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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Telefoni cellulare introdotti nella casa circondariale di Brindisi: indagate sette persone

Notificato un avviso di conclusione delle indagini a sette persone che dal carcere riuscivano a comunicare con l'esterno, non solo con i propri familiari. Indagini condotte dalla Digos di Brindisi

BRINDISI – Nonostante fossero reclusi in carcere, riuscivano a comunicare con l’esterno utilizzando dei telefonini. Sette persone, di cui una residente a Fasano e altri sei di altre province, che erano detenute presso la casa circondariale di Brindisi sono indagate per il reato introdotto nel codice penale a partire dal 22 ottobre 2020. Accertata, in particolare, la violazione dell’articolo 391/ter del decreto legge che dispone il divieto di introdurre o detenere telefoni cellulari in carcere. La pena prevista può andare da un minimo di uno a un massimo di quattro anni di reclusione.

Le indagini sono state condotte dai poliziotti della Digos di Brindisi coordinati dal vicequestore Walter Tamburrano, con la collaborazione della Polizia Penitenziaria. Da quanto accertato dagli investigatori,  durante il soggiorno in carcere i 7 indagati, per un periodo continuato, dalla loro cella riuscivano ad intrattenere, con telefonini introdotti in modo da eludere i controlli, numerose conversazioni e non solo con i propri familiari. Le indagini si sono basate su accertamenti tecnici. I fatti contestati sono avvenuti da ottobre 2020 in poi. Non sono perseguibili, ovviamente, episodi avvenuti prima dell'entrata in vigore del decreto. Le modalità con cui i telefonini entravano in carcere non sono ancora state chiarite. 

All’esito delle risultanze raccolte dagli investigatori la Procura della Repubblica presso il tribunale di Brindisi ha emesso un provvedimento, poi notificato della Digos, di avviso di conclusioni delle indagini per i sette, alcuni dei quali sono ancora in stato di detenzione.  

Articolo aggiornato alle ore 12.29 (un fasanese coinvolto)
 

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