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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Vita indipendente per i disabili, la legge pilota di un'avvocato da riproporre in Puglia

“Vita indipendente non significa che non abbiamo bisogno di nessuno, ma che vogliamo esercitare il medesimo controllo e fare le medesime scelte nella vita di tutti i giorni che i nostri fratelli e sorelle non disabili, vicini ed amici danno per scontati. Vogliamo crescere nelle nostre famiglie, andare nelle scuole della nostra zona, usare lo stesso bus, fare lavori che siano in linea con la nostra educazione e le nostre capacità. Di più, proprio come tutti, abbiamo bisogno di farci carico della nostra vita, pensare e parlare per noi”. La parole di Domenico Costantino, presidente del Movimento “Vita Indipendente” hanno il suono di un manifesto programmatico, di una sfida ideale, di una nobile intenzione. Di quelle assai nobili e poco concrete, per intendersi, di fronte alle quali i realisti più realisti del re, fanno spallucce, che ci vuole pragmatismo nella vita, altroché.

“Vita indipendente non significa che non abbiamo bisogno di nessuno, ma che vogliamo esercitare il medesimo controllo e fare le medesime scelte nella vita di tutti i giorni che i nostri fratelli e sorelle non disabili, vicini ed amici danno per scontati. Vogliamo crescere nelle nostre famiglie, andare nelle scuole della nostra zona, usare lo stesso bus, fare lavori che siano in linea con la nostra educazione e le nostre capacità. Di più, proprio come tutti, abbiamo bisogno di farci carico della nostra vita, pensare e parlare per noi”. La parole di Domenico Costantino, presidente del Movimento “Vita Indipendente” hanno il suono di un manifesto programmatico,  di una sfida ideale, di una nobile intenzione. Di quelle assai nobili e poco concrete, per intendersi, di fronte alle quali i realisti più realisti del re, fanno spallucce, che ci vuole pragmatismo nella vita, altroché.

E invece no. La Regione Molise ha tradotto l’idealità in concretezza, il progetto in legge, l’astrazione del sogno in pratica quotidiana. Un esempio da esportare, globalizzando - una tantum - le buone idee. Come la legge regionale licenziata il 9 novembre, che rivoluziona gli assunti che hanno disciplinato fino a questo momento il rapporto fra Stato sociale e persone diversamente abili. La normativa in questione, elaborata in punta di diritto dall’avvocato Maria Cariello – che frequenta spesso una casa di vacanza nei pressi di Torre Guaceto -  rovescia i ruoli, e le persone diversamente abili smettono d’essere oggetto di decisioni unilaterali da parte degli enti, ma soggetto attivo di programmi di sostegno elaborati dal  disabile stesso. La parola d’ordine è “assistenza personale autogestita”, terza via fra l’assistenza completamente demandata alla famiglia, e servizi calati dall’alto, senza tenere conto dei bisogni peculiari della persona.

Nello specifico, la legge molisana elaborata su proposta del Movi, prevede che il disabile dai 18 ai 65 anni in situazione di gravità, diventi datore di lavoro di un assistente scelto in base alle esigenze peculiari, per realizzare un piano di assistenza personalizzato, elaborato insomma in base ai bisogni specifici della persona stessa: la rivoluzione sta nel fatto che è il disabile, l’autore di quel piano. L’assunto insomma, tanto semplice da suonare banale, è che nessuno meglio di se stesso sia in grado di valutare i propri bisogni.  Presupposto tanto scontato quanto del tutto ignorato dall’attuale apparato normativo, che traduce un sentire comune, una percezione asimmetrica del rapporto fra presunta normalità e disabilità. La legge molisana è concepita a partire da uno sguardo orizzontale, autenticamente democratico. Se è vero come è vero che si parla di autodeterminazione, parola d’ordine di movimenti e istanze di pacificazione planetaria.

Il medium fra la persona diversamente abile e l’ente erogatore dei fondi necessari alla realizzazione del piano, sono individuati negli Ambiti territoriali. In seno all’ambito una equipe multidisciplinare con competenze nell’area medica , psicologica, sociale ed educativa, valuta i progetti  secondo le disposizioni presenti  nel regolamento di attuazione della legge. L’altra piccola grande rivoluzione è che nella individuazione di obiettivi, metodi e interventi il soggetto con disabilità è parte integrante dell'équipe di valutazione.

