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Ostuni: "Plausibile ipotesi di soggezione degli amministratori alla criminalità organizzata"

Le motivazioni della sentenza del Tar con cui sono stati respinti i ricorsi presentanti da ex sindaco, ex assessori ed ex consiglieri comunali contro il provvedimento di scioglimento degli organi comunali per infiltrazioni della malavita

OSTUNI – Gli affidamenti del servizio di salvamento e dei parcheggi costieri a società in odor di mafia. I legami di parentela fra ex amministratori e "soggetti scomodi". Gli atti intimidatori all’ex sindaco, Domenico Tanzarella, e a un ex ufficiale della polizia municipale. “Una certa titubanza” nella riscossione di crediti nei confronti di "soggetti controindicati".  Tutti gli elementi che nel dicembre 2021 hanno portato allo scioglimento del Comune di Ostuni per infiltrazioni della criminalità organizzata, sono cristallizzati nella sentenza del Tar del Lazio che ha bocciato i ricorsi presentati dagli ex amministratori contro il provvedimento all’epoca adottato dalla presidenza del Consiglio dei ministri e successivamente confermato con decreto del presidente della Repubblica. Lo scioglimento, in particolare, è scaturito da una relazione prodotta dal ministero dell’Interno, sulla base degli accertamenti effettuati dalla commissione di accesso nominata dal prefetto di Brindisi che ha operato fra febbraio e agosto 2021.

La versione di Guglielmo Cavallo: "Mai ricevute pressioni"

I giudici del tribunale amministrativo (prima sezione) hanno trattato congiuntamente i due ricorsi presentati rispettivamente dall’ex sindaco Guglielmo Cavallo e da alcuni ex consiglieri comunali, rappresentati dall’avvocato Pietro Quinto, del foro di Lecce, e dall’ex vice sindaco Antonella Palmisano e da cinque ex assessori, assistiti dall’avvocato Costantino Ventura, del foro di Bari. Gli stessi ex amministratori hanno già preannunciato di volersi appellare al Consiglio di Stato. 

Bocciatura delle censure procedurali

Il Tar ha ritenuto “manifestamente infondate” le censure su alcune questioni di carattere procedurale avanzate dai ricorrenti, ossia: “L’assoluta mancanza di motivazione del provvedimento del prefetto di sospensione degli organi comunali”; “L’assenza del termine di durata dell’atto gravato, essendo esso genericamente fissato 'nelle more del perfezionamento dell’iter procedurale di scioglimento'”; “L’omissione delle garanzie partecipative”; “La carenza della motivazione del decreto prefettizio”. Respinte in toto anche le doglianze che entrano nel merito delle vicende prese in esame dalla commissione di accesso prefettizia. 

Le intimidazioni all’ex sindaco Tanzarella e all’ufficiale di polizia municipale

Fra gli episodi più inquietati vi sono gli attentati (esplosione di colpi di arma da fuoco contro l’abitazione o l’auto, oltre all’incendio della stessa) subiti dal consigliere comunale d'opposizione Domenico Tanzarella, già primo cittadino della Città Bianca. Si tratta di atti che “evidenziano la spregiudicatezza - si legge nella sentenza del Tar - dei criminali locali”. “Ne consegue – scrivono i giudici - la correttezza di un intervento preventivo degli organi statali finalizzato a ristabilire le minime condizioni di legalità per garantire il buon andamento della macchina burocratica comunale”. 

Una pesante intimidazione è stata subita anche da un ufficiale di polizia locale cui venne incendiata la villa di campagna, a seguito di attività di verifica sulle aree mercatali occupate illegalmente e su alcuni parcheggiatori abusivi. Tale vicenda “rende palese la necessità dell’adozione di misure finalizzate non solo a garantire l’incolumità del singolo, ma anche a consentire ai pubblici impiegati l’espletamento delle funzioni loro demandate con la serenità propria dell’ufficio ricoperto”. Lo stesso ufficiale sporse inoltre una denuncia sulla mancata notifica di alcune multe per violazioni del Codice della strada, da cui scaturì un procedimento della Procura di Brindisi, successivamente archiviato. Ma “l’intervenuta archiviazione – si rimarca nella sentenza - non dimostra in alcun modo la correttezza della gestione delle pratiche, risultando la valutazione del pubblico ministero finalizzata all’esercizio dell’azione penale e non anche ad esprimere un giudizio sull’efficacia e tempestività dell’operato dell’amministrazione”. 

