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Un bambuseto per abbattere l’inquinamento: il progetto di un mesagnese

L’ingegnere Luigi Argese ha studiato un business plan in cui occorrono 100 ettari di coltivazione di bambù per assorbire l’aria cattiva della provincia di Brindisi. Un ettaro di terreno di bambù assorbe cinque volte il bosco di macchia mediterranea

MESAGNE- Realizzare un bambuseto di 100 ettari per ridurre l’inquinamento ambientale, impiegarlo nel settore alimentare e, perché no, utilizzarlo come elemento strutturale nell’edilizia: la rivoluzione verde è iniziata nella città di Mesagne grazie all’ambizioso progetto di Luigi Argese, ingegnere industriale di 40 anni occupato da un decennio nel settore aeronautico, in cui ha iniziato a studiare le piante con strutture legnose. Anche se, ing. Argese-2come dicono le normative internazionali Iso, non è un legno e, addirittura, data la sua resistenza meccanica e il basso peso specifico il bambù è chiamato “acciaio vegetale”.

“Durante il mio impiego ho avuto modo di apprezzare alcune fibre utilizzate nel settore, fibre di vetro e fibra di carbonio. La curiosità mi ha portato allo studio della fibra naturale, e ho scoperto che la migliore è quella di bambù” dice il lungimirante ingegnere Luigi Argese, mostrando, con orgoglio, la foto in cui è ritratto con i primi germogli di bambù.

“Un progetto piantato due anni fa. Più o meno il tempo di riuscita è pari a circa 4 anni: c’è una fase di crescita in cui si tende a colonizzare il terreno e oggi è quello che si vede”. Il bambuseto ha raggiunto l’altezza di circa 3 metri spalmato su 2,6 ettari di terreno tra le campagne di Mesagne e di Brindisi, visibile dalla statale 7, in direzione provincia, sulla destra, all’altezza del negozio Leroy Merlin.

Materiale leggero, ultraresistente, durevole, flessibile, con una crescita rapida e grande capacità di assorbimento della CO2 (anidride carbinica), il bambù è un business in rapida crescita, con un mercato stimato intorno ai 75 miliardi di dollari nel 2020 (la quasi totalità in Asia) ma che vede varie società investire in questo materiale. Infatti, in Italia sono quasi 2000 gli ettari coltivati, tra cui possono annoverarsi quelli di Mesagne della società agricola “Luigi Argese” e che sono in espansione.

“Spesso si pensa alle novità del nostro mondo e dimentichiamo che l’inquinamento viene assorbito dagli alberi. L’investimento nella coltivazione del bambù è stata doverosa avendo terreni incolti anche per la moria dei tanti ulivi. E questo business plan ha l’obiettivo di raggiungere un livello di assorbimento di inquinamento almeno sufficiente per assorbire tutto quello che si genera nel brindisino. Negli anni abbiamo studiato e scoperto che il bambuseto riesce ad assorbire cinque volte rispetto a un bosco di macchia mediterranea: un ettaro dipianta-3 bambù è cinque ettari di bosco. E per assorbire l’inquinamento di Brindisi devono essere impiegati 100 ettari”.

E c’è di più. Tra le varie applicazioni delle 1450 specie, dall’impiego della biomassa è possibile produrre beni durevoli come elementi strutturali, mobili, isolanti di fibra, impalcature, parquet, perfino le eliche delle turbine eoliche e ricavare filati con cui sono prodotti tessuti, scarpe, borse e cinture, oltre che telai per le biciclette, prodotti per la tisaneria e germogli per il mercato del food. Infatti, i germogli sono molto apprezzati nella cucina vegana avendo il sapore simile a quello del carciofo.

“Quest’ambito mi ha dato la possibilità di spaziare, di guardare alla nostra Mesagne e creare una realtà, costruire lavoro. Certo, è impegnativo, le erbe infestanti intorno ai bambù vanno curate e presto penso assumerò un altro dipendente”. Dunque, l’ambizioso ingegnere Luigi Argese, molto affezionato alla città che gli ha dato i natali, ha anche creato opportunità di lavoro e spera di riuscire a scrivere un vademecum per avviare colture di bambuseti, partendo dal proprio ambizioso progetto di bambuseto a Mesagne.

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