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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Il nuovo consiglio, Batman e Robin e i diciassettemila di Multiservizi

Il nuovo consiglio comunale di Brindisi è meglio di una sit-com con Jim Belushi. E mentre qualcuno dei colleghi spiega al presidente dell’assemblea Luciano Loiacono cos’è un consiglio comunale e chi è Jim Belushi, i lavori cominciano. Giampiero Pennetta, la più vecchia delle vecchie volpi in aula, fiuta l’affare e piazza un botteghino accanto ai banchi della sinistra: con soli 5 euro quelli di destra possono provare il brivido di occupare un posto dove tanti anni fa avevano poggiato le chiappe quelli del Pci. L’unico che non ci casca è Mauro D’Attis: “Provinciali. Io questo gioco lo faccio solo a Bruxelles”. Abboccano invece quelli dell’Udc e di Noi Centro. Qualcuno però è titubante: gli hanