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Martedì, 23 Aprile 2024
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“Mi voglio pentire”: Antonio Campana parla di omicidi, estorsioni e droga

Il primo verbale dell’ergastolano: “Martena voleva uccidere i fratelli Polito, io non ero d’accordo e per questo mi procurai un telefono in carcere per farlo parlare con quei due che erano liberi. Ho ucciso Delle Grottaglie con Gagliardi, sono stato affiliato con il grado di camorrista”

BRINDISI – “Mi voglio pentire adesso che Raffaele Martena ha chiesto di uccidere i fratelli Andrea e Vincenzo Polito”: arriva da Antonio Campana, 40 anni a luglio, ergastolano, già condannato per omicidio mafioso come affiliato alla Sacra Corona Unita, il mea culpa con le prime confessioni destinate a provocare uno tsunami all’interno dell’associazione di stampo mafioso. Perché Campana, fratello del collaboratore di giustizia Sandro e fratello di Francesco,  presunto capo della frangia cosiddetta brindisina della Scu, ha iniziato a svelare ai pm della Dda i retroscena relativi agli omicidi avvenuti nel sodalizio, al traffico di droga, alle estorsioni e ha consegnato i nomi degli affiliati riconducibili alla sua frangia di appartenenza, tra Brindisi e Tuturano.

La confessione e l’ordine di uccidere i fratelli Polito

Antonio Campana tra gli agentiCi sono 19 pagine a sua firma. E’ il suo memoriale. E ci sono anche due disegni che rappresentano due piantine di immobili. Tutto omissato. Si sa che Antonio Campana ha iniziato a rendere dichiarazioni lo scorso 4 aprile, parlando per quasi quattro ore, praticamente alla vigilia dell’udienza preliminare scaturita dalla conclusione dell’inchiesta Oltre le mura, in cui è imputato con l’accusa di aver retto le redini della Scu anche quando era ristretto nel carcere di Terni, assieme a Raffaele Martena. La notizia dell’inizio della collaborazione è emersa proprio oggi, nel corso dell’udienza davanti al gup del Tribunale di Lecce, Simona Panzera. I due hanno avuto la disponibilità di un telefono cellulare per comunicare all’esterno del penitenziario e raggiungere gli affiliati rimasti liberi per impartire direttive, dare istruzioni e intervenire per superare contrasti interni.

A causa di lite continue, Martena avrebbe deciso di uccidere i fratelli Polito, Andrea e Vincenzo. Campana ha confessato anche questo nel suo primo verbale firmato in qualità di dichiarante, in attesa di diventare pentito a tutti gli effetti: “Prima che potessimo disporre del cellulare, Martena aveva trasmesso a Juri Rosafio all’esterno, l’ordine di eliminare i fratelli Polito dicendo che quando un dente ti fa male, bisogna levarlo”, si legge nel testo integrale delle dichiarazioni depositate dal pm Alberto Santacatterina. E’ con lui che Campana ha parlato nel carcere in cui è stato trasferito per motivi di sicurezza (è assistito dall'avvocato Giancarlo Raco del foro di Lecce).

Il movente: “furti di droga” e debiti

I Polito, stando a quanto sostiene Campana, erano affiliati di Martena a Tuturano: “Me lo disse lui e mi disse che erano diventati ingestibili e rappresentavano un problema perché avevano sottratto droga ad alcuni affiliati di Martena e si erano riforniti di un chilo di cocaina da un tale zio di Cerignola (in provincia di Foggia, ndr) senza pagarla”, si legge nel verbale nel capitolo relativo al traffico di droga e ai suoi rapporti con Martena incontrato nel carcere di Terni. Prima, Campana conosceva Martena "solo di nome". “ Quello di Cerignola  fece sapere che fino a quando non sarebbe stato saldato il debito, non ci avrebbe più rifornito di droga”.

Il telefonino in carcere per contattare i fratelli Polito

MARTENA Raffaele, Classe 1986-2 "Proprio per risolvere il problema che oramai costituivano i fratelli Polito, decidemmo di procurarci un telefonino per comunicare con loro”. Erano liberi, i Polito.  “Io non ero d’accordo con la loro eliminazione”, ha detto Antonio Campana . Dovrà terminare le dichiarazioni nel termine di 180 giorni, come previsto dalle disposizioni di legge. “Per questo mi preoccupai di disporre di un telefono con il quale Martena potesse comunicare con i fratelli Polito facendoli ragionare e che si comportassero bene”, ha svelato.

L’omicidio Delle Grottaglie

Per quale motivo Campana ha contestato la decisione di Martena? “Ero contrario all’uccisione dei fratelli Polito poiché ho provato sulla mia pelle cosa significa uccidere una persona e da allora mi sono pentito fino a oggi dell’omicidio che ho commesso”, ha spiegato facendo riferimento, subito dopo, all’esecuzione di Massimo Delle Grottaglie (nella foto in basso), omicidio di stampo mafioso per il quale è stato condannato in via definitiva al carcere a vita, per effetto della pronuncia della Cassazione il 26 maggio 2017.

Il fatto di sangue risale al 16 dicembre 2001. Così lo racconta Campana nel verbale: “Mi ricordo che il giorno in cui dovevo incontrarmi con Delle Grottaglie, sapendo di doverlo uccidere, speravo che non si presentasse e che il nostro piano andasse a vuoto”. L'omicidio è stato ricostruito anche grazie al contributo offerto dal primo pentito della Scu contemporanea, Ercole Penna, della frangia cosiddetta mesagnese, opposta a quella di Campana.

