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Venerdì, 29 Marzo 2024
Ambiente

Secondi nella produzione energetica, primi nelle rinnovabili ma anche nelle emissioni

BRINDISI – Qualità dell’aria e produzione energetica, due sfide per la Puglia. Prima regione in Italia per emissioni del più importante dei gas serra, la CO2, nettamente prima dell’industrializzata Lombardia, ma seconda solo ad essa per la produzione energetica. In Lombardia gli abbattimenti delle emissioni sono stati più drastici, in Puglia la curva discendente è più lenta. E se si considera che il settore che produce la stragrande maggior parte di CO2 è quello energetico, bisogna dire che è questo il fronte su cui la Regione Puglia deve misurarsi: la Lombardia ha la maggior parte delle centrali termoelettriche a turbogas, la Puglia va a carbone.

BRINDISI – Qualità dell’aria e produzione energetica, due sfide per la Puglia. Prima regione in Italia per emissioni del più importante dei gas serra, la CO2, nettamente prima dell’industrializzata Lombardia, ma seconda solo ad essa per la produzione energetica. In Lombardia gli abbattimenti delle emissioni sono stati più drastici, in Puglia la curva discendente è più lenta. E se si considera che il settore che produce la stragrande maggior parte di CO2 è quello energetico, bisogna dire che è questo il fronte su cui la Regione Puglia deve misurarsi: la Lombardia ha la maggior parte delle centrali termoelettriche a turbogas, la Puglia va a carbone.

Sono le indicazioni contenute nella “Relazione sullo stato dell’ambiente 2009” di Arpa Puglia pubblicato a fine dicembre 2010, e nel caso delle emissioni di CO2 i dati di riferimento sono quelli dell’Ispra, l’Istituto superiore protezione ambientale (ex Apat). Dunque, nel 1990 l’Italia aveva 356,7 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2), nel 2009 è salita a quota 383,2, un più 7,43% malgrado il Protocollo di Kyoto. Lungo questo cammino, nel 2005 la Lombardia aveva registrato emissioni complessive di CO2 per 73,3 milioni di tonnellate, la Puglia per 57,7 milioni, ma con un incremento del +25,2%.

Le emissioni industriali di CO2 -  Tra il 1990 e il 2009, considerando le sole emissioni industriali la Puglia è passata da 30,7 milioni di tonnellate a 45,3 nel 2008, e a 32,7 nel 2009, flessione dovuta sia alla recessione dei processi produttivi a causa della crisi globale – sostiene l’Arpa – che all’applicazione della cosiddette Bat (Best available techniques), le migliori tecnologie disponibili. La quota maggiore di tale flessione è dovuta a Taranto, passata a emissioni per 12,6 milioni di tonnellate con un -45,2% rispetto al 2008, mentre a Brindisi la quota di emissioni è stata di 17,2 milioni di tonnellate con una riduzione del 16% rispetto al 2008, e il sorpasso su Taranto.

Brindisi supera Taranto - E’ interessante sapere che alle emissioni di CO2 della Puglia per il 2009 il settore energia ha contribuito con 24,5 milioni di tonnellate, e quello siderurgico con 5,1 milioni di tonnellate. Ed è altrettanto interessante appurare che dei 17,2 milioni di tonnellate di CO2 emesse dall’industria brindisina nel 2009, ben 16,8 milioni provengono dal settore energia. Che a Taranto il calo delle emissioni industriali di CO2 fosse in atto già alcuni anni fa, e a Brindisi ci fosse invece la tendenza opposta, risulta chiaro dai numeri del 2005: Taranto scendeva a 22.579.050,1 dai 25, 5 milioni di tonnellate del 1990; Brindisi passava a 21.883.205,9 nel 2005, mentre nel 1990 le emissioni erano state di 10,6 milioni di tonnellate. E tutto ciò in una regione dove Bari, sempre nel 2005, era a quota 3,4 milioni di tonnellate, e Lecce e Foggia molto più giù.

