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Il Bacco deportato e i musei brindisini privi di coordinamento

Accorgersi che la piccola statua raffigurante Bacco è finita nel nuovo museo appena inaugurato a Francavilla Fontana comincia ad alimentare reazioni un po’ tardive

BRINDISI – Accorgersi che la piccola statua raffigurante Bacco è finita nel nuovo museo appena inaugurato a Francavilla Fontana comincia ad alimentare reazioni un po’ tardive. Bacco, infatti, sino a domenica scorsa ha riposato nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, pur essendo stato rinvenuto, questo reperto, nel 1998 nel corso degli scavi nell’area di una delle villae romane a Giancola (guarda caso, una zona che è rimasta vocata alla coltivazione della vite).

Se non andiamo errati, il Bacco fece una breve apparizione al Museo Archeologico Ribezzo di Brindisi solo in occasione di una mostra dedicata all’alimentazione in età romana. Nessuno ne ha rivendicato il ritorno nella città che fu il più importante porto dell’Apulia, sia in epoca repubblicana che imperiale, proprio a discapito di Taranto che fu tagliata fuori dai traffici che lungo l’Appia collegavano l’Italia, la Grecia e l’Oriente. Ciò non toglie che l’affidamento di questa statua al nuovo museo cittadino di Francavilla Fontana sia assolutamente improprio sia dal punto di vista storico che del contesto.

La statua di Bacco rinvenuta nel 1998 nella zona di Giancola-2Il Bacco di Giancola, portato a Taranto dopo la sua scoperta dagli archeologi della Soprintendenza della città ionica, era ed è vincolato alle attività di produzione vinicola che si svolgevano alle porte di Brindisi. Era posto, infatti, a protezione di una cella vinaria di circa 217 metri quadrati dove veniva conservata la produzione annuale della villa, in grandi contenitori interrati di terracotta. Una cantina a tutti gli effetti, che probabilmente esportava la sua produzione utilizzando le anfore realizzate nelle vicine fornaci, i contenitori dell’epoca per trasportare via terra o via mare olio, granaglie, vino, olive, garum (la famosa salsa di pesce che faceva impazzire i romani).

Insomma, quel reperto sarebbe stato nel posto giusto solo in una sala del Museo Archeologico Ribezzo, ora ceduto dalla squattrinata Provincia di Brindisi alla Regione Puglia, come pure la ex Biblioteca provinciale. A sentire chi fa ricerca storica a Brindisi, sarebbe anche ora che qualcuno mettesse ordine nella rete dei musei e dei siti archeologici del territorio, creando una rete che valorizzi al meglio il patrimonio di cui si dispone, e offrendo ai visitatori, alle scuole, agli studiosi un filo logico da seguire.

Non parliamo di poco. In provincia di Brindisi ci sono il Museo Archeologico Regionale “Ribezzo” del capoluogo, il Museo Nazionale di Egnazia, il Museo delle Civiltà Preclassiche di Ostuni, il Museo Archeologico e di Arte contemporanea di Ceglie Messapica, il Museo Granafei di Mesagne, il Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari di Latiano, senza citare i siti come la stessa Egnazia, Valesio, Muro Tenente, Oria, Castello di Alceste a San Vito dei Normanni, le varie collezioni private e altro ancora, come i luoghi degli insediamenti rupestri di epoca medievale.

Una strategia museale da costruire, per evitare dispersione dell’offerta di conoscenza. Ci arriveremo, un giorno? Chi sarà l’interlocutore, la Regione? E chi potrebbe proporre un simile progetto? Questo è un tema che appassiona davvero. Si eviterebbero azioni francamente incomprensibili come la collocazione del Bacco di Giancola a Francavilla Fontana. Passi invece per il trasferimento di una vetrinetta di reperti dal museo di Brindisi, perché si trattava comunque di materiale scavato negli anni Settanta nell’area di San Lorenzo proprio a Francavilla dall’archeologa Angela Marinazzo.

Tuttavia, anche la logica dei “reperti miei a casa mia” funziona poco: la rete museale dovrebbe avere un punto di ingresso, uno spunto per promuovere e indirizzare i turisti verso le altre sedi, quindi niente di meglio di qualcosa che appartiene a quei siti, a quelle città, che faccia da invito alla visita. Il “Ribezzo” potrebbe avere questa funzione. E tale ragionamento rende ancora meno digeribile la faccenda del Bacco finito a Francavilla Fontana.

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