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Speciale San Pietro Vernotico

Corte d’Assise: 38 anni di carcere per i nipotini della Scu

SAN PIETRO VERNOTICO - Furono arrestati il 20 luglio di due anni fa, con l’accusa di aver messo a ferro e fuoco – letteralmente – la città di San Pietro Vernotico, il fuoco dell’intimidazione e della paura, la pubblica accusa aveva chiesto per loro la condanna a 34 anni di carcere, la corte d’assise di Lecce li ha condannati a 38 anni. Conto assai salato, comprensivo degli sconti di pena previsti per l’abbreviato: 20 anni per Alessandro Blasi detto “Big jim” (29 anni), considerato il capo del sodalizio criminale quasi tutto composto da under trenta; 10 anni per Mario Maglietta (33 anni) e otto per Davide Tafuro (22 anni).

SAN PIETRO VERNOTICO - Furono arrestati il 20 luglio di due anni fa, con l’accusa di aver messo a ferro e fuoco – letteralmente – la città di San Pietro Vernotico, il fuoco dell’intimidazione e della paura, la pubblica accusa aveva chiesto per loro la condanna a 34 anni di carcere, la corte d’assise di Lecce li ha condannati a 38 anni. Conto assai salato, comprensivo degli sconti di pena previsti per l’abbreviato: 20 anni per Alessandro Blasi detto “Big jim” (29 anni), considerato il capo del sodalizio criminale quasi tutto composto da under trenta; 10 anni per Mario Miglietta (33 anni) e otto per Davide Tafuro (22 anni).

La lista dei misfatti addebitati ai tre giovanissimi imputati è lunga. Bruciarono oltre trenta auto, pretesero il pizzo da tutti i commercianti, schedati uno ad uno nel libro paga dell’associazione, recapitarono al sindaco Giampietro Rollo due teste di coniglio mozzate il giorno dopo il vertice sulla legalità convocato nel municipio alla presenza del prefetto per volere del primo cittadino e di tutto il consiglio comunale. Tanto per rammentare chi era, che comandava veramente.

Nella requisitoria finale il pm Alberto Santacatterina aveva passato in rassegna i passaggi salienti della monumentale mole di intercettazioni telefoniche e ambientali captate dai carabinieri, ma anche la lucida testimonianza di Tafuro – convertito alla collaborazione con la giustizia - che aveva confermato l’esistenza, in quel di San Pietro, di una associazione governata dal capo in quinta Lucio Annis, reggente della città, affiancato dai luogotenenti di grado immediatamente inferiore Roberto Trenta, Alessandro Blasi e Fabrizio Annis.

Sono loro ad orchestrare il macabro rituale intimidatorio dei conigli. Tafuro e Crocifisso Geusa sono al diretto comando di Trenta che, a una voce col capo sampietrano, ordina di recapitare l’osceno cadeau al sindaco Giampietro Rollo e al consigliere Sergio Palma. “A quale scopo?”, chiese il pm Milto De Nozza a Tafuro, nel corso dell’interrogatorio in aula. “Non lo so”, ammise il ragazzino pentito per paura del carcere, relegato nell’ignoranza dei sottoposti. Ma un’idea, quella sì, se l’era concessa anche lui: “Lo facemmo il giorno dopo il consiglio con la sicurezza. E poi, Rollo troppe volte aveva parlato di lotta alla illegalità”. Tanto quanto basta a imbustare, letteralmente, un messaggio intimidatorio grondante di sangue. Giunto a destinazione chiaro e forte tanto quanto inutile, dato che Rollo non ha esitato a costituirsi parte civile.

“I conigli li abbiamo comprati a Squinzano, li abbiamo sgozzati e decapitati con del fil di ferro. Poi li abbiamo messi in due buste. Io e Geusa abbiamo avuto l’ordine di recapitarli al sindaco e al consigliere Rollo. Così abbiamo fatto”. Fra santini bruciati, formule sacramentali, sacrifici di animali e messaggi intimidatori,  il pubblico ministero ha passato in rassegna il San Pietro Vernotico horror show. La storia dei nipotini sampietrani della Scu, emuli del Capo dei capi, è stata ripercorsa a tappe, fino all’ultimo atto: le minacce al giovane pentito, subito dopo la deposizione in aula, da parte dei parenti degli imputati giunti in tribunale ad assistere al processo e, subito dopo, l’auto dello zio di Tafuro in fiamme. Se tanto basta, per chiamarsi Scu.

Questa mattina è arrivato il conto della giustizia per i nipotini della Sacra corona unita, emuli di Totò Riina, che conferma la solidità dell’impianto accusatorio imbastito a quattro mani dai pubblici ministeri Alberto Santacatterina e Milto De Nozza. I tre imputati sono stati condannati anche a risarcire le parti civili: 20mila euro per l’ex sindaco Giampietro Rollo e 10mila per l’associazione antiracket. “Una sentenza di condanna non è mai una festa per nessuno – ha dichiarato Rollo -, ma quello che è accaduto oggi deve essere un monito per tutti, un appello alla legalità per tutti i cittadini. Collaborare con la magistratura e le forze dell’ordine, che hanno fatto un lavoro esemplare, è importante. I risultati arrivano e ciascuno deve fare la propria parte per un mondo migliore”.

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