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Torchiarolo, firmato protocollo sulle polveri. E a Taranto l'Ilva non lascia l'acqua del Sinni

BARI - Firmato presso la Regione Puglia il protocollo per adottare contromisure all'alta percentuale di polveri sottili a Torchiarolo. Pur essendo a pochi chilometri dal camino della centrale Enel di Cerano, l’inquinamento da Pm10 a Torchiarolo non deriverebbe dalla combustione del carbone. “La colpa è dei piccoli impianti di riscaldamento e cottura privati a biomasse – conferma ancora una volta il direttore dell’Arpa Giorgio Assenato – insomma, dei caminetti”. Le centraline dell’Arpa infatti sono andate regolarmente in tilt per 58 volte in un anno, oltre il limite consentito di 35 superamenti dei valori di polveri sottili.

BRINDISI -  Firmato presso la Regione Puglia il protocollo per adottare contromisure all'alta percentuale di polveri sottili a Torchiarolo. Pur essendo a pochi chilometri dal camino della centrale Enel di Cerano, l’inquinamento da Pm10 a Torchiarolo non deriverebbe dalla combustione del carbone. “La colpa è dei piccoli impianti di riscaldamento e cottura privati a biomasse – conferma ancora una volta  il direttore dell’Arpa Giorgio Assenato – insomma, dei caminetti”. Le centraline dell’Arpa infatti sono andate regolarmente in tilt per 58 volte in un anno, oltre il limite consentito di 35 superamenti dei valori di polveri sottili.

Tutti in paese hanno pensato che la colpa fosse della vicina centrale elettrica, ma le analisi mirate hanno scoperto che le sostanze diffuse nell’aria derivavano dai molti camini domestici. “Una nostra dipendente – ha raccontato Assennato – residente a Torchiarolo, fuori dall’orario di lavoro ha accettato gratuitamente di girare per il paese con delle centraline mobili in aggiunta a quella fissa. E abbiamo scoperto che la zona verso la centrale elettrica era la meno inquinata da polveri inalabili. La chimica delle polveri lo ha confermato: si tratta di emissioni da focolari, prive di metalli come quelli riscontrabili nei fumi delle centrali a carbone. A Torchiarolo si produce del pane molto buono e famoso e i forni potrebbero essere altre fonti di emissioni”.

Così il Comune è stato costretto a emanare ordinanze di divieto di uso dei camini nelle case dotate di altri impianti di riscaldamento, ottenendo così un drastico calo dei superamenti dei limiti di Pm10 nei periodi osservati dalle centraline, si è detto stamani in Regione. In realtà il calo è stato solo della metà rispetto al periodo dall'1 al 17 gennaio. “I cittadini – hanno detto gli amministratori locali – hanno capito e hanno spento i focolari”. In più, il problema svanisce d’estate, quando i camini sono spenti ma la centrale Enel funziona regolarmente.

“Il protocollo – ha detto l’assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro – costa centomila euro e punta alla sensibilizzazione, in accordo con il Comune, dei cittadini per un uso più ecologico dei camini, poi incentiva la pulizia delle canne fumarie e l’installazione di filtri ai camini”. In Puglia quella di Torchiarolo risulta essere l’unica emergenza da superamento del Pm10 da biomasse, rispetto alla rete regionale di rilevamento. “L’iniziativa di oggi – ha concluso Assennato – è importante non solo perché fa una diagnosi del problema, ma indica la terapia. Resta il fatto che la situazione è molto localizzata e limitata rispetto, ad esempio, agli sforamenti del Pm10 in pianura Padana”.

Non sono molto convinti dell'ipotesi-caminetti i movimenti ambientalisti, e comunque il tema della nuova convenzione che Regione, Provincia e Comune dovrebbero firmare con Enel resta al centro della discussione. Se ne discuterà indirettamente e direttamente nel pomeriggio di giovedì 10 febbraio a S.Pietro Vernotico, dove l'amministrazione comunale ha organizzato per le 17,30 nell'aula consiliare un incontro sul tema "S.Pietro Vernotico territorio ad alto rischio ambientale - Emissioni inquinanti e tutela del diritto alla salute. La politica, le istituzioni, la cittadinanza attiva: diritti e doveri per abitare l'ambiente".

