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Giovedì, 25 Aprile 2024
Ambiente

Un avvocato brindisino tra gli indagati dello scandalo rifiuti e mazzette in Abruzzo

BRINDISI - C’è anche il nome di un noto avvocato brindisino nella maxi inchiesta che ha portato, in Abruzzo, all’arresto dell’assessore alla Sanità Lanfranco Venturoni. Il blitz, che conta dodici persone iscritte nel registro degli indagati per un presunto giro tangentizio nel settore del trattamento dei rifiuti e dei termovalorizzatori, vede fra le persone coinvolte anche l’ex amministratore delegato della partecipata Te.Am, Giovanni Faggiano, 51 anni, azienda deputata alla gestione dei rifiuti sanitari. Faggiano si era dimesso dall’incarico tre mesi fa, a luglio, e pare che non abbia ancora ricevuto un formale avviso di garanzia.

BRINDISI - C’è anche il nome di un noto avvocato brindisino nella maxi inchiesta che ha portato, in Abruzzo, all’arresto dell’assessore alla Sanità Lanfranco Venturoni. Il blitz, che conta dodici persone iscritte nel registro degli indagati per un presunto giro tangentizio nel settore del trattamento dei rifiuti e dei termovalorizzatori, vede fra le persone coinvolte anche l’ex amministratore delegato della partecipata Te.Am, Giovanni Faggiano, 51 anni, azienda deputata alla gestione dei rifiuti sanitari. Faggiano si era dimesso dall’incarico tre mesi fa, a luglio, e pare che non abbia ancora ricevuto un formale avviso di garanzia.

Al centro delle indagini condotte dalla squadra mobile di Pescara, su incarico della procura abruzzese, il progetto di un impianto di bioessiccazione dei rifiuti in contrada Carapollo, da realizzare proprio sui terreni della società pubblica di gestione dei rifiuti a Teramo, la Te.Am per l’appunto. Secondo le ipotesi accusatorie, gli indagati avrebbero tentato di oliare gli ingranaggi amministrativi, per ottenere le autorizzazioni utili a realizzare un inceneritore. Intercettazioni e prove documentali, hanno portato a chiudere il cerchio, culminato nell’arresto dell’assessore regionale del Pdl (sempre del Pdl anche i due senatori coinvolti nella inchiesta). Le ipotesi di reato vanno dalla concussione alla corruzione, al falso e al favoreggiamento.

Non è ancora chiaro quale sia l’ipotesi accusatoria a carico di Faggiano, che ha saputo della inchiesta dai mass media, non avendo ancora ricevuto alcun avviso di garanzia. L’avvocato brindisino era rimasto coinvolto, anni addietro, nell’inchiesta sulla tangentopoli brindisina. Condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi per favoreggiamento nei confronti dell’ex sindaco di Brindisi di Giovanni Antonino per la vicenda delle concessioni delle banchine alla Bti, la società di movimentazione dei container il cui proprietario, Mario Salucci, accusò l’ex sindaco di pressioni concussive, attende l’esito del giudizio di secondo grado, e si è sempre dichiarato estraneo ai fatti contestati dalla procura brindisina. Ciò non ha impedito che Giovanni Faggiano venisse eletto nel Comitato Portuale in carica in rappresentanza dei lavoratori portuali, e malgrado l’Authority brindisina abbia chiesto, ma senza successo, la costituzione di parte civile parte civile contro di lui nel processo per la Tangentopoli.

Faggiano è tutt’altro che nuovo al settore del trattamento e della raccolta dei rifiuti. Ecco come si parla di lui in un articolo pubblicato da un sito di inchieste giornalistiche di Teramo, Le Banane.it: “Teramo è “immondizia”. I problemi della discarica La Torre sono inseriti in un probabile traffico di rifiuti dalle vicine regioni meridionali, la compartecipata pubblica, la Te.Am, ha il socio privato l’Enereambiente sotto il mirino della Procura con la politica che eserciterebbe la funzione di  controllore in maniera “apatica”. Si parla di Termovalorizzatori, anzi chiamiamoli se volete Inceneritori, di bioessicatori, di leasing,della nuova discarica di Grasciano due, di appalti dati con la leggerezza di un amministratore delegato, Faggiano, costretto alle dimissioni in maniera precipitosa e non per la condanna ad 1 anno e 4 mesi in un caso di favoreggiamento nella “tangentopoli brindisina”.

“Si parla della manutenzione dei mezzi Te.Am assegnata alla campana Oplonti, che in passato avrebbe avuto dei problemi con l’antimafia, gli stessi appalti che guarda caso sono stati appena tolti dai nuovi vertici della Te.Am, dei tanti soldi a pioggia di facoltosi privati nel settore edile e sempre la Enerambiente, sarebbe anche sotto indagine della Procura di Napoli, insieme alla Siet, per un appalto nel settore “Pulizie” di 25 milioni annui. La somma fa il totale, diceva Antonio De Curtis, e gli affari arrivano a toccare diverse centinaia di milioni di euro. Se ci aggiungiamo che in questi giorni Teramo è sotto assedio dei “piromani”, storicamente non esistono nella città aprutina simili episodi e che il primo incendio è scoppiato accanto all’inceneritore della Te.Am con ben sette inneschi ad effetto ritardato, il quadro della situazione diventa maleodorante. Un avvertimento? Una sfida? Un segnale? Una ritorsione? Il dubbio diviene tormento. La tormenta che sta per arrivare. Sarà un inverno rigido e lungo. Molto lungo” (Giovanni Falconi).