Il tormento di Campana

Massimo Delle Grottaglie, fu assassinato nel dicembre del 2001“La cosa che più mi tormenta – ha detto Campana al pm – è che Massimo Delle Grottaglie si fidava di me perché tra l’altro mi aveva proposto di uccidere Carlo Leo, delitto del quale mi ero rifiutato dicendogli che io non avrei mai commesso un omicidio. Proprio per questo non poteva immaginare che io avrei commesso il suo. Confermo di aver ucciso Delle Grottaglie  unitamente a Carlo Gagliardi", ha voluto sottolineare dopo aver svelato di essere stato un suo affiliato. "Ho fatto parte della Scu da giugno 2001, data nella quale mi sono affiliato a Delle Grottaglie nel corso di una cerimonia che si svolse in una villetta a San Pietro Vernotico". Entrò con il grado di "camorrista".

Gli arresti e il piano di fuga dal carcere

L’inchiesta della Dda di Lecce, delegata alla Squadra Mobile di Brindisi, sfociò nel blitz eseguito il 15 maggio 2018 con 12 arresti e portò anche a scoprire il piano di fuga dal carcere di Terni di Antonio Campana: l’ergastolano lo progettò assieme allo zio, Igino Campana, 53 anni, per trascorrere il Natale 2018 con i suoi familiari, da latitante, ma pur sempre uomo libero, sulle colline della Selva di Fasano. Le istruzioni su come e quando segare le sbarre della finestra della sua cella furono intercettate, dopo che gli agenti della penitenziaria trovano il telefonino nella sua cella.

Per segare le sbarre chiese allo zio fili d’angelo diamantati da nascondere nel pane che doveva essere consegnato in occasione di uno spettacolo teatrale. I fili furono effettivamente acquistati on line e trovati nell’abitazione di Igino Campana.

Operazione Oltre le mura-2-2-2-2-2

Gli imputati

Gli imputati nel processo Oltre le mura hanno chiesto di essere ammessi al rito abbreviato, scelta che permette di ottenere la riduzione di un terzo della pena, in caso di condanna. Oltre a Campana, e a Martena difeso da Daniela D’Amuri e Ladislao Massari, sono imputati: Vincenzo Polito,  nato a San Pietro Vernotico, 34 anni, difeso da Francesco Cascione; Andrea Polito, nato a San Pietro Vernotico, 30 anni, difeso da Pietro Romano; Jury Rosafio, nato a Brindisi, 42 anni, difeso da Danilo Di Serio; Igino Campana (zio di Antonio Campana), nato a Mesagne, 64 anni, difeso da Gianfrancesco Castrignanò; Ronzino De Nitto, nato a Mesagne, 44 anni, difeso da Pasquale Annicchiarico; Fabio Arigliano, nato a Brindisi, 47 anni, difeso da Giacinto Epifani; Mario Epifani, nato a Brindisi, 38 anni, difeso da Fabio Di Bello; Andrea Martena, nipote di Raffaele Martena, nato a Brindisi, 33 anni, difeso da Gianvito Lillo e Dario Budano;; Enzo Sicilia, nato a Brindisi, 34 anni, difeso da Luca Leoci; Nicola Magli, cognato di Sicilia, nato a Brindisi, 39 anni, difeso da Luca Leoci; Ferruccio Taurino, l’unico rimasto a piede libero, nato a San Pietro Vernotico, 41 anni, difeso da Marco Pezzuto del foro di Lecce.

Comuni e Provincia parti civili

In occasione dell’udienza di oggi, si sono costituiti parti civili il Comune di Brindisi, con richiesta di risarcimento danni anche di immagine per 100mila euro, così come deciso dalla Giunta su proposta dell’assessore alla Legalità Mauro Masiello; il Comune di Mesagne per decisione del commissario prefettizio e la Provincia di Brindisi, come deciso dal presidente Riccardo Rossi, anche sindaco del capoluogo, con istanza di 200mila euro. L’Amministrazione cittadina sarà rappresentata in giudizio dall’avvocato Emanuela Guarino, la Provincia dall’avvocato Mario Marino Guadalupi.

Nell'istanza di costituzione di parte civile della Provincia, è stato richiamato il concetto di "tutela dell’ordine pubblico, inteso come buon assetto e regolare andamento della vita sociale nello Stato". "Con la violazione dell’ordine pubblico da parte di terzi, la Provincia di Brindisi si può ritenere persona offesa nella sua qualità di ente territoriale preposto alla rappresentanza dei suoi cittadini, riscontrandosi un turbamento dello stato di pace sociale della collettività", ha scritto Guadalupi.

"Per tutto questo e per il fatto di partecipare anche al comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presso la Prefettura di Brindisi, organo consultivo per le funzioni di pubblica sicurezza in ambito provinciale, ne deriva in effetti un danno alla Provincia di Brindisi, sia dell’ordine pubblico che di immagine, influendo proprio sul buon andamento della Pubblica Amministrazione, così come tutelato invece ex artt.97 e 98 della Legge Costituzionale". In particolare, "il danno all’immagine arrecato dall’operatività di un’associazione criminosa, con il clamore mediatico che ne consegue, è riferito alla circostanza che la comunità locale e la sua rappresentanza istituzionale possono essere associate alla presenza di organizzazioni criminali e al pericolo derivante dai reati da loro commessi".

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