rotate-mobile
Martedì, 23 Aprile 2024
energia

La sicurezza portuale e l'ambasciatore

BRINDISI – Arriva oggi in visita, sia pure fugace, l’ambasciatore inglese Christopher Prentice, e il fronte del no al rigassificatore pensa che gli incontri brindisini programmati dal numero uno della diplomazia britannica in Italia (nell’ordine, dalle 11, il presidente della Provincia, Massimo Ferrarese, poi il prefetto Nicola Prete quindi il vicesindaco Massimo D’Attis al Comune) non siano solo legati all’esigenza di conoscere nel dettaglio la Puglia e chi l’amministra.

BRINDISI – Arriva oggi in visita, sia pure fugace, l’ambasciatore inglese Christopher Prentice, e il fronte del no al rigassificatore pensa che gli incontri brindisini programmati dal numero uno della diplomazia britannica in Italia (nell’ordine, dalle 11, il presidente della Provincia, Massimo Ferrarese, poi il prefetto Nicola Prete quindi il vicesindaco Massimo D’Attis al Comune) non siano solo legati all’esigenza di conoscere nel dettaglio la Puglia e chi l’amministra.

A Brindisi uno dei massimi gruppi energetici mondiali, British Gas, ha in sospeso un progetto strategico, quello appunto del rigassificatore di Capo Bianco, e forse l’ambasciatore – come pensano gli oppositori dell’operazione – due parole sull’esigenza di non fare sbarramenti a oltranza la potrebbe spendere. Bg infatti non ha terminal nel Mediterraneo per immettere il suo Gnl nella rete dei metanodotti europei. Insomma, un’esigenza prioritaria dal punto di vista commerciale.

Per puro caso, la visita avviene a non molti giorni da una conferenza dei servizi che potrebbe avere riflessi importanti sul progetto del rigassificatore affidato alla controllata Brindisi Lng. Non si tratta ancora di quella di Roma, dove i governi territoriali e gli altri attori dovranno esprimere per l’ultima volta parere riguardo l’impianto ( e sino ad oggi Regione, Comune e Provincia sono per il no), ma di quella per l’adozione del Rapporto integrato di sicurezza portuale, uno strumento previsto dal decreto 293 del 16 maggio 2001, del ministro dell’Ambiente.

Sino ad oggi Brindisi, pur rientrando ampiamente – malgrado i dubbi delle varie gestioni dell’Autorità portuale sin quei succedutasi, esclusa quella appena insediata – nella categoria dei porti dove si sbarcano e imbarcano merci pericolose, non ne ha mai avuto uno. Eppure il traffico di prodotti chimici liquidi e gassosi è notevole, e si va dall’etilene, al butadiene, al propilene e al polipropilene, al Gpl (nella zona industriale c’è il più grande deposito d’Italia di gas propano, e le gasiere attraccano a poche centinaia di metri dalle navi passeggeri).

Adesso il problema non è più rinviabile. E il 26 luglio tutti i soggetti attivi nel porto più quelli preposti alla sicurezza, siederanno attorno al tavolo tecnico convocato dall’Autorità portuale, che intanto ha fatto preparare il piano alla Eidos Srl di Cavenago d’Adda. Invitate anche Legambiente e Italia Nostra. Convitato di pietra, il progetto del rigassificatore, la variabile scomoda  – pensano gli ambientalisti ma non solo – che già da prima dell’entrata in vigore del decreto 293 del 16 maggio 2001 che ha sparigliato i già complessi equilibri di sicurezza del porto di Brindisi.

Il paradosso dei paradossi, per il fronte del no al rigassificatore, è che per quello di Rovigo, che si trova su una piattaforma a 15 chilometri dalla costa, il transito del traffico marittimo è interdetto in un raggio di 2 chilometri, e l’ancoraggio e le altre attività sono vietate nel raggio di 1,5 miglia nautiche. La simulazione degli ambientalisti dell’applicazione delle stesse prescrizioni dell’IMO (International Maritime Organization) da parte della Capitaneria di Chioggia, dice che l’intero porto sarebbe off-limits, assieme all’intera zona industriale. E allora, di cosa deve discutere la conferenza dei servizi del 26 luglio?

