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Giovedì, 18 Aprile 2024
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“Nobel per gli infermieri? Il più bel regalo è non abbassare la guardia proprio adesso”

Federica Filo, originaria del Brindisino, che ha combattuto il Covid in prima linea a Bologna: “La mia categoria ha fatto sacrifici, non sempre riconosciuti”

"Io da infermiera sono felice della candidatura della mia categoria al Nobel per la pace, ma il regalo più bello sarebbe non abbassare la guardia proprio adesso". Federica Filo ha 28 anni. E' originaria di San Vito dei Normanni, ma da anni vive al Nord, adesso sta a Bologna con il suo compagno. E' un'infermiera, è stata in prima linea contro il Covid un anno fa, l'ha anche contratto. Ora pensa al futuro e si accarezza la pancia. Lei e il suo compagno aspettano un bambino. Sorride dolcemente, ma poi torna ad accigliarsi un po', a ricordare i sacrifici di medici e infermieri, quei colleghi morti in tutta Italia, o ammalati gravemente. "Sarebbe bello, il Nobel, sì, ma sarebbe ancora più bello che i nostri sacrifici venissero riconosciuti, anche con aumenti salariali. Dopotutto noi abbiamo messo la nostra vita e la nostra famiglia in secondo piano per combattere questo maledetto virus. Sarebbe ancora più bello che tutti rispettassero le norme, vaccinarsi, per sconfiggere il Covid e pensare al futuro con più serenità".

Federica Filo 2-2

Una scelta: in prima linea contro il virus

Il futuro per Federica Filo è anche il bambino che aspetta. Lei ha coronato il suo sogno da ragazzina. Si iscrisse giovanissima a Scienze infermieristiche. Gli studi, i sacrifici, aveva le idee chiare. Esattamente un anno fa, scoppia la pandemia. Del virus si sa poco e Federica non ascolta il consiglio di parenti e amici: decide di andare in prima linea, di combattere dalle trincee dei reparti il Covid-19. Spiega: "Fin dall'inizio ero mossa dal voler dare il mio contributo durante l'emergenza. Inizialmente non ero dipendente della Ausl di Bologna ma di un'agenzia privata, solo da ottobre 2020 sono stata assunta direttamente dalla Ausl". Agenzia privata o dipendente, per lei le cose non cambiano: "A fine marzo avanzai la mia candidatura spontanea. Fui chiamata all'ospedale Maggiore di Bologna. Inizialmente era tutto gestito in maniera emergenziale, all'Ausl volevano potenziare l'organico. Venni destinata in un reparto Covid, nel giro di due giorni ci venne impartita la formazione, come indossare i dispositivi di protezione individuale, come svestirsi senza contaminarsi. Ero in una semi intensiva. La maggior parte dei pazienti erano con i ventilatori, avevano polmoniti, difficoltà respiratorie". Quei giorni sono un ricordo indelebile per Federica: prestare attenzione a tutto, anche a un gesto semplice come il vestirsi. Niente ferie, è difficile persino bere o andare in bagno. Difficile, se non impossibile. Federica è stata attenta, ma questo virus sa essere subdolo.

A casa soli con il Covid

Mancano pochi giorni a Pasqua del 2020, Federica si sente spossata, ha febbre, decide di sottoporsi a tampone. Esito: positivo. Brivido freddo lungo la schiena. "Ci ho lavorato a stretto contatto, ho visto di cosa è capace il Covid in un organismo – Federica ripensa a quei giorni – Ho avuto paura, mi sentivo sempre stanca, non riuscivo neanche a passare l'aspirapolvere in casa. Mi è crollato il mondo addosso, ero stata sempre attenta, avevo la doppia mascherina, rispettavo scrupolosamente tutte le norme. Ho infettato il mio compagno. E' stata dura, eravamo soli con il nostro cane, non potevamo avere contatti con l'esterno, le nostre famiglie e i nostri amici erano lontani. E' stato difficile gestire la quarantena. A me è andata anche non troppo bene: mi hanno diagnosticato un principio di polmonite, ma alla fine io e il mio compagno ne siamo usciti". Tuttora, il "long Covid" si fa sentire, per fortuna in maniera lieve. "Ma so bene che ad altri è andata peggio, accusano stanchezza cronica. Chi ha avuto e sconfitto il Covid non sempre è fortunato e, una volta guarito, continua a incontrare difficoltà evidenti", spiega Federica. Lei ripensa alla candidatura al Nobel e si chiede quanto i sacrifici abbiano impattato sulla vita dei singoli colleghi infermieri. Ripensa alle privazioni, agli sforzi della sua categoria.

Federica Filo 3-2

La vita di Federica oggi

Per lei il 2021 è un anno di grandi cambiamenti. E' versatile Federica. Adesso che aspetta un bambino è stata trasferita al dipartimento di Sanità pubblica, lavora sempre per l'Ausl di Bologna. Vede l'evolversi del contagio, assiste ai numeri della terza ondata in tempo reale. Non ha potuto fare il vaccino per la gravidanza, ma non appena sarà possibile lo farà. E il suo appello è di farlo, per poter combattere e sconfiggere il virus, la pandemia. Ragiona così, Federica: "Per sconfiggerlo il vaccino è l'unica strada. Poi si stanno sperimentando delle terapie, certo. C'è il plasma iperimmune, gli anticorpi monoclonali. Ma ci addentriamo nel campo medico, siamo fuori dal mio campo. L'appello è sempre quello, fidatevi dei medici, fidatevi della scienza". Soprattutto per non vanificare tutti i sacrifici di medici e infermieri. "E' passato un anno da questa esperienza, ad oggi vedo una zona rossa più 'rilassata'. Secondo me in molti c'è meno paura, meno precauzioni. Sottovalutano la situazione. O magari forse sono presi dalla stanchezza, hanno accumulato tanta tensione. Vediamo la luce in fondo al tunnel: la campagna vaccinale si sta avviando, seppur con qualche intoppo. Molti però si stanno lasciando andare. Capisco la stanchezza, ma non abbassiamo la guardia proprio adesso, non vanifichiamo gli sforzi che noi tutti abbiamo fatto". Federica ha detto tutto quello che pensa, si tocca di nuovo la pancia, manda una carezza al bambino che aspetta. Riflette ancora sulla candidatura al Nobel e pensa che, comunque, un riconoscimento per tutti gli sforzi sarebbe bello. Ma il regalo più bello per lei sarebbe sconfiggere il Covid con l'impegno di tutti, non solo di medici e infermieri.

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