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Sabato, 20 Aprile 2024
Ambiente

Anche Basell presenta alla procura il piano di adeguamento delle torce

BRINDISI - Basell segue la strada segnata da Polimeri Europa, percorso obbligato per scongiurare la paralisi dell’azienda preannunciata dal decreto di sequestro a orologeria del gip Paola Liaci. Il colosso della chimica made in Usa, ha presenta questo pomeriggio il piano di riconduzione a norma, dopo aver chiesto e ottenuto nei giorni scorsi un incontro con il pubblico ministero Antonio Negro. Entro domattina, a poco meno di ventiquattro ore di distanza, la procura dovrebbe procedere alla restituzione all’uso con prescrizioni delle due torce di proprietà della società americana (che restano sotto sequestro), specificando come ha già fatto per Polimeri tempi di scadenza dei lavori e quindi data presunta del dissequestro definitivo.

BRINDISI - Basell segue la strada segnata da Polimeri Europa, percorso obbligato per scongiurare la paralisi dell’azienda preannunciata dal decreto di sequestro a orologeria del gip Paola Liaci. Il colosso della chimica made in Usa, ha presenta questo pomeriggio il piano di riconduzione a norma, dopo aver chiesto e ottenuto nei giorni scorsi un incontro con il pubblico ministero Antonio Negro. Entro domattina, a poco meno di ventiquattro ore di distanza, la procura dovrebbe procedere alla restituzione all’uso con prescrizioni delle due torce di proprietà della società americana (che restano sotto sequestro), specificando come ha già fatto per Polimeri tempi di scadenza dei lavori e quindi data presunta del dissequestro definitivo.

Anche Basell, a quanto pare, si doterà di impianti per lo smaltimento dei rifiuti gassosi, previa concessione delle autorizzazioni necessarie, oggi del tutto assenti per gli impianti che di fatto hanno funzionato come inceneritori degli scarti di lavorazione industriale: è questo l’assunto che ha fatto scattare il provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria. Significa che i sigilli restano, ma le due torce di emergenza tornano provvisoriamente alla società, dietro pagamento di una cauzione da 2 milioni e 500mila euro circa (6 per Polimeri).

Il termossidatore è un sistema di riduzione e trattamento delle emissioni degli impianti chimici, che dovrebbe abbatterne la massa attuale. Il resto sarà monitorato dai sistemi, oggi assenti, di misurazione ed analisi dei flussi inviati in torcia, processi in cui sarà coinvolta l’Arpa secondo modalità in corso di definizione. Il problema invece tutt’ora aperto è quello dello smaltimento dei rifiuti gassosi e fluidi nelle more della costruzione degli impianti. Risposta che gli inquirenti attendono da Polimeri Europa tanto quanto da Basell, in tempi brevi.

Due le aziende, uno il provvedimento di sequestro, identiche le ipotesi accusatorie a carico di entrambe che hanno rischiato di sfociare nel blocco pressoché completo delle attività industriali, con tutto quel che ne sarebbe conseguito in termini di ricadute occupazionali. Antefatti identici, al quale però hanno fatto riscontro due ritmi di marcia verso la rimozione delle cause che hanno armato la mano della procura nel nome della salute pubblica, del tutto differenti. Polimeri ha viaggiato a passo spedito, presentando a meno di ventiquattro ore di distanza dalla notifica del decreto di sequestro e degli avvisi di garanzia a carico dei responsabili degli stabilimenti, un piano di riconduzione a norma delle torce. Progetto che doveva certamente essere custodito in un cassetto in attesa che qualcosa accadesse.

Basell ha marciato invece a velocità assai più lenta, pur avendo recentemente investito circa 40 milioni di euro per l’ampliamento dei prodotti innovativi nell’ambito della chimica. Le ragioni dei due livelli di reazione, potrebbero risiedere nei differenti meccanismi di smaltimento adottati dalle due aziende, oltre che nei differenti prodotti trattati nella produzione. Una delle torce d’emergenza poste sotto sequestro, fra quelle marchiate Basell, per esempio, è stata autorizzata non più tardi del 2007: secondo la documentazione esibita dall’azienda, è entrata in funzione in perfetta coincidenza con le concessioni, rispondendo per altro alle norme europee che impongono l’ammodernamento degli impianti nel segno del minor impatto ambientale.

Ancora. Le torce di emergenza, secondo gli inquirenti e le videoriprese effettuate dalla polizia, venivano in realtà usate soprattutto per la termodistruzione non autorizzata di scorie di lavorazione, il decreto del tribunale a questo proposito precisa che alla richiesta in merito a quali sostanze venissero immesse nell’aria, le aziende hanno risposto con dati presunti e non con dati certi risultanti da analizzatori di processo. In attesa che vengano messi a punto i dispositivi del caso, come ha disposto l’autorità giudiziaria, resta il fatto che Basell a differenza di Polimeri, produce soltanto etilene e propilene.

E non già tutti i sottoprodotti delle scomposizioni di virgin nafta come Polimeri, attraverso gli impianti di cracking. Insomma, se il problema sono i gas prodotti dalla attività industriale, immessi nella atmosfera attraverso le torce, dunque trattati alla stregua di rifiuti non autorizzati, resta da capire quali gas venissero sversati indebitamente e da quali aziende, con esattezza. Gas che non possono essere gli stessi, premessa la diversità di produzione fra Basell e Polimeri. Se tanto basta a desumere diversi gradi di coinvolgimento nella inchiesta in corso.

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