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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Così il Pd arrivò alla Grande Svolta Riformista del 20 aprile 2013

Un deputato propose di votare Rodotà, la Finocchiaro lo zittì: «È di sinistra!». Qualcuno propose una donna, la Finocchiaro intervenne: «E mica siamo il partito del cambiamento!». Poi giunse la telefonata di Gianni Letta, e il Pd scelse il suo candidato.

Che il dramma stesse ormai per consumarsi, apparve chiaro fin dal pomeriggio di giovedì 18 aprile, quando un gatto nero attraversò la strada a Pierluigi Bersani, e il gatto si grattò le palle. Per Elisa Mariano, che continuava ostinatamente a credere di essere stata eletta da un grande partito, fu il primo segnale, ma non ci fece molto caso. La giovane deputata girò l’angolo di e vide uscire da un bar, con l’aria comprensibilmente felice, Berlusconi e D’Alema. Ma non ci fece molto caso, perché ancora pensava di essere stata eletta in un grande partito di sinistra.

Entrò nel palazzo ove erano radunati tutti i parlamentari e i grandi elettori del PD. Il salone era stato diviso in compartimenti stagni, per evitare che si potesse formare un partito unitario: i Dalemiani stavano in un angolo, i Prodiani nell’altro, e poi c’erano quelli che facevano un po’ di qua e un po’ di là. Salvatore Tomaselli sostava dubbioso dinanzi all’ingresso. «Che fai, non entri?», chiese Elisa Mariano. E Tomaselli quasi scoppiò in lacrime: «I miei amici mi prendevano per culo perché sono interista, ora mi sfottono pure perché sono del PD. Non so quanto ancora potrò resistere...».

La riunione iniziò. Un deputato peones, alla sua prima esperienza, trovò il coraggio di gridare a squarciagola: «Perché ci ostiniamo a proporre i dinosauri? Perché Marini, poi Prodi, domani D’Alema o Amato? Perché non proporre un nome nuovo, che possa andar bene a Grillo e Vendola?». Bersani lo guardò in modo strano, come a dire: «Ma come abbiamo fatto ad eleggere uno così intelligente?». Poi la security buttò fuori il deputato-coraggioso, perché era entrato nel salone sbagliato.

Una senatrice provò allora a fare qualche proposta: «Rodotà, la Ganaelli, la Bonino, la Cancellieri, la Severino... perché no?». Intervenne la Finocchiaro: «Perché qualcuno di loro è di sinistra!».

«Allora eleggiamo una donna!», osò rispondere l’infiltrata. E la Finocchiaro, dall’alto della sua esperienza, la zittì: «Guarda che siamo il PD, mica il partito del cambiamento».

Si alzò Enrico Letta, e mise in vivavoce zio Gianni che lo aveva appena chiamato al telefono: «Silvio ha detto di votare Napolitano». Lì per lì si misero tutti a ridere, poi Bersani mise in vivavoce un certo Massimo: «Avrei pensato di riesumare Napolitano, così per qualche mese, poi ci riproviamo». Qualcuno pensò: «Qui siamo completamente rincoglioniti», ma nessuno ebbe il coraggio di aprire bocca.

Nessuno, tranne un altro deputato peones, anch’egli alla sua prima esperienza, peraltro sospettato di essere renziano, quindi peggio del mostro di Firenze. Con l’innocenza di un bambino pose un quesito: «Scusate, ma da quando il PD fa quello che dice Berlusconi?».

Bersani, affranto, trovò un filo di voce per rispondere, vergognandosi di quel che stava per dire: «Da 20 anni, solo da 20 anni. Ma forse questa sarà l’ultima volta».

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