La Puglia batte la Lombardia – L’obiettivo posto dal protocollo di Kyoto per il 2012 all’Italia è un taglio del 6,5% entro il 2012 rispetto al 1990, e la Puglia non dovrà superare i 37,1 milioni di tonnellate tutto incluso (industria, traffico, riscaldamenti). Sarà un obiettivo raggiungibile, nella regione che punta tutto sulle energie rinnovabili e va fiera dei propri record in questo campo? Intanto è stata abbondantemente superata la super industrializzata Lombardia: considerando gli anno 2006 e 2007, si evince dalla relazione dell’Arpa, la Puglia è passata da 46,2 milioni di tonnellate annue di CO2, a 45,9. La Lombardia da 29 a 27,6 milioni di tonnellate. Se l’osservazione – che si sente spesso ai tavoli di trattativa – è che il gas serra è un problema che va calcolato a livello mondiale e che non ha quindi impatti locali, si può rispondere che – sempre secondo i dati Arpa e Ispra - la Puglia è inoltre prima in Italia per ossidi di azoto (NOx), CO, diossine e Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) malgrado il calo nel 2007 proprio di Ipa e benzene.

La situazione delle emissioni locali - L’Arpa però apre il capitolo “Aria” annotando che la situazione è in miglioramento e con criticità circoscritte. In campo sono stati messi nuovi sistemi di misurazione e valutazione: è stato potenziato il monitoraggio allargandolo alle polveri sottili PM2.5, ai metalli pesanti e agli Ipa. A Brindisi è stato attivato il sistema modellistico Skynet a supporto della gestione delle emergenze ambientali come le accensioni delle torce del Petrolchimico e le emissioni di gas non pesanti. Ad esempio, con l’incendio in un deposito di eco balle nella zona industriale di Brindisi il 9 luglio del 2009, è stato registrato un incremento di PM10 più alto a Mesagne che nel capoluogo.

Le criticità: sono il benzo(a)pirene di via Machiavelli al rione Tamburi di Taranto – un marker degli Ipa – e le concentrazioni di polveri PM10 a Torchiarolo, definite dall’Arpa “criticità locale e circoscritta” che richiede “interventi mitigativi che incidano sulle modalità del riscaldamento domestico”.

PM10: per valore medio annuale delle concentrazioni sono in testa in Puglia le province di Brindisi e Taranto, ma solo Torchiarolo ha superato, e di molto, il limite dei 35 sforamenti annui stabilito dalla legge dei 50 microgrammi per metro cubo di aria.

PM2.5: è stato svolto un monitoraggio nelle province di Lecce e Taranto, ma non è stato rilevato alcun superamento dei 20 microgrammi per metro cubo di aria.

NO2: superata solo la media annuale in via Caldarola a Bari, è il diossido di azoto, irritante delle vie polmonari

O3 (ozono): il limite è di 25 superamenti l’anno della concentrazione di 120 microgrammi per metro cubo di aria su media mobile nelle 8 ore, e ciò nel 2009 è avvenuto solo a Taranto con oltre 50 sforamenti, mentre a Lecce sono stati poco più di 25.

Benzene: media annuale molto sotto il limite.

Benzo(a)pirene e Ipa: la media annuale è stata superata a Taranto in via Machiavelli.

Metalli pesanti: per l’arsenico a Torchiarolo sono stati registrati livelli superiori più del doppio a quelli di via Machiavelli a Taranto; per il cadmio Torchiarolo ha sfiorato i 4 microgrammi (il limite è 5), via Machiavelli solo 1 microgrammo; per il nichel Torchiarolo oltre 7, via Machiavelli Taranto 5, il limite è di 20 microgrammi; per il piombo Torchiarolo 70, Taranto 10, il limite è 50 microgrammi.

Il caso Torchiarolo – Per l’Arpa i dubbi sono pochi: le alte concentrazioni di PM10 e quelle di Ipa – queste ultime tuttavia bene al di sotto del limite di legge – hanno soprattutto fonti interne all’abitato e non esterne. La campagna condotta dal 16 al 27 marzo 2009 con il modello Wind Select e i sensori sistemati a 35 metri di altezza su una casa in via Brindisi 123, ha stabilito che Ipa e benzo(a)pirene provengono dall’area urbana; le Pcb (diossine simili) più da Cerano che da altre direzioni; le Pcdd sono in percentuali simili sia con provenienza area urbana che centrale Enel, e sono sempre più basse degli standard delle aree urbane.

