rotate-mobile
Giovedì, 25 Aprile 2024
Speciale

Dietro la scelta di morire l'isolamento delle richieste di aiuto non comprese

“ Se......Una miriade di dubbi che scalfiscono le nostre sicurezze e risveglia i nostri più profondi sensi di colpa davanti all'unica cosa certa che é la morte, giunta con una violenza tale da cristallizzare tutte le azioni, contaminando le più semplici emozioni e rendendoci incapaci di comprendere le motivazione dell'azione stessa. Chi si toglie la vita non lo fa perché vuole provare nuove emozioni o sfidare la reazione degli altri, no!".

" Ha avuto paura ed é fuggito? E se invece lo avesse fatto per vendetta? Ha voluto lasciare qualcuno a bocca asciutta? Soffriva troppo?". Alcune delle infinite domande legate ad un evento drammatico come il suicidio di una persona cara, un parente, un amico, un fratello, una sorella, un genitore, un figlio, lacrime, amarezza, risposte cercate e non trovate. Perchè? Lo abbiamo chiesto al dr. Giovanni Resmini - esperto in psicologia dinamica e clinica per l’infanzia, l’adolescenza e la famiglia-, che con grande sforzo intellettuale e umano, ha semplificato e sintetizzato per noi, una tematica molto complessa e delicata ed ha permesso di fornire un contributo alla comprensione di dinamiche che troppo spesso portano a gesti estremi.

“ Se......Una miriade di dubbi che scalfiscono le nostre sicurezze e risveglia i nostri più profondi sensi di colpa davanti all'unica cosa certa che é la morte, giunta con una violenza tale da cristallizzare tutte le azioni, contaminando le più semplici emozioni e rendendoci incapaci di comprendere le motivazione dell'azione stessa. Chi si toglie la vita non lo fa perché vuole provare nuove emozioni o sfidare la reazione degli altri, no! L’atto di togliersi la vita é l'epilogo di un insieme di situazioni che si sono avvitate su se stesse fino a precipitare in un baratro carico di un dolore sovrumano e insopportabile dove l'atto estremo del suicidio viene visto come la soluzione”.

“Quello stesso dolore, protagonista invisibile che emerge prepotente e investe tutti, proprio come uno tsunami, la famiglia, la scuola, il condominio, il vicinato, le periferie fino a varcare le città. Il dolore ha un colore invisibile e molto spesso si traveste e si insinua come un senso di nullità dentro l'animo del suicidario; un nemico invisibile dal quale ci si può difendere. Molto spesso chi si trova in questa terribile situazione manda messaggi indecifrabili e impercettibili agli amici, ai genitori, agli insegnanti e a tutti coloro con i quali si relaziona e quando non vi é una risposta a quella richiesta di aiuto, ecco che il desiderio di morire si cristallizza: lo stato psichico comincia a compromettersi, l' ansia, la tristezza profonda, l'irritabilità, l'aggressività, l'insonnia, il senso di sentirsi fallito e inutile sopraggiungono e cominciano a dominare; l'insinuarsi di un'immagine negativa di sè e l'incapacità di trovare soluzioni ai problemi costituiscono i disturbi che innescano un profondo bisogno di scomparire e molto spesso questo luogo sono l'uso di alcool, di tabacco o droghe”.

“Si sa, e le fredde statistiche ne sono la prova, che nella quasi totalità dei casi di suicidio, vi siano presenti chiari disturbi psichici, e che l'ambiente in cui si vive gioca un ruolo importante. Molto spesso si parla di ambiente compromesso in cui la depressione fa da padrona, l'impulsività é una tiranna, i disturbi psichiatrici sono la norma e la soluzione a tutto ciò sono l'alcolismo e la tossicodipendenza, il conforto più caro. Una situazione senza speranza, senza colori che porta rapidamente ad una idea o all'atto concreto di morte; atto orrendo, ma solutivo per superare e risolvere la propria condizione esistenziale di isolamento”.

“Nella sua dimensione collettiva, la morte per suicidio ha una risonanza emotiva devastante che produce nella stessa collettività il dramma vissuto dal suicidario in estrema solitudine, con la differenza che tutti insieme si stringono ‘a corte’ cercando di reagire alle offese emotive, leccandosi le ferite e giustificandosi nel ‘non sapevano’, ‘non immaginavano’. Il suicidio è, paradossalmente, il tentativo ‘ultimo"’di recuperare una modalità comunicativa perduta: sì, si 'fantastica' di togliersi la vita per poter ritrovare e riaffermare la propria identità umana e sociale, di recuperare quei valori ormai perduti; si fantastica di dare un senso alla propria vita con la morte, si fantastica..........sebbene in tutti gli atti suicidi vi è la negazione inconscia della morte, la persona che tenta il suicidio percepisce inconsciamente la morte come un evento risolutore di ogni problema, capace di soddisfare ogni bisogno”.

“Come un attore/regista che ha preparato tutto nei minimi particolari e che per attirare l'attenzione del pubblico, esce di scena.......... ‘Perché?’ ‘Ha voluto lasciare qualcuno a bocca asciutta? O ha avuto paura ed é fuggito? E se invece lo avesse fatto per vendetta?’ Sono solo delle ipotesi! Di fatto, avremmo preferito che ci avesse urlato in faccia il suo dolore, che ci avesse anche schiaffeggiato, preso a pugni. Ma il vuoto lasciatoci é un fatto concreto che ci pone molti interrogativi, le cui risposte spesso non arrivano immediatamente! Il tempo si sa é un grande guaritore, ma l'elaborazione é più efficace; la parola, il dialogo e il confronto. Noi siamo ‘gli altri’ e insieme potremmo dare risposte, anche errate, ma risposte e se non dovessimo riuscirci, sará necessario chiedere l'aiuto a qualcuno. ‘Ci vuole più forza nel piangere che nel non farlo......" (Giovanni Resmini)

 

 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Dietro la scelta di morire l'isolamento delle richieste di aiuto non comprese

BrindisiReport è in caricamento