire la tesi secondo la quale le confische in questione hanno «effettivamente contribuito alla protezione dell’ambiente», cioè l’obiettivo dichiarato dallo Stato italiano. La Grande Chambre, infine, ritiene che l'applicazione automatica della confisca in caso di abusivismo prevista dalla legge italiana «è chiaramente inadatta dato che non permette ai tribunali di definire quali strumenti sono i più appropriati in relazione alle circostanze specifiche del caso”.

Il  caso Acque Chiare

La parte della sentenza che attiene alla posizione del singolo e alla prescrizione è coincidente, nella sostanza, a quella in cui si trovano i proprietari delle villette costruite dalla società Acque Chiare dell’imprenditore Vincenzo Romanazzi.  Ma c’è una differenza, dal momento che per una parte dei proprietari (73 persone, per lo più brindisini) la prescrizione, causa di estinzione del reato, è ormai definitiva, mentre per un altro gruppo è stata impugnata dalla Procura di Brindisi in quanto ritenuta tardiva essendo stata chiesta non subito, ma in un secondo momento dopo la rinuncia avendo puntato alla pronuncia nel merito. Volevano il riconoscimento della buona fede.

Piscina spiaggia Acque Chiare-2

La sentenza di revoca della rinuncia alla prescrizione è del 3 giugno 2014 e tanto per il sostituto procuratore Antonio Costantini, quanto per il pg è da ritenere arrivata in ritardo, vale a dire quando non sarebbe stato più possibile – codice alla mano – riconoscere tale causa di estinzione del reato e quindi tornare indietro.  Il processo pende in Appello, prossima udienza il 6 luglio prossimo. Nulla quaestio, infatti, invece per  i 73 che hanno maturato la scelta di avvalersi della prescrizione sin da subito: in questo caso, il principio europeo vale come ancora di salvezza, escludendo la confisca. Mentre il rischio di perdere la proprietà resta per i proprietari imputati in Appello.

La Cassazione

Attendono la Cassazione, infine, i proprietari che si sono costituiti parte civili nel processo principale in cui sono imputati il costruttore Vincenzo Romanazzi, il notaio Bruno Romano Cafaro al quale è riconducibile la maggior parte dei rogiti, il progettista Severino Orsan e l’ex dirigente del settore Urbanistica del Comune Carlo Cioffi. I primi due sono stati condannati a un anno e sei mesi, con ammenda di 55mila euro, gli altri due a nove mesi con ammenda di 35mila. Per due volte gli Ermellini hanno disposto un rinvio in attesa della pronuncia della Grande Chambre, in modo tale da conoscere – in via definitiva – l’orientamento dei giudici europei. A questo punto è ragionevole aspettare la fissazione del nuovo ruolo per la fine dell’anno.

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