Parteciperanno alla discussione, oltre al sindaco Pasquale Rizzo, il direttore dell'unità di Oncologia medica degli ospedali di Gallipoli e Casarano, Giuseppe Serravezza, l'energy manager Antonio De Giorgi, il primi presdiiente e il secondo membro del direttivo della Lilt di Lecce, il direttore di BrindisiReport, Marcello Orlandini.

Mercoledì 9 febbraio, invece, sarà il Comitato Energia, Ambiente e Territorio a tenere alle 17 a Palazzo Guerrieri, nel capoluogo, una conferenza stampa per presentare sia l'associazione che la posizione della stessa sul rinnovo delle convenzioni. E si tratta di una lettura dei problemi di fatto contrapposta a quella degli ambientalisti: "Queste convenzioni rappresentano per la Brindisi che lavora e produce un'occasione da non perdere. E' per questo che il Comitato si batte contro i tentativi di strumentalizzazione - sottolinea infatti una nota - che alcuni gruppi di interesse stanno portando avanti in questi giorni cercando di fuorviare l'opinione pubblica su temi che sono, oggi più mai, di importanza fondamentale per il rilancio dell'economia del nostro territorio".

Intanto l’ufficio di presidenza del consiglio comunale di Brindisi si è riunito in data odierna ed ha stabilito di convocare per giovedì 10 febbraio la conferenza dei capigruppo propedeutica alla seduta durante la quale saranno affrontate le problematiche inerenti i rapporti con le società energetiche e, in particolare, gli adempimenti rispetto ai quali il Comune di Brindisi è chiamato ad esprimersi in relazione al rilascio dell’Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale). Terminata la fase istruttoria, infatti, spetterà proprio al consiglio esprimere la volontà del Comune  in ordine alle decisioni da assumere nel corso della conferenza decisoria finalizzata al rilascio delle certificazione ambientali.

La battaglia per la tutela dell'ambiente nelle città e nei territori industriali della Puglia però resta aspra: oggi l'Ilva di Taranto in sede di incontro tecnico (il quarto) ha detto no alla proposta di evitare di prelevare 250 litri al secondo di acqua potabile dal Sinni per usi produttivi, sostituendola con quella proveniente dall’impianto di affinamento Gennarini Bellavista. “Con la sua decisione, l’Ilva ha sferrato un pugno in faccia alle istituzioni e ai cittadini pugliesi. A questo punto ognuno andrà per la sua strada e la Regione Puglia assumerà tutte le iniziative autoritative, nel senso che governerà la vicenda con tutti i poteri che la legge le conferisce, non sprecandone nemmeno uno, visto che la decisione dell’Ilva non tiene conto del dovere di custodia della terra e di tutela del territorio che noi difendiamo”, ha annunciato l'assessore regionale Fabiano Amati.

La riunione di questa mattina - cui hanno partecipato l’assessore ai Lavori pubblici della Provincia di Taranto, Costanzo Carrieri, l’assessore ai Lavori pubblici del Comune di Taranto, Alfredo Spalluto, il direttore generale di Aqp Massimiliano Bianco, il segretario generale dell’Autorità di bacino della Puglia, Antonio di Santo, il dirigente dell’Ilva di Taranto, Girolamo Archinà e dirigenti della Regione Puglia - seguiva ad un primo incontro tecnico relativo all’avvio dell’impianto, che si è svolto il 17 novembre 2010, ad una seconda riunione, svoltasi il 17 gennaio scorso, tra il presidente Nichi Vendola, l’assessore Fabiano Amati e il vice presidente dell’Ilva Fabio Riva, convocata per discutere dell’utilizzo dell’acqua del Sinni per le necessità industriali ed un terzo, svoltosi il 24 gennaio scorso.

Dalle tre riunioni era emerso che il completamento e la messa in funzione dell’impianto di affinamento di Taranto Gennarini Bellavista avrebbe permesso di risparmiare i 250 litri al secondo di acqua destinata all’uso potabile, che l’Ilva preleva dal Sinni per le proprie attività, ed alimentare così la Diga Pappadai. L’Ilva avrebbe potuto compensare il mancato prelievo dell’acqua dal Sinni utilizzando il quantitativo necessario dall’impianto di super affinamento Gennarini Bellavista, che sarebbe stato gestito da Acquedotto Pugliese.

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