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ln laboratorio si costruisce l'ulivo che resisterà alla Xylella

Intervista al professor Donato Boscia, che guida il l'attività del Cnr-Ipsp di Bari, prima linea della ricerca di un fitogenoma che il batterio non riesca a vincere

La questione Xylella, e il tema della ricerca scientifica orientata ad arginare la diffusione del batterio che sta sterminando gli ulivi nella Puglia Meridionale, ha uno dei principali protagonisti nel fitopatologo Donato Boscia, ricercatore di livello internazionale nel campo e coordinatore del laboratorio Cnr-Isps di Bari. Per Brindisi Report lo ha intervistato Michele Miraglia, il focus riguarda ancora una volta la creazione di cultivar resistenti alla Xylella fastidiosa e la sperimentazione correlata a questo obiettivo.

La vita degli esseri viventi è regolata da precise leggi e si regge su delicati equilibri: l’impegno dispiegato da sempre dall’uomo per combattere le malattie, che ne pregiudicano l’esistenza, continua incessante, dopo gli innegabili successi via via registratisi nel tempo. I processi di globalizzazione in atto hanno reso il mondo più piccolo ed interconnesso, cosicché, insieme alle persone ed alle merci, si spostano con facilità da un punto all’altro del pianeta anche virus, batteri ed altri parassiti.

Succede che in condizioni favorevoli ed  in assenza dell’attività di contrasto esercitata  nelle aree di origine dai competitori, tali patogeni si diffondono con più virulenza nelle nuove aree, arrecando danni incalcolabili agli organismi colpiti. Per limitarci all’ ambito vegetale, così è avvenuto, ad esempio, con il punteruolo rosso delle palme e, recentemente, con la Xylella fastidiosa negli oliveti del Salento.

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Particolarità rilevante, nel secondo caso, è che, anche quando la ricerca scientifica ha accertato, sin dal 2013, un nesso causa-effetto tra l’azione del batterio da quarantena, di provenienza americana, Xylella fastidiosa, sottospecie Pauca, diffuso da un insetto vettore, la ‘cicalina sputacchina’, ed il disseccamento rapido degli ulivi nel Basso Salento, è andato montando nelle aree interessate e nel Paese, un vasto movimento d’opinione, contrario a tale verdetto, nonostante la valutazione delle evidenze sperimentali effettuata da un panel di 21 esperti di chiara fama dell’Efsa e le pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali con revisori anonimi. 

Ciò è avvenuto attribuendo la causa della malattia dapprima allo stato di abbandono od alle mancate cure colturali in precedenza praticate negli oliveti colpiti, e successivamente, pur riconoscendo la presenza del batterio all’origine del contagio, imputandone la diffusione, in base ad una supposta teoria del complotto, alle multinazionali ed alla guerra batteriologica, attuata per diffondere nell’ambiente i perniciosi batteri coltivati in laboratorio. 

Alle manifestazioni di piazza e di protesta, che si sono susseguite, accompagnate da appelli di artisti e personalità della società civile, tutti contrari alla eradicazione delle piante ammalate ed a rischio, in un raggio di 100 metri intorno alle piante infette, deciso dalla Ue in primis e, di conseguenza, dalle istituzioni nazionali e regionali, al fine di bloccare l’azione del batterio,  si è poi aggiunto l’operato della magistratura leccese.

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La procura di Lecce, infatti, ha più volte dubitato del legame della Xylella con il disseccamento degli ulivi e della necessità di effettuare le eradicazioni. In tale clima di confusione, alimentato dagli agitatori di professione, da ’santoni’, ‘maghi’, ‘guaritori’ improvvisati, e segnata dai ricorsi al Tar da parte degli agricoltori raggiunti da provvedimenti di eradicazione degli ulivi infetti ed a rischio, circostanti, non poteva mancare la speculazione politica, in particolare da parte del M5S.

In proposito, val la pena segnalare come, meno di un anno fa, il suggeritore ed animatore del M5S, il comico Grillo, così si esprimeva: la Xylella fastidiosa? “È una gigantesca bufala, fabbricata ad arte dalla destra e dalla sinistra, con il prezioso sostegno delle associazioni di categoria, da scienziati disponibili e multinazionali dell’agricoltura”.