Sembra, da ciò che si conosce della bozza di Rapporto integrato di sicurezza del porto, che una buona parte di condizioni di rischio sarebbe stata esclusa non sulla base di una analisi obiettiva, ma su quella del principale cliente interessato al piano, Brindisi Lng. Un boccone francamente troppo indigesto per molti, e non i soli ambientalisti. Insomma: il sito lo ha scelto British Gas, e non ha intenzione di cambiare idea: il metodo originario di approccio agli enti locali è stato quello attualmente oggetto di un processo per corruzione, falso e occupazione abusiva di area demaniale marittima – ricorda il fronte del no – sfociato in arresti e nel sequestro, che permane, dell’area del cantiere sin dal febbraio 2007.

L’impatto sul traffico del porto comunque c’è, e lo dice la stessa bozza del rapporto: si consiglia infatti che altre navi si trovino a meno di 0,5 miglia da navi gasiere in movimento, e parallelamente è necessario vietare movimenti navi a est del pontile Enel (cioè nel porto esterno) quando la gasiera è già a un miglio dall’imboccatura del porto. La previsione di traffico è di 100 gasiere di Gnl l’anno, quindi una ogni tre giorni almeno.

Appare lacunoso che nel considerare gli incidenti avvenuti nel porto di Brindisi lo studio abbia considerato solo i fatti avvenuti tra il 2006 e il 2009, e non quelli precedenti: negli anni Ottanta infatti vi fu l’incendio della gasiera Val Rosandra al molo Enichem, miracolosamente estratta dal porto mentre era in fiamme dai rimorchiatori, a prezzo di gravi rischi (continuò a bruciare per due mesi al largo di Brindisi prima di essere affondata).

In una delle schede, quella sulle aziende a rilevante rischio di incidente industriale, viene preso in considerazione il Nof del 2002, dichiarato superato dalla stessa Commissione Via del Ministero dell’Ambiente che ne consigliava l’aggiornamento; si afferma che tutte le prescrizioni imposte dalla Commissione Via siano state accolte nelle modifiche apportate al progetto da Brindisi Lng (e il ricorso al Tar?).

“ Sebbene il Terminale Brindisi LNG non sia ancora stato realizzato, nel presente Rapporto di sicurezza ai sensi del D.M. 16.05.2001 n. 293 si è ritenuto opportuno presentare anche i rischi connessi al futuro rigassificatore, in accordo – questo passaggio ha fatto sobbalzare gli ambientalisti - a quanto riportato nel Rapporto Preliminare di Sicurezza (Fase NOF) di Brindisi Lng Ed.2011, per una valutazione dei rischi integrati d’aria anche sulla base degli sviluppi delle attività in ambito portuale in corso di pianificazione”. Cioè, il riferimento è lo studio di parte dell’azienda inglese.

E quest’altro passaggio non è da meno: “L’analisi condotta da Brindisi Lng in sede di istruttoria tecnica per il rilascio del Nof, mediante la consultazione della documentazione a corredo del Piano di emergenza esterno e con riferimento alle informazioni fornite da Polimeri Europa (Rapporto di Sicurezza Ed. 2005), ha consentito di concludere che eventuali eventi incidentali derivanti dagli impianti esterni al Terminale non provocheranno effetti domino su impianti/strutture del terminale stesso”. Lo dicono sempre le aziende interessate, e sono made in Brindisi Lng anche gli scenari di eventuali incidenti.

La domanda finale è: Brindisi ha diritto oppure no ad una analisi dei rischi industriali e portuali indipendentemente da ciò che le aziende interessate sostengono? Lo chiederanno le associazioni ambientaliste il 26 luglio all’Autorità Portuale e agli altri soggetti convocati.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

La sicurezza portuale e l'ambasciatore

BrindisiReport è in caricamento