Enerambiente è una società del gruppo Cerroni, che controlla anche la Slia Spa (nome tutt’altro che sconosciuto ai brindisini). Proprio nei giorni della sentenza per la Tangentopoli, in Calabria c’era un’emergenza rifiuti, Come fu affrontata?  Ampliando a suon di milioni una discarica già esistente, gestita proprio dalla Slia, quella di Alli, Catanzaro: “E’ costata 28 miliardi delle vecchie lire. Doveva durare fino al 2018. Manca ancora un bel po’ all’appuntamento, e invece verrà raddoppiata quanto prima. E’ satura. Non ne può più. O se ne costruirà un’altra affianco. Altri 12 milioni di euro”, si legge in un articolo comparso su un altro sito internet, La Voce dell’Emergenza, che ha ripreso e pubblicato un servizio di Emilio Grimaldi (emiliogrimaldi.blogspot.com).

E’ un grosso affare, e Faggiano ne è tra i fautori, secondo l’articolo: “Il Comune di Catanzaro è compiaciuto per le royalty che vanno diritte diritte nelle sue tasche. La Regione è soddisfatta per il risultato acquisito. Ma nessuno grida allo scandalo per questi altri 12 milioni di euro di “surplus” sulle spalle dei cittadini calabresi. Anzi, la società, attraverso il suo amministratore delegato, Giovanni Faggiano, dice che ha dimostrato “capacità imprenditoriale” proponendo alla Regione l’ampliamento della discarica attualmente in uso. Così  si è espresso al Senato della Repubblica in sede di commissione permanente sull’indagine conoscitiva per le problematiche relative alla produzione e alla gestione dei rifiuti lo scorso 5 febbraio. Ci vuole capacità imprenditoriale per investire nei rifiuti in Calabria. Dovevano venire dalla lontana Venezia per dircelo”.

“Ebbene si. Dalla lontana Venezia. Avevamo bisogno proprio che qualcuno ce lo insegnasse. E chi se non uno dei figliocci di Manlio Cerroni? Si proprio del re della “monnezza” di Roma. Lui in persona. La Enerambiente è figlia del gruppo Cerroni Spa. Una holding che controllava la madre naturale della società della discarica di Alli, la Slia Spa, di cui faceva parte Stefano Gavioli, consigliere di amministrazione, divenuto poi presidente del Consiglio di amministrazione della neonata Enerambiente, giusto in tempo per vincere la gara d’appalto lungo il fiume Alli di Catanzaro nel lontano 2001. Ora il suo figlioccio ne ha fatta di strada, tanto che in Calabria ci ha piazzato le tende. Oltre a Catanzaro vuole conquistare anche la Provincia di Crotone, avendo proposto una discarica nuova di zecca a Rocca Bernarda per i “rifiuti non pericolosi”, guarda caso negli appezzamenti di terra, all’uopo acquistati dalla Enerambiente, di proprietà dei fratelli Daniele, Nicole ed Emilio, fratelli di un certo Vincenzo, consulente presso il Commissariato per l’emergenza ambientale”.

Giovanni Faggiano dunque è un manager navigato del ramo rifiuti. Come possa essere coinvolto nello scandalo scoppiato oggi in Abruzzo è tutto da vedere. Ma lui molto probabilmente sapeva di essere indagato. Infatti è questa la ragione per cui sarebbe stato allontanato da Enerambiente. Se ne parla in un articolo recentissimo a proposito del debito contratto dal Comune di Napoli con la stessa società di raccolta dei rifiuti.

«Se il Comune di Napoli - dice al collega Geremicca del Corriere del Mezzogiorno uno degli amministratori - non salda subito il debito di 13 milioni e mezzo nei nostri confronti, da giovedì non preleveremo più l’immondizia». Apre scenari preoccupanti Stefano Gavioli, presidente di Enerambiente, l’impresa che fino ad ora ha garantito la raccolta in città. Ieri ha pronunciato l’ultimatum direttamente al cospetto di Paolo Giacomelli, l’assessore all’Igiene Urbana, e dei vertici di Asia. La proposta di Palazzo San Giacomo – un anticipo di poco più di un milione e mezzo – non ha ammorbidito la posizione dell’azienda".

«Non posso continuare», si sfoga Gavioli, «perché sono un imprenditore, mica una banca che deve finanziare il Comune. Se non ricevo regolarmente quanto mi è dovuto, non sono in grado di saldare i debiti con i creditori e di liquidare lo stipendio ai 470 dipendenti che Enerambiente ha in città». La svolta, rivelano voci interne all’azienda, coincide con mutamenti degli equilibri in seno alla stessa. Giovanni Faggiano, l’ex amministratore delegato, al centro di una inchiesta della Procura di Teramo per presunti reati contro la pubblica amministrazione, è stato allontanato. Ridimensionato anche il ruolo di Corrado Cigliano, il referente partenopeo di Enerambiente, fratello dell’assessore provinciale della Pdl, Dario".

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