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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

L'impossibile convivenza con quella discarica

BRINDISI – Un grosso blocco di pietra giace davanti l’ingresso di due villette situate lungo il tratturo fangoso che porta alla discarica “Formica”, nelle campagne comprese fra Brindisi e San Vito dei Normanni: è il segno che sono state abbandonate. Stessa sorte è toccata ad altri fabbricati sul percorso seguito dai camion che vanno a sversare rifiuti.

BRINDISI – Un grosso blocco di pietra giace davanti l’ingresso di due villette situate lungo il tratturo fangoso che porta alla discarica “Formica”, nelle campagne comprese fra Brindisi e San Vito dei Normanni: è il segno che sono state abbandonate. Stessa sorte è toccata ad altri fabbricati di pregevole fattura ubicati sul percorso seguito dai camion che vanno a sversare rifiuti nei pressi delle contrade Autigno, Formica, Mascava, Serranova e Belloluogo: un tragitto delimitato da muretti a secco, immerso in lunghe distese di uliveti secolari (video).

Il viavai di Tir, soprattutto alle prime luci del mattino, è incessante. Gli autoarticolati provenienti dai Comuni del Barese diretti verso contrada Autigno (dove, dalla scorsa estate, vengono conferiti anche i rifiuti dell’ex bacino Ba/5) imboccano lo svincolo per la riserva naturale di Torre Guaceto posto sulla strada statale 379 Brindisi-Bari, per poi attraversare un cavalcavia realizzato in corrispondenza del bivio Bari-Punta Penna Grossa. Lasciandosi alle spalle l’oasi protetta, gli autotrasportatori seguono una striscia d’asfalto che conduce nel villaggio di Serranova.

Carovane di autoarticolati sfilano nel cuore di uno degli scorci più lussureggianti della campagne brindisine, costellato di agriturismi, masserie e percorsi cicloturistici. Su entrambi i lati della strada, non sfugge la vista di numerosi ulivi ai quali è stato appeso un cartello arrecante la scritta vendesi. “La gente - spiega un contadino intento a raccogliere olive – vuole disfarsi dei terreni, perché non ha più interesse a gestirli”.

Dopo aver percorso circa 3 chilometri di strada, i mezzi pesanti, con il loro carico nauseabondo, entrano nel piccolo centro di Serranova, abitato da poche decine di persone. I cassoni tracimanti di buste della spazzatura passano a un tiro di schioppo dalle case, lasciando un lezzo che stagna nell’aria per parecchi minuti. Percorsi altri 2-3 chilometri in mezzo a vecchie ville ricche di frutteti e animali d’allevamento, si arriva alla rotonda sorta in prossimità dell’incrocio con la ex strada statale 16 che collega Brindisi a San Vito Dei Normanni. Seguendo l’indicazione per Mesagne, ci si ritrova in quella che qualcuno ha ribattezzato la “via dell’Inferno”: la strada che conduce alle discariche di Formica, Autigno, Mascava e Belloluogo.

La prima in cui ci si imbatte è discarica Formica, al centro di un contenzioso fra gli enti locali, Comune e Provincia di Brindisi, e la società proprietaria e gestore dell’impianto, la Formica Ambiente Srl. La stessa, malgrado i due sequestri subiti negli anni, l’ultimo accompagnato da un blitz del Noe con numerosi arresti, pare stia ancora una volta finita nel mirino degli enti preposti al rispetto delle regole ambientali. Stando agli elementi acquisiti dal Corpo forestale dello Stato, La Formica avrebbe ripreso le attività di scarico almeno dallo scorso 3 giugno.

La cosa è stata ovviamente comunicata alla Provincia, competente per le autorizzazioni, ed il Settore ecologia e ambiente di Palazzo De Leo ha accertato “l’inesistenza di comunicazione di avvio dell’attività e l’assenza delle dovute polizze fidejussorie a garanzia della gestione operativa e della gestione post mortem della discarica”: passo fondamentale per rendere efficace l’Aia concessa a Formica Ambiente. Sulla questione, ad ogni modo, dovranno far luce gli enti competenti.

Ciò che si vuole rimarcare in questa sede, è la fortissima preoccupazione della gente per le proprie condizioni di salute. Si parla di decine di famiglie costrette a convivere ogni giorno, 24 ore su 24, con un tanfo insopportabile, che penetra nelle narici fino a irritare la gola, provocando nausea e mal di testa. Basta trascorrere non più di dieci minuti sul bordo del dirupo, per accusare un forte senso di malessere. La discarica si articola in due distinte cave, profonde al massimo un centinaio di metri: una sembra in uno stato di quiescenza; l’altra, invece, è in pieno fermento.

Stamani, fra le 11 e le 11 e 30, abbiamo contato almeno quattro camion all’interno della struttura. Uno di essi, con l’ausilio di un paio di pale meccaniche, stava movimentando del materiale solido. Sul fondo della discarica si scorgono cumuli di terra (alcuni di colore nero, simili a cenere), una distesa di sostanza fangosa di colore nero e alcune pozze d’acqua nera. E poi, a ridosso della recinzione metallica che delimita il ciglio, tanti alberelli ridotti a uno scheletro: come se fossero stati appena inceneriti.

Chi risiedeva lungo il tratturo che immette alla discarica, si è dovuto trasferire. Ma tante altre persone vivono nel raggio di poche centinaia di metri dall’impianto e dalle altre discariche della zona. Il loro appello, simile a un grido di dolore, è rivolto agli amministratori locali e agli enti preposti alla salvaguardia dell’ambiente, affinché facciano chiarezza, il prima possibile, su quanto avviene lungo la “via dell’inferno”.

 

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