Le risultanze, poi, del Progetto Taranto/Salento condotto con le Università di Bari e Lecce  (e il contributo del Centro ricerche Enel) e mirato su due aree del Tarantino e tre salentine, ha rivelato che a Torchiarolo gli Ipa, Tc (carbonio totale), CO (monossido di carbonio) sono presenti in quantità maggiori che in altri siti e provengono – secondo la ricerca – dalla combustione di biomasse. Non ne sono convinti gli ambientalisti, mentre il sindaco Antonio Del Coco sì, visto che ha vietato l’uso temporaneo dei caminetti nelle abitazioni che dispongono di altre forme di riscaldamento.

La produzione di energia – Ma se il capitolo delle fonti delle emissioni massiche locali è aperto e va approfondito proprio in vista della riapertura del confronto con le società energetiche (nel caso di Brindisi) e del confronto con l’Ilva e l’Eni a Taranto, non ci sono dubbi su quelle delle emissioni di CO2 come già visto in principio. Nel caso delle produzioni energetiche, per la propria relazione sul 2009 Arpa Puglia ha utilizzato statistiche dell’Agenzia europea per l’ambiente, dell’Istat, dell’Enea e di Terna, la società che gestisce le reti di distribuzione.

In questo caso la Puglia è la seconda regione in Italia dopo la Lombardia. Nel 2009 la produzione elettrica pugliese è stata di 34.585,5 gigawatt/ora (39.187,7 nel 2008), in Lombardia di 47.019,7 GWh (55.912 nel 2008). Seguono Piemonte con 24,9 GWh, Sicilia con 23,7 GWh, ed Emilia Romagna con 22,8 GWh. La Puglia è però la prima esportatrice: la richiesta energetica regionale nel 2009 è stata di 18.126,5 GWh, con un superamento di produzione rispetto alla richiesta del 79,9% (14.490,2 GWh).

Rinnovabili in aumento, ma dominano le termoelettriche – Le centrali termoelettriche in Puglia sono 39 con una potenza installata nel 2009 di 7.618 megawatt, dei quali 4450 Mw garantiti dal solo polo energetico brindisino con le due tre termoelettriche (Enel Cerano a carbone 2.640 Mw, Edipower Costa Morena a carbone 640 Mw, Enipower Petrolchimico a ciclo combinato a metano 1170 Mw). Brindisi è però la provincia che consuma meno energia in Puglia: solo 1.899,7 GWh, contro i 5.164 di Taranto, i 4.971 di Bari, i 2.237,7 di Lecce, i 2.001,3 di Foggia (fonte: Terna 2010). Brindisi ha quindi molti diritti da far valere al tavolo del rinnovo delle convenzioni con Enel, Edipower ed Enipower.

La potenza installata al 2009 di Fer (Fonti energetiche rinnovabili) era di 1.549,4 Mw con 5.373 impianti: 5.278 fotovoltaici, 72 eolici. Sulla produzione elettrica totale della Puglia, nel 2009 le Fer hanno coperto l’8 per cento, in Italia la percentuale è stata del 24%. La Puglia è però prima per l’eolico con 1.684 GWh, ben il 27% della produzione nazionale di settore, e altrettanto per il fotovoltaico, con 95,6 GWh e il 12,3% della quota nazionale. Insomma, è l’altissima produzione termoelettrica a far sembrare piccolo il dato delle rinnovabili. A ciò si aggiunga che sempre nel 2009 la Puglia era terza per la produzione di energia dalle biomasse, dietro le sole Emilia Romagna e Lombardia. Regioni che però hanno una produzione termoelettrica con impatti sulla qualità dell’aria molto meno pesanti. E’ il dato che la Puglia deve gradualmente modificare, partendo da Brindisi.

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