Abbiamo ritenuto opportuno accennare allo stato di turbamento creatosi  tra la popolazione , a partire dalla insorgenza della fitopatia, ed agli umori dei soggetti interessati, preoccupati per il propagarsi del contagio dal Salento fino a lambire la provincia di Bari , per dimostrare, sulla base di quanto ampiamente riconosciuto dagli organi tecnico-scientifici coinvolti,   come le azioni di disturbo da parte dei contestatori ed il ritardo od il mancato rispetto delle disposizioni normative emanate,  abbiano finito con il favorire il dilagare della malattia oltre ogni limite e pessimistica previsione, in quanto la Xylella è un batterio talmente pericoloso da richiedere soluzioni drastiche ed emergenziali per essere contenuto.

Un antico proverbio nell’affermare che “Il medico pietoso fa la piaga cancrenosa” ci ricorda che un male si aggrava irrimediabilmente, quando non si ha il coraggio di adottare i provvedimenti adeguati. Nel clima esagitato appena descritto, i bersagli preferiti dai contestatori sono stati gli enti di ricerca baresi, l’Università di Bari, il Servizio fitosanitario regionale, le istituzioni regionali ed europee, tutti ritenuti inidonei a trovare una soluzione al problema Xylella e, pertanto, denigrati, umiliati, investiti senza risparmio con aggettivi calunniosi.

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È chiaro come in tali condizioni, fatti oggetto di un’attenzione mediatica esagerata, sia stato molto difficile lavorare per i pochi studiosi impegnati all’inizio nell’attività di ricerca, con risorse finanziarie insufficienti ed orari di lavoro stressanti. Trascorsi alcuni anni, mano a mano che i “fuochi di paglia”, accesi intorno al problema Xylella, si vanno spegnendo per esaurimento e ritorna la piena fiducia nell’operato della ricerca scientifica, l’opinione pubblica, in generale, chiede con apprensione di essere informata su come procede tale attività di ricerca e quali traguardi siano stati raggiunti nel lento cammino per combattere e sconfiggere la insidiosa fitopatia, che sta annientando gli oliveti pugliesi.

Il dott. Donato Boscia, coordinatore Cnr-Ipsp (Istituto per la protezione sostenibile delle piante) di Bari, è un esponente internazionale di punta nel campo della ricerca scientifica pubblica indirizzata a trovare i rimedi contro il flagello della Xylella. Egli è anche coordinatore di un importante progetto di ricerca, finalizzato al medesimo obiettivo e finanziato dalla UE nell’ambito del Programma Horizon 2020, denominato POnTE, al quale partecipano 15 Istituti di ricerca, dei quali due italiani, due francesi, due inglesi, due spagnoli, ed uno ciascuno dall’Austria, Finlandia, Olanda, Norvegia, Costarica, Israele e Serbia. È pertanto, il dott. Donato Boscia, particolarmente qualificato per rispondere alle seguenti domande.

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L’osservazione che sovrainnesti di Leccino di svariati anni, attuati su piante di Ogliarola, sopravvivono anche a distanza di molto tempo tollerando bene la malattia, mentre i tronchi di Ogliarola continuano a mantenere la funzione vascolare, è molto interessante. Che conseguenze pratiche sta avendo tale scoperta?  Esiste la possibilità di salvare, nelle zone infette, le piante di ulivo di varietà Ogliarola, quelle secolari in particolare, sopravvissute ai primi attacchi di Xylella, proteggendole da successivi e più virulenti attacchi del batterio?

“ I casi come quelli da lei descritti sono ormai numerosi. Per esempio lo scorso settembre in agro di Copertino sono stati individuati alcuni esemplari di Ogliarola di circa 80 anni di età che, alcuni decenni addietro, erano stati sovrinnestati con leccino solo su metà dell’albero. Ciò permette adesso di confrontare sulla stessa pianta la chioma di leccino, sostanzialmente intatta, con l’altra metà di Ogliarola, evidentemente gravemente compromessa”.

