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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

La città delle discariche abusive

BRINDISI – Qualcuno ricorda “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, che vinse la Palma d’Oro a Cannes nel 1978? E invece questo povero albero ridotto a un campionario di reggiseni, slip e calze da donna, tutto rigorosamente nero, come dovremmo chiamarlo? L’uno racconta la vita dei contadini poveri della Bassa Bergamasca alla fine dell’Ottocento, e la cacciata di una di queste famiglie dalla casa concessa dal padrone sol perché il padre aveva ricavato da un ramo dell’albero in questione uno zoccolo per il figlio, che si faceva chilometri e chilometri a piedi per andare a scuola. L’altro invece racconta una storia di inquinamento ambientale dove i protagonisti non sono solo le aziende chimiche e le centrali, ma anche tante piccole e meno piccole aziende artigiane brindisine.

BRINDISI – Qualcuno ricorda “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, che vinse la Palma d’Oro a Cannes nel 1978? E invece questo povero albero ridotto a un campionario di reggiseni, slip e calze da donna, tutto rigorosamente nero, come dovremmo chiamarlo? L’uno racconta la vita dei contadini poveri della Bassa Bergamasca alla fine dell’Ottocento, e la cacciata di una di queste famiglie dalla casa concessa dal padrone sol perché il padre aveva ricavato da un ramo dell’albero in questione uno zoccolo per il figlio, che si faceva chilometri e chilometri a piedi per andare a scuola. L’altro invece racconta una storia di inquinamento ambientale dove i protagonisti non sono solo le aziende chimiche e le centrali, ma anche tante piccole e meno piccole aziende artigiane brindisine.

La città è assediata dalle discariche abusive, che nessuno sequestra e nessuno rimuove. Le periferie ne sono piene, e soprattutto le campagne. Ma nessuno vede, nessuno segnala, e nessuno persegue e punisce. Un fenomeno culturale e sociale gravissimo, che le associazioni di categoria non si sono poste ancora il problema di affrontare con gli strumenti a disposizione, come quelli della formazione individuale. Quante aziende artigiane tengono con regolarità il registro dei rifiuti? E se non si nascondono tra i loro associati, gli inquinatori, perché non si effettua una campagna a fondo contro l’abusivismo?

Anche in questo caso le categorie sono rappresentate tutte senza distinzioni, come nel servizio effettuato da BrindisiReport.it il 28 settembre 2011 sul Canale Patri (non abbiamo avuto notizie né di bonifiche né di sequestri delle aree inquinate da discariche abusive zeppe anche di Eternit e solventi abbandonati nel letto del canale stesso): carrozzieri, gommisti, elettrotecnici, muratori, piastrellisti, idraulici e falegnami. Ma anche privati cittadini senza scrupoli. Non ci sono però solo gli abusivi, come dimostra la situazione della discarica a macchia di leopardo di cui ci occupiamo, che si estende lungo la stradina che porta da via della Torretta al Paradiso, ai ruderi dell’ex macello comunale. Qualcuno ha dragato una cunetta, ed ha abbandonato rifiuti e fanghi accanto ad una coltivazione di carciofi. Cosa stia colando da quell’ammasso sino alle piante sarebbe interessante saperlo. E’ esemplare che nessun ufficio pubblico abbia controllato e contestato quel lavoro.

Tutto in violazione di legge, senza che nessuno se ne occupi. La situazione delle discariche abusive è certamente più grave di quella del bracconaggio, e bisogna impegnare Polizia provinciale e Forestale, e Guardia di Finanza, nell’area agricola attorno alla città per individuare i responsabili di questo degradante assedio al territorio. Possibile che nessuno sia mai passato da quel punto e da tanti altri e non sia mai stato compilato un verbale? Possibile che nessuna associazione ambientalista abbia valutato la gravità della situazione, per chiedere agli organismi preposti di effettuare un controllo a tappeto contro le attività artigianali abusive e sulla gestione dei registri dei rifiuti, oltre che i controlli che non ci sono?

E’ vero, siamo il profondo Sud, dove un giorno si mettono in croce i proprietari delle villette di Acque Chiare che non risulta abbiano arrecato insulto all’ambiente, anche con una annunciata costituzione di parte civile da parte del Comune, e negli altri 364 si chiudono gli occhi sulla discarica a cielo aperto che stanno diventando le campagne, dove dovremmo coltivare i carciofi a Indicazione geografica protetta o fare gli agriturismo e produrre l’olio di qualità. Nessuno va a cercare contrasti con nessuno, perché fare rispettare la legge spesso – sempre qui, nel profondo Sud – è scomodo, soprattutto per la politica. Ma la gestione oculata del territorio e dell’ambiente non sono una delle frontiere dell’agricoltura moderna? E perché i contadini non inseguono con i famosi forconi chi gli va a scaricare m…  nei campi? Neppure una denuncia, così chi non vede può sempre dire che non era stato informato.

Un invito alle forze dell’ordine: prima di andare a cercare altrove, setacciate le strade attorno alla città. E sequestrate, stabilite chi avrebbe dovuto vigilare e chi deve bonificare. Può darsi che qualcosa cambi, e che si trovi più economico e conveniente istituire un nucleo specializzato di polizia urbana o provinciale, piuttosto che sborsare quattrini pubblici per andare a ramazzare nelle discariche abusive. Non vedere è molto, molto peggio per la città e per chi paga la Tarsu ma poi si ritrova con un territorio ridotto ai minimi termini, e in questo caso non certo dalla grande industria. Città della cultura, una succursale della Biennale di Venezia? Ma chi, noi?

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