L’affidamento dei parcheggi e del servizio di salvataggio

Nevralgica anche la questione dell’affidamento dei parcheggi in località Santa Lucia, sul litorale di Ostuni, e del servizio di salvataggio presso spiagge pubbliche a società poi colpite da interdittiva antimafia. Riguardo a quest’ultimo affidamento, “non colgono nel segno le difese dei ricorrenti che si focalizzano sul tendenziale rispetto della legalità formale da parte dell’amministrazione”. In particolare, a detta dei giudici, “appare evidente come le procedure ad evidenza pubblica abbiano totalmente sviato dal fine istituzionale, andando a favorire, in maniera neppure velata, gli interessi privati, di cui si facevano portatori gli amministratori locali”.

Anomalie sono stati rilevate anche nella procedura adottata nell'estate 2020  per affidare la gestione dei parcheggi in aree comunali. Balza all’occhio, in particolare, il fatto che il servizio sia stato affidato a una società che aveva offerto la somma di 510 euro, rispetto a un canone da porre a base d’asta di 500 euro, dopo la rinuncia di una società che per quattro dei cinque lotti messi a gara aveva presentato un’offerta migliore, con rialzi del 200 per cento. Per quegli stessi terreni, unificati in un unico lotto e con una diversa formula di calcolo del corrispettivo, l’estate successiva fu fissata una base d’asta pari a 194.370,00 euro. Risultano “palesemente infondate”, dunque, “le considerazioni dei ricorrenti sulla scarsa attrattiva dell’area”. “Anche la mera continuità delle procedure, seguite sempre con il criterio del massimo rialzo, infatti – rimarcano i giudici - appare sintomo di una gestione poco oculata degli spazi pubblici, che favoriva (se non direttamente, quantomeno indirettamente) l’attività dei parcheggiatori abusivi, mai effettivamente contrastati dall’amministrazione disciolta”. 

Affidamento immobili e mancata riscossione crediti

Altro nodo trattato dal Tar è quello riguardante l’affidamento di immobili comunali a soggetti controindicati e la mancata riscossione dei canoni. Il tribunale amministrativo riconosce che le procedure di affidamento vennero espletate dalle precedenti amministrazioni, ma all'ultima amministrazione si contesta di non aver “implementato alcun tipo di attività volta a ristabilire, nei limiti del possibile, la legalità: anzi, solo a seguito dell’intervento delle autorità statali - si legge nella sentenza - venivano intraprese le azioni per il contrasto alle morosità e per il rilascio degli immobili”. Analoghe considerazioni riguardano anche “il mancato recupero delle somme per spese legali liquidate in favore del comune”. Il riferimento è ad alcuni crediti “azionati giudizialmente solo a seguito delle minacce ricevute dall’ex primo cittadino (e della conseguente eco mediatica)”. Altri importi, invece, sono stati “domandati solo successivamente alla notifica della prima interdittiva antimafia, autorizzando l’azione coattiva solo dopo l’accesso della commissione prefettizia”. “Il tutto quindi evidenzia - scrivono i giudici - una certa titubanza dell’amministrazione a procedere alla riscossione di crediti nei confronti di soggetti controindicati”.

I collegamenti con “soggetti scomodi”

E poi c’è il caso del “gran numero di amministratori comunali” che “appaiono collegati con soggetti scomodi”, fra cui un esponente di spicco della Sacra Corona unita ed un uomo condannato per reati finanziari aggravati dal metodo mafioso. “Tali dati confermano gli elementi indiziari a disposizione del governo – si legge nella sentenza - per suffragare l’ipotesi di influenza sull’ente comunale, in quanto, in un quadro globale e non atomistico, le situazioni di vicinitas familiare od amicale rendono plausibile l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata”. 

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