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Sabato, 20 Aprile 2024
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Fotovoltaico, la fine degli incentivi fa la selezione. Qualcuno ci prova con carte false

BRINDISI – Uno spettro aleggia sul fotovoltaico in Puglia, e ci racconta come i problemi dello sviluppo degli impianti di Fonti energetiche rinnovabili (Fer) non siano quelli frettolosamente affastellati nei messaggi allarmistici. Se il punto di partenza assodato è che l’Italia ha bisogno di sviluppare le fonti alternative, la questione è allora quella della programmazione e dell’indirizzo (qualcosa comincia a vedersi, anche se con ritardo), e del rispetto delle regole e dei territori, e quindi anche dei controlli. BrindisiReport.it ha già proposto un primo servizio con una verifica sul campo, ora entriamo più a fondo nei meccanismi, partendo da un caso che va prendendo forma: quello della marea di sospette dichiarazioni di fine lavori piovuta sul tavolo del Gestore dei servizi elettrici (Gse) entro il 31 dicembre scorso, con provenienza Puglia.

BRINDISI – Uno spettro aleggia sul fotovoltaico in Puglia, e ci racconta come i problemi dello sviluppo degli impianti di Fonti energetiche rinnovabili (Fer) non siano quelli frettolosamente affastellati nei messaggi allarmistici. Se il punto di partenza assodato è che l’Italia ha bisogno di sviluppare le fonti alternative, la questione è allora quella della programmazione e dell’indirizzo (qualcosa comincia a vedersi, anche se con ritardo), e del rispetto delle regole e dei territori, e quindi anche dei controlli. BrindisiReport.it ha già proposto un primo servizio con una verifica sul campo, ora entriamo più a fondo nei meccanismi, partendo da un caso che va prendendo forma: quello della marea di sospette dichiarazioni di fine lavori piovuta sul tavolo del Gestore dei servizi elettrici (Gse) entro il 31 dicembre scorso, con provenienza Puglia.

Un flusso imponente, che trova una prima importante spiegazione nel fatto che il governo nazionale ha deciso di tagliare gli incentivi al settore, con la scusa che l’onere degli investimenti è stato abbassato dalla riduzione del costo dei pannelli, ormai tutti made in China, a differenza dei supporti, che sono monopolio della Germania. Alla fine del 2011 gli incentivi si saranno ridotti del 60 per cento, allora nessuno poteva rinunciare all’ultima infornata del 2010, ed ecco la corsa alla dichiarazione anche da parte di chi non ha completato gli impianti e non li ha allacciati alle cabine di connessione alla rete. Questo si dice nel mondo delle imprese che lavorano in questo mercato in fase di modificazione, e che sembra ormai fatto sempre più per chi di capitali ne ha di propri.

Dichiarazioni non veritiere - Allora i 10 gigawatt della Puglia di potenza installata, collegata e pronta a scaricare in rete sono una cifra vuota? In gran parte, secondo alcuni interlocutori. I progetti realizzati con la Dia in tutta la regione non supererebbero i 3,7 gigawatt già autorizzati e assistiti da mutui bancari. Cioè 3700 megawatt, mille in più della centrale di Cerano. Ma barare vuol dire, in questa fase, giocare alla roulette russa. Intanto perché i soldi che il Gse ha a disposizione per gli incentivi 2010 coprirebbero solo 4 gigawatt in tutta Italia, un errore di previsione che determinerà non pochi problemi. Quindi le carte truccate saranno viste, anche se dopo un lungo periodo di mancanza di controlli.

Secondo perché lo stesso Gestore dei servizi elettrici ha varato un progetto per dotare gli impianti di fonti rinnovabili (soprattutto fotovoltaici ed eolici), per ora cominciando con 5000 siti, di mini-stazioni di collegamento satellitare per inviare costantemente all’Authority per l’energia il dato della produzione giornaliera disponibile, che altrimenti per il Gse – che deve acquistare prima l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, poi l’altra – sarebbe imprevedibile nei quantitativi, dipendenti, come si sa, dalle condizioni meteo e non da una caldaia a carbone a gas.

La centralina per il metering satellitare è di fatto obbligatoria, chi la rifiuta non riceve incentivi e non vende in rete. Se il Gse ti sceglie, e tu non hai completato l’impianto come avevi certificato, sei tra l’incudine e il martello. Ma, sempre secondo operatori del settore, lo stesso Gse avrebbe in mente di avviare una campagna di rilevamenti satellitari sulle coordinate di ciascun impianto pronto o presunto tale. Se ciò corrisponde alle  intenzioni reali del gestore, lo si saprà presto.

Il tramonto della Dia - L’altro elemento di svolta, assieme al taglio degli incentivi, è la fine delle autorizzazioni tramite Dia, che non si può più richiedere (in seguito a dichiarazione di incostituzionalità). Ma già da ora molte Dia ottenute in passato, secondo gli osservatori diretti del mercato, non si potranno più fare perché l’Enel non sembra in grado di fornire una cabina a tutti (infatti nei contratti di allaccio c’è scritto “cabina a costruire”). Quindi chi dispone delle risorse necessarie, ne anticipa la costruzione, e se vuole fare un affare, dimensiona il progetto per fare allacciare anche altri impianti di diverse società, ma non certo gratis (anche se Enel il costo della cabina prima o poi lo rimborserà). Quindi i più deboli finanziariamente dovranno rinunciare.

Per comprendere ciò va esaminata la struttura della rete che agisce dietro un progetto fotovoltaico. Per prima c’è la società locale che acquista i terreni, presenta i progetti e chiede le autorizzazioni, e cerca l’investitore. L’investitore è quasi sempre un fondo pensioni o un fondo d’investimento estero (quasi mai italiano), che colloca nell’operazione il 20 per cento della somma necessaria, il resto lo chiede ad una banca. La banca a sua volta, prima di concedere il mutuo, valuta la massa degli incentivi che di fatto fungono da garanzia, ma anche chi sia il terzo soggetto in gioco, e cioè chi riceve dal fondo d’investimento l’appalto per la realizzazione dell’impianto, e che deve garantire la qualità del lavoro e la redditività dell’impianto  stesso. Solo dopo accorda il prestito. In questo gioco, in epoca di tagli agli incentivi, il troppo piccolo esce subito.

Le nuove regole del gioco – Ultimo tassello per capire perché il grande sprint del fotovoltaico si dovrebbe essere esaurito, per essere sostituito da una nuova fase, sono le normative in pectore. Già il nuovo regolamento della Regione Puglia ha praticamente escluso coste e collina della provincia di Brindisi dalla corsa, restringendo il perimetro delle convenienze ai territori di Brindisi e della fascia sud di quello provinciale, dove è molto meno facile incappare in vincoli. Ma è giunto in commissione alla Camera un provvedimento del governo che punta a solarizzare le città, spostando il campo d’azione delle imprese concedendo del il futuro la possibilità di realizzare a terra solo impianti da un megawatt.

Per riepilogare: non c’è più la Dia per i nuovi impianti, ma solo l’Autorizzazione unica regionale con i controlli conseguenti; gli incentivi si stanno spostando sul minimo; i prezzi dei terreni aumentano (nessun agricoltore chiede meno di 30mila euro ad ettaro). Tutto ciò lascia prevedere che dei circa 400 megawatt dei progetti con Dia che riguardano il solo agro del Comune di Brindisi, ne saranno realizzati forse la metà. I lavori impegneranno per mesi almeno 500 unità, il Comune di Brindisi dovrebbe incamerare 2-3 milioni di euro dall’Ici che i proprietari degli impianti dovranno versare, oltre ad una percentuale a megawatt prodotto.

Non si ha però notizia della finalizzazione di queste entrate, né si sta pensando a come utilizzare le aree asservite agli impianti (quelle lasciate libere per legge), che agli agricoltori ai quali sono state offerte in uso non interessano più, ma potrebbero interessare invece a cooperative disposte a coltivarle. Le imprese sarebbero pronte a concederle a titolo gratuito. Insomma, c’è anche l’altra faccia del fotovoltaico di cui si parla poco, e che andrebbe invece valutata ed esplorata, nello stesso modo in cui si sarebbero dovuti monitorare i progetti, a quanto pare, per governare la problematica fase di avvio della produzione di energia da fonti rinnovabili.

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