“L’intervento è diretto a persone con capacità di autodeterminazione ed univoca determinazione di gestire in modo autonomo la propria esistenza,  consapevoli che l’assunzione di assistenti personali, individuati e formati direttamente, li vede impegnati nel ruolo di datori di lavoro con tutti i diritti e doveri che ne conseguono”, si legge in una nota di presentazione al progetto della Regione Molise, che prosegue “Pertanto devono manifestare una chiara volontà di sperimentare e vivere il percorso di Vita indipendente. Qualora nell’elaborazione di un progetto emerga un’incapacità di gestione della persona beneficiaria, l’Equipe esprimerà parere negativo, proponendo l’utilizzo dei servizi gestiti in forma diretta (quelli attuali)”. Chiaro, semplice, rivoluzionario. Peccato che, prima d’ora, nessuno aveva avuto la forza di tradurre assunti tanto elementari in forza di legge. E per giunta, legge bipartisan, sottoscritta all’unanimità da tutto il consiglio regionale del Molise. Ne abbiamo parlato con l’autrice, l’avvocato Maria Cariello.

Avvocato Cariello, con questa legge, cosa cambia nella quotidianità della persona diversamente abile, rispetto a oggi?

Guardi, voglio risponderle con un esempio concreto. Nel sistema attualmente vigente nella maggior parte delle regioni, la famiglia della persona con disabilità grave fa richiesta di assistenza al Comune, che manda al domicilio indicato l’assistente di turno scelto per mezzo di una cooperativa deputata al servizio. E’ l’ente, insomma, che decide quando e in che modalità offrire questa assistenza. Se non va bene, o rinunci al servizio oppure ti adegui, ti trovi insomma ad essere destinatario di decisioni unilaterali. Con la legge appena approvata dalla Regione Molise, io disabile non sono più oggetto ma soggetto al quale viene riconosciuto, di fatto, il diritto alla autodeterminazione. Il disabile presenta un piano personalizzato di assistenza, che sarà diverso per chi vive con famigliari in grado di prestargli almeno in parte le cure necessarie, da quello di chi vive con genitori o parenti bisognosi a loro volta di cure, anziani, per esempio. Non solo. E’ il disabile che sceglie l’assistente, le ore del giorno e della settimana in cui ho bisogno che sia presente. E dato che è sempre il disabile l’unico soggetto in grado di valutare la prestazione dell’assistente, decidere al limite di “licenziarla”. Faccio, naturalmente, un esempio limite, ma assai concreto.

Straordinario, già. Ma chi paga?

La legge prevede che sia istituito un fondo regionale precisamente destinato agli interventi per la vita indipendente, l’ammontare di quel fondo dipende da due variabili: dall’investimento politico sul progetto, e dal volume delle risorse destinate alle singole regioni dal “Fondo nazionale per la non autosufficienza”, che per l’appunto è stato ridotto a zero euro per il 2011. La Regione Molise ha deciso, malgrado tutto, che era importante finanziare l’intervento. Ci ha creduto il governo regionale presieduto dal governatore Michele Iorio. E il progetto si è tradotto in legge dopo un lunghissimo lavoro, a partire dalla proposta presentata alle assise dal consigliere Antonio Chieffo del Pdl, sottoscritto da tutto, dico tutto il consiglio regionale. Il presidente della commissione Affari sociali, il consigliere dell’Udeur, Vincenzo Niro, ha seguito l’istruttoria. L’approvazione finale è stata, anche quella, all’unanimità.

Percorso tutto in discesa, nessuna resistenza?

Le difficoltà nell’approvazione di una legge di questa natura sono le resistenze del mondo politico-istituzionale, che nel terzo settore trovano un bacino clientelare straordinario. Il Molise è riuscito a superarle.

Una legge concepita per essere esportata. Per esempio in Puglia, Regione pioniera in ambito di politiche sociali.

L’assessore Elena Gentile conosce la legge. Il Movi, al fianco del Sindacato famiglie diversamente abili di Sannicandro Garganico e dell’associazione Superamento handicap di Cerignola ha portato il testo all’attenzione dell’assessore nel luglio scorso. Speriamo che la legge sia oggetto di riflessione da parte dell’esecutivo pugliese. Aggiungo che esiste anche un progetto di legge nazionale sulla vita indipendente, che giace intonso da due anni.

Posso farle una domanda personale?

Dica.

Il progetto di tradurre in legge la cosiddetta “vita indipendente” nasce per lei da qualche esperienza diretta con la disabilità?

Non proprio. Come spesso accade, tutto è nato quasi per caso, dalla mia vicinanza al Movimento per la vita indipendente di Termoli. Ho conosciuto Domenico Costantino, il presidente, mi ha raccontato e mi sono appassionata. Ho imparato che la disabilità può chiamarci in qualsiasi momento. Un incidente. Una malattia. E allora è necessario una sorta di exit strategy, per uscire dalla segregazione, dalla esclusione sociale, dalla reclusione domestica, in nome della libertà della persona. Se io insegno l’indipendenza ad una persona diversamente abile, libererò le sue potenzialità ma anche quelle della sua famiglia. E’ un’azione liberatoria in una doppia ottica dunque: libera il disabile dalla famiglia e la famiglia dal disabile, nel senso più nobile del termine.  Nel lungo periodo, è un recupero di risorse per la società intera.

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