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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

Torce petrolchimico: le aziende trattano, Polimeri Europa dal pm

BRINDISI – Polimeri Europa, con l'invio a Brindisi di un manager da Milano (Giovanni Saporito) è la prima a reagire al sequestro del sistema delle torce di emergenza, notificato ieri mattina anche a Basell dalla Digos, ma con effetto di blocco degli impianti dilazionato a venti giorni per consentirne il ricondizionamento a norma con possibilità di restituzione (con prescrizione, articolo 85 del Codice di procedura penale). In sostanza, il massimo che la procura ed il giudice delle indagini preliminari potevano concedere per non penalizzare la produzione e i livelli occupazionali. Ma ricordando – lo ha fatto ieri il procuratore capo Marco Di Napoli – che il termine è perentorio e che ogni conseguenza ricadrà esclusivamente sulle aziende. La società del gruppo Eni perciò si è mossa senza indugi inviando nel primissimo pomeriggio una delegazione a palazzo di giustizia, per incontrare il pm Antonio Negro.

BRINDISI – Polimeri Europa, con l'invio a Brindisi di un manager da Milano (Giovanni Saporito) è la prima a reagire al sequestro del sistema delle torce di emergenza, notificato ieri mattina anche a Basell dalla Digos, ma con effetto di blocco degli impianti dilazionato a venti giorni per consentirne il ricondizionamento a norma con possibilità di restituzione (con prescrizione, articolo 85 del Codice di procedura penale). In sostanza, il massimo che la procura ed il giudice delle indagini preliminari potevano concedere per non penalizzare la produzione e i livelli occupazionali. Ma ricordando – lo ha fatto ieri il procuratore capo Marco Di Napoli – che il termine è perentorio e che ogni conseguenza ricadrà esclusivamente sulle aziende. La società del gruppo Eni perciò si è mossa senza indugi inviando nel primissimo pomeriggio una delegazione a palazzo di giustizia, per incontrare il pm Antonio Negro.

La manifestazione di disponibilità a cooperare è stata esplicita, ma bisognerà però passare subito al piano che accoglie le prescrizioni del magistrato – sulla scorta della relazione del consulente tecnico di ufficio e delle indagini della Digos – e quindi applicarlo. Forse anche dietro versamento di una cauzione, prevista dalla norma nelle circostanze di cui al già citato articolo del Cpp, ma prassi ampiamente applicata in materia ambientale quando si tratta di mettere in sicurezza o adeguare impianti. Sempre a tutela del buon esito dell’operazione. Al momento non ci sono stati analoghi passi da parte di Basell, che però rispetto a Polimeri Europa è più avanti sul piano degli interventi  di ambientalizzazione.

Ovviamente, restituzione o meno degli impianti, che in virtù dei particolari meccanismi del decreto di sequestro firmato dal gip Paola Liaci continuano a funzionare sub judice, un processo ci sarà perché per anni nelle torce del Petrolchimico consortile sono finite non solo le materie prime o         semilavorate gassose e liquide dirottate a causa di avarie o interruzioni di energia elettrica che comportavano il blocco della produzione, e quindi la necessità di liberarsi subito del rischio di possibili reazioni. Ci finivano senza autorizzazione, come hanno dimostrato anche sette mesi di videoriprese continue eseguite dalla polizia, le scorie stesse delle lavorazioni che invece dovevano essere rimosse, trattate e smaltite secondo la norma. Troppo costoso sul piano finanziario e complesso sul piano temporale, quindi è stato come “liberarsi di un sacchetto della spazzatura lanciandolo dalla finestra, piuttosto che portandolo sino al cassonetto”, ha esemplificato il procuratore Di Napoli.

Quanti danni ambientali e alla salute della popolazione ciò abbia potuto comportare, ancora non è noto, sarà difficilissimo stabilirlo, ma intanto il circuito è stato spezzato. E’ questa la chimica industriale del 2010, che si definiva diversa da quella degli anni Sessanta che scaricava nel sottosuolo le sue scorie velenose? La procura ha spiegato che era la legge, lo stesso Testo Unico sull’ambiente sino al 2008 a consentire gli scarichi gassosi in atmosfera, ma da due anni le stesse emissioni sono equiparate ai rifiuti, e quindi la musica è cambiata. Ci vogliono le autorizzazioni, e queste comportano prescrizioni e protocolli. Come dovrà avvenite a Brindisi da oggi in poi. Ed è la procura di questa città industriale, cinque volte più piccola del suo petrolchimico e grande forse meno della sua centrale più importante, quella di Cerano,  la  prima in Italia ad applicare e interpretare la modifica apportata al testo unico nel 2008.

Hanno capito le aziende, a quanto pare, che ora sono sottoposte anche a pressing sindacale. Quella di oggi è stata una mattinata in cui le organizzazioni di categoria e le segreterie confederali si sono fatte – come annunciato – il giro delle tre chiese: Polimeri Europa, Basell, ma anche Enipower perché, spiega Salvatore Viva della Filcem Cgil, è la centrale da cui dipendono anche i black-out che hanno segnato nell’agosto-settembre del 2008 i casi che poi hanno innescato le indagini della Digos e della procura. I sindacati sono stati chiari: ciò che vogliono è una sinergia interaziendale per le ambientalizzazioni, e la garanzia della cooperazione piena tra società e magistratura, perché nessun impianto deve essere fermato; ciò che non vogliono è il muro contro muro. Inoltre, è stato chiesto alle aziende di informare puntualmente la rappresentanza sindacale unitaria di fabbrica dei ogni evoluzione della vicenda.

Reazioni anche da parte di ambientalisti e Partito democratico. I primi hanno si sono detti rassicurati dall’intervento della magistratura, ma devono però rilevare “che sul versante amministrativo gli organi competenti non hanno finora assunto iniziative rivolte a fare chiarezza su quanto in questi anni è accaduto e ad informare adeguatamente la popolazione. Così come ci auguriamo che le dirigenze delle aziende coinvolte nella vicenda si inducano a collaborare proficuamente con la Giustizia e si adoperino per rimuovere eventuali situazioni di illegalità a tutela anche della salute e del posto di lavoro dei propri dipendenti”.

Il Pd fa sapere che “che le aziende che operano nel territorio sono un importante fattore di sviluppo ma che  devono avere al primo posto l’impegno per la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini nonché il rispetto dell’ambiente, confermiamo che la vigilanza delle Istituzioni deve essere alta. Nell’esprimere  apprezzamento per   l’accuratezza delle indagini della magistratura e, nel contempo, per  l’attenzione alle esigenze tecniche di un ciclo produttivo particolare come quello chimico, attendiamo con grande attenzione le considerazioni  in merito delle aziende interessate e ci aspettiamo un nuovo impegno trasparente per il ripristino e la garanzia nel tempo di condizioni di assoluta sicurezza e di relazione trasparente con le Istituzioni ed i sindacati a conferma della  intenzione  delle stesse di garantire e  la loro attività nel nostro territorio”.

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