“È una evidenza importante, in grado di convincere anche i San Tommaso di turno, che ci fa sperare nella possibilità di utilizzare l’innesto per salvaguardare olivi monumentali. Purtroppo però, all’estremo opposto, abbiamo verificato più volte che quando innesti di leccino sono praticati su piante già gravemente compromesse, essi sono spesso destinati a soccombere”.

“Queste osservazioni fanno ritenere che l’innesto di germoplasma resistente potrebbe essere una pratica utile a preservare piante monumentali a rischio ma per definire lo stato della pianta in cui le chances di successo sono elevate (pianta ancora sana, infetta ma ancora asintomatica, nella fase iniziale dello sviluppo dei sintomi) bisogna attendere il risultato delle sperimentazioni in corso. Allo stato attuale possiamo solo dire che un intervento largamente preventivo è indubbiamente utile, mentre un innesto tardivo ha elevate probabilità di fallimento”.

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La possibilità di impiantare ulivi nelle aree infette dell’intero Salento, in deroga al divieto esistente, soltanto con le varietà Leccino e FS-17 (favolosa), in quanto resistenti agli attacchi di Xylella - a differenza delle varietà più diffuse, Ogliarola e Cellina, molto suscettibili - presenta degli inconvenienti.  Mentre il ‘leccino’, varietà vigorosa, già coltivata nel Salento, non è adatta a sistemi di coltivazione intensivi, la varietà FS-17, all’opposto, in coltura intensiva, richiede troppa acqua, elemento che scarseggia in zona, abbondanti concimazioni e ripetuti trattamenti fitosanitari, pur essendo poco produttiva e dando olio non di alta qualità. Inoltre, la tenuta nel lungo periodo della resistenza alla Xylella di dette varietà non è stata, ovviamente, ancora provata.  In tale situazione, Le chiedo: quali risultati sta dando la ricerca indirizzata alla individuazione di altre varietà di olivo, resistenti o tolleranti alla Xylella, da aggiungere a quelle summenzionate?

“È in corso già da tempo un’ampia attività sperimentale con cui si stanno testando sia alcune centinaia di varietà che semenzali, ossia olivi nati naturalmente da seme, promettenti perché cresciuti in zona infetta senza sintomi. Bisogna avere pazienza nell’attendere i tempi necessari, ma abbiamo concrete speranze di individuare in tempi non biblici qualche altra cultivar o selezione interessante. Da fitopatologi il nostro obiettivo è ricercare fonti genetiche di resistenza, per cui mi astengo da qualsiasi commento o valutazione delle caratteristiche agronomiche o qualitative di ciascuna cultivar, in quanto non di mia competenza”.

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Il fattore tempo è di primaria importanza per cercare di salvare gran parte del patrimonio olivicolo pugliese non ancora raggiunto dal contagio, in particolare quello di inestimabile valore storico-paesaggistico costituito dagli olivi monumentali-millenari,  e pur consapevoli che la ricerca necessita di tempistiche adeguate, di non breve durata, per svolgere la sua attività di sperimentazione e giungere a risultati validi, pressati dalla urgenza di trovare rimedi al flagello Xylella, le chiedo: le forze in campo, ricercatori addetti con l’altro personale necessario e le  risorse finanziarie disponibili sono proporzionate alla sforzo eccezionale richiesto al mondo della ricerca per trovare una soluzione al problema Xylella? 

“Ormai sono diverse le risorse che per l’olivo sono state messe in campo da più soggetti, Unione Europea e Regione Puglia in primis. Come pure, più recentemente, il Ministero delle politiche agricole. Progetti diversi affidati a varie istituzioni di ricerca come il mio Istituto, l’Università di Bari, l’Università di Lecce, la sezione di Rende del Crea, per fermarmi ai progetti di mia conoscenza. Sono progetti indipendenti, ma tutti con lo stesso obiettivo: individuare germoplasma di olivo resistente o tollerante. Sicuramente si potrebbe fare di più, ma il dispiegamento di risorse umane e finanziarie messo in campo è già importante, per cui adesso c’è solo da rimboccarsi le maniche e darsi da fare, con la giusta determinazione e convinzione di poter raggiungere quanto prima gli obiettivi proposti”.                         

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