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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Riaffiora la lobby del gas

BRINDISI - Il 79 per cento dei lettori della rete che hanno partecipato al nostro sondaggio sullo sviluppo di Brindisi hanno indicato nel porto e nel turismo il futuro della città, solo il 15 per cento il rigassificatore della British Gas. E' solo una indicazione dal valore statistico relativo, ma da non sottovalutare.

BRINDISI - Il 79 per cento dei lettori della rete che hanno partecipato al nostro sondaggio sullo sviluppo di Brindisi hanno indicato nel porto e nel turismo il futuro della città, solo il 15 per cento il rigassificatore della British Gas. E' solo una indicazione dal valore statistico relativo, ma da non sottovalutare.

Continuano invece per la loro strada la British Gas e il governo Berlusconi, e il governo britannico attraverso la sua rappresentanza diplomatica in Italia, malgrado abbiano di fronte il no della Regione, del Comune e della Provincia di Brindisi sancito dalle assemblee elettive, che loro considerano carta straccia. Il 26 luglio presso l'Autorità portuale si riunirà la conferenza dei servizi per valutare il Rapporto integrato di sicurezza del porto.

Il nuovo presidente dell'Authority, Hercules Haralambides, ha già detto che il suo giudizio sul progetto del rigassificatore è positivo. Noi abbiamo molti dubbi sulla bozza predisposta da una società specializzata, al centro della valutazione, e ne abbiamo già parlato.

Ci sembra che in questa città tutto venga confezionato per agevolare British Gas, mettendo in secondo piano la volontà dei cittadini e degli enti locali, e non ravvisiamo in ciò alcun interesse strategico superiore del Paese, ma solo interessi commerciali privati, quelli di Bg. Sarebbe giusto che decidesse chi a Brindisi vive e continuerà a vivere, e non manager o funzionari di passaggio.

Pubblichiamo di seguito una nuova nota del fronte ambientalista brindisino sulla visita dell'ambasciatore inglese Christopher Prentice, ma anche una della Confartigianato che invece preme a favore della realizzazione dell'impianto sulla base di due presunte convenienze: quelle occupazionali e l'indotto.

Per quelle occupazionali ricordiamo che si tratta di soli 60 posti di lavoro diretti in cambio delle chiavi del porto da consegnare nelle mani di British Gas. La cantierizzazione impiegherebbe aliquote di forza lavoro che vanno obiettivamente quantificate, cui seguirebbe l'ondata della decantierizzazione con i problemi che Brindisi conosce bene. Ci sono alternative di vario genere a ciò, se si vuole davvero attrezzare il porto per una nuova stagione di sviluppo, e con posti di lavoro stabili.

E' troppo facile agganciare la soluzione dei propri problemi di politiche sindacali e industriali ad una operazione come quella per cui preme il governo inglese assieme ai suoi sostenitori nel governo italiano, più difficile affrontare nuovi percorsi, dei quali si parla tanto ma per i quali si continua a fare molto poco. E' una antica malattia di Brindisi e della sua classe politica, fatta eccezione per posizioni nuove che sono venute avanti negli ultimi anni.

La storia dell'indotto del freddo è una filastrocca senza costrutto. Chi ne parla deve intanto spiegare due cose: la prima è se ci sono e ci saranno capitali privati da investire per realizzare gli impianti e le fabbriche o i magazzini da collegare al sistema di recupero delle frigorie del rigassificatore, perchè la Brindisi Lng paga solo gli studi di massima sull'indotto, non la sua realizzazione; la seconda è quale tipo di agricoltura potrebbe utilizzare questo polo del freddo, visto che il settore utilizza per raggiungere i mercati (lontani) nè le nave nè il treno, ma il trasporto su gomma a breve distanza di tempo dalla raccolta, e che parliamo di poli produttivi che si trovano fuori dal Salento.

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Il documento del fronte ambientalista

"La pressione degli interessi inglesi per la realizzazione del rigassificatore a Capobianco si è manifestata, come avevamo previsto, al massimo livello di intensità in questo periodo estivo con la visita in Puglia dell’ambasciatore britannico Christopher Prentice e con la venuta a Brindisi del presidente della British Gas Italia Damiano Ratti. Si è trattato di interventi rivolti a ottenere l’attuazione del disegno, infausto per la nostra comunità, che a suo tempo fu oggetto di un accordo personale tra il presidente Berlusconi e il premier Tony Blair: un’intesa che mortificava gli interessi vitali del nostro territorio e prescindeva dalla legislazione vigente nel nostro Paese per assecondare culture e progetti di stampo colonialista.

Oggi dobbiamo registrare, con la visita dell’ambasciatore britannico, il rilancio di questa logica perversa ma siamo certi che la nostra Regione e le Amministrazioni locali sanno come agire per respingere su tutti i fronti l’indegna manovra. Rileviamo intanto che è risibile il tentativo di accreditare come «nuovo» il progetto rivolto alla realizzazione di un impianto estremamente pericoloso per l’incolumità dei cittadini, in aperto contrasto con i progetti politico-sociali degli Enti territoriali democratici, avversato dalla stragrande maggioranza della nostra popolazione e segnato nelle procedure autorizzative da comportamenti che hanno dato luogo ad accuse di illegalità, di abusi e di corruzione sfociate, dopo il sequestro penale tuttora efficace dell’area interessata e dopo numerosi arresti, in un processo per gravi reati attualmente in fase dibattimentale.

Nel corso di una intervista rilasciata a Brindisi, il presidente della British Gas Italia ha fatto, tra le altre, alcune dichiarazioni del seguente tenore: «il progetto ha recepito le istanze delle autorità locali la più importante delle quali è l’interramento dei serbatoi con una notevole diminuzione dell’impatto visivo»; il progetto resta a Capobianco perché occorre un porto, perché non possiamo «ripartire da zero» e perché lungo la costa comporterebbe «maggiori costi» e «un impatto all’ambiente molto pesante»; non abbiamo mai pensato di realizzare un impianto off-shore (in mare aperto) anche perché la localizzazione a terra «presenta dei vantaggi innegabili da un punto di vista logistico» e perché le metaniere hanno bisogno «di acque tranquille» per ragioni di sicurezza; «il progetto è nuovo, sono mutate le condizioni e abbiamo dato i chiarimenti a tutte le richieste»; quanto al processo penale «so quello che è accaduto, ma ora è tutto diverso, c’è gente nuova, ci sono procedure garantiste».

Siamo di fronte ad un monumento di affermazioni che travisano la realtà, che presentano vistose contraddizioni e che contengono significative ammissioni. Il progetto è sempre lo stesso perché l’interramento dei serbatoi, indicato da Ratti come la più importante innovazione, può ridurre solo (ed in misura trascurabile), come egli stesso dice, «l’impatto visivo» mentre nulla è cambiato per quanto attiene alla sicurezza dal momento che il rigassificatore dovrebbe sorgere a ridosso del centro abitato, nel porto ed in una zona a rischio di incidenti rilevanti per la presenza di numerosi impianti industriali pericolosi. Una situazione questa incredibilmente considerata da Ratti vantaggiosa per ragioni «logistiche».

Lo stesso amministratore delegato della British Gas dice che le metaniere per riversare il gas hanno bisogno di acque tranquille ai fini della sicurezza ammettendo così la pericolosità di quelle operazioni. Afferma poi che la sua società ha fornito «tutti i chiarimenti richiesti» implicitamente riconoscendo che le innovazioni di cui parla sono in sostanza dei semplici chiarimenti a sostegno dell’originario progetto e che la società non ha dato neppure puntuale esecuzione alle numerose prescrizioni benevolmente dettate dalla Commissione Ministeriale VIA il cui contenuto, in alcuni casi avversato dalla Brindisi Lng con ricorsi alla Giustizia Amministrativa, avrebbe dovuto indurre la Commissione medesima ad esprimere coerentemente un parere di incompatibilità ambientale. Significative sono inoltre le dichiarazioni del Ratti quando esclude che la sua società possa farsi carico di «ripartire da zero», di affrontare «maggiori costi» e di pensare ad un impianto off-shore ma non manifesta alcuna preoccupazione per i pericoli e i danni che il rigassificatore procurerebbe alla comunità brindisina dopo avere peraltro riconosciuto che tale impianto comporterebbe sulle nostre coste un «impatto sull’ambiente molto pesante».

Ammette infine la gravità degli abusi che hanno dato luogo al noto e grave processo penale quando afferma: «so quello che è accaduto ma ora è tutto diverso». Anche noi sappiamo quanto è «accaduto» e sappiamo inoltre come quell’«accaduto» pesi come un terribile minaccia su Brindisi per quanto sta avvenendo e per quanto può avvenire nei prossimi mesi. Ed è per questo che rivolgiamo un appello alla politica e a tutte le espressioni di cittadinanza attiva perché seguano con la massima attenzione gli sviluppi della tortuosa vicenda e perché diano adeguate e ferme risposte all’offensiva propagandistica della British Gas. Per parte nostra, promuoveremo tutte le necessarie iniziative di intervento e di protesta e richiameremo anche, come abbiamo fatto in passato, l’attenzione delle competenti autorità sull’esigenza che vengano operate le opportune verifiche rivolte ad accertare se ai vecchi abusi si siano aggiunte o rischino di aggiungersi nuove illegalità".

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Il documento di Confartigianato

"La città di Brindisi non è nelle condizioni di rifiutare qualsiasi ipotesi di nuovi investimenti per posizioni preconcette assunte senza i necessari approfondimenti. Il rigassificatore rappresenta un caso emblematico, perché c’è chi fino ad oggi ha impedito anche un confronto sereno con la controparte aziendale. Una esigenza, quella del dialogo, che adesso è ancora più avvertita visto che dopo il pronunciamento della Commissione VIA il progetto per la realizzazione dell’impianto è stato radicalmente modificato.

Ci sono risposte importanti alle richieste del territorio, a partire dall’altezza dimezzata dei serbatoi, con un impatto visivo ben più contenuto. A ciò va aggiunto che non esistono rischi di inquinamento ambientale e che i ritorni in termini economici ed occupazionali sarebbero notevoli per Brindisi, anche alla luce della creazione di un distretto del freddo capace di utilizzare la gran quantità di frigorie prodotte dallo stesso rigassificatore.

Per questo motivo chiediamo che si apra un fase di confronto sereno, che veda coinvolte le istituzioni locali, le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali. Il tutto, anche in vista dell’ormai scontata convocazione della conferenza di servizi durante la quale ogni soggetto interessato dovrà esprimere un parere definitivo che non può essere macchiato da atteggiamenti e comportamenti preconcetti".

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