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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La direttrice Ventricelli va in pensione: "I miei 42 anni nell'Archivio di Stato"

"Mi mancherà l’emozione che si prova quando si trovano dei documenti particolarmente importanti"

Dal primo marzo 2021 la direttrice dell’Archivio di Stato di Brindisi, Maria Antonietta Ventricelli, lascerà la direzione dell’Istituto per anzianità di servizio. Negli anni del suo lavoro come archivista e poi come direttrice, la Ventricelli ha promosso, con grande passione e professionalità, la conoscenza e la fruizione dell’importante patrimonio documentario conservato dall’Archivio di Stato. Le limitazioni imposte dalla pandemia in atto hanno impedito la conclusione dell’incarico della direttrice con un saluto in presenza, nel corso di un evento promozionale. Nel pomeriggio odierno BrindisiReport ha quindi incontrato la dottoressa Ventricelli presso l’Archivio di Stato. 

Dal primo marzo lascerà la direzione dell’Archivio di Stato. Come è iniziata la sua carriera? 
“La mia carriera è iniziata molti anni fa, 42 anni e 5 mesi per l’esattezza. Cominciammo a lavorare, io insieme ad altri colleghi, presso la vecchia sede dell’Archivio di Stato, che si trovava in via Cortine, angolo Porta Lecce. Poi nel 1990,ci siamo trasferiti in questa sede (in piazza Santa Teresa, ndr), naturalmente molto più bella perché è una struttura monumentale, è un ex convento che è stato poi restaurato ed adibito appunto a sede dell’Archivio di Stato, e da quel momento in poi diciamo che anche l’attività dell’Archivio è decollata, perché avendo la disponibilità di tanti spazi, di versamenti, di documenti, abbiamo potuto così sviluppare la nostra attività istituzionale diventando, diciamo, senza falso orgoglio, un punto di riferimento anche culturale per la città”.

Ripercorrendo gli anni di lavoro, quale iniziativa di tutela e valorizzazione del patrimonio documentario custodito in Archivio l’ha maggiormente appassionata?
“Il lavoro di tutela e valorizzazione e soprattutto lo studio e la sistemazione delle carte, perché il compito dell’Archivio di Stato è quello proprio di ricevere i versamenti degli archivi degli uffici periferici della pubblica amministrazione nonché anche gli atti notarili, l’archivio distrettuale, quindi la prima fase, appunto, la ricezione di questi versamenti e l’ordinamento di questi fondi da cui poi vengono fatti degli inventari e questo consente poi agli studiosi di venire in sala studio e potere individuare con più facilità cosa studiare. Come attività di valorizzazione negli anni ne abbiamo fatte talmente tante che adesso non saprei quale scegliere. Forse ricordo la prima, fu un nostro debutto, e ci permise di essere conosciuti in città. Facemmo la mostra nel 1986 sul Teatro Verdi demolito, il vecchio teatro comunale. La mostra si chiamava appunto “La fabbrica del Teatro”. Allora esponemmo presso il Museo Provinciale, nelle sale, e questa mostra permise ai brindisini di rivedere tanta documentazione, i progetti del vecchio Teatro Verdi, i disegni delle decorazioni, le fotografie delle rappresentazioni che si erano tenute nel teatro. Ecco quello fu il nostro momento in cui portammo alla città questa nostra immagine di contenitore culturale però al tempo stesso un posto dove si può acquisire la conoscenza e quindi conoscere la storia, la propria storia, perché questo è il nostro obiettivo in definitiva”. 

Cosa le mancherà di più del suo lavoro e qual è il ricordo più bello che porterà con sé? 
“Del mio lavoro naturalmente mi mancherà il rapporto diretto con le carte antiche, con i documenti, e quindi anche l’emozione che si prova quando si trovano dei documenti particolarmente importanti per la ricerca che si sta conducendo. È un po’ come, io dico, quello che può provare anche un archeologo nel momento in cui va a scavare e trova un reperto importante. Allora noi guardando le carte, studiando le carte, troviamo dei documenti che non pensavamo di avere e poi li possiamo valorizzare per la loro importanza. Per esempio, una cosa avvenuta qualche anno fa, quando ritrovai tutto quanto il dossier delle fotografie, conservato nell’Archivio del Tribunale di Brindisi, che riguardavano i fatti di San Donaci, quando c’era stata la cosiddetta guerra del vino, del 1957. Lì c’era un grossissimo dossier fotografico che ci ha permesso poi di ricostruire anche le vicende di quel periodo. È stata anche un’emozione fare questo tipo di ritrovamento. Il ricordo più bello.. Sono tanti. Poi qui all’interno del chiostro, oltre anche in Sala studio, oltre alle mostre, spesso abbiamo anche ospitato degli eventi musicali, anche degli eventi teatrali. Per esempio tanti concerti che noi abbiamo tenuto qui. Avere questa atmosfera nel chiostro, anche di sera, con gli artisti che si esibiscono, con un sottofondo musicale di quel livello è sempre stata una grossa emozione per me”. 

Quale augurio rivolge all’Archivio di Stato?
“Il grosso augurio, ma l’ho anche scritto in quelle brevi parole che abbiamo poi mandato per salutare un po’ tutti gli utenti e gli studiosi che sono vicini agli archivi, è la possibilità che arrivino dei giovani archivisti bibliotecari, perché adesso noi stiamo andando quasi tutti in pensione e l’Archivio ha bisogno di nuovi giovani, di ragazzi, perché ce ne sono tanti in giro, ragazzi preparati che hanno tanto studiato, si sono formati, e che vogliono venire anche a lavorare negli archivi e nei Beni Culturali”

Progetti futuri? 
“Io penso di continuare anche con la mia attività di studio, di ricerca, perché, come dicevo prima, è una cosa che mi appassiona molto. Quindi credo mi ritaglierò qualche spazio ancora per poter proseguire la mia attività di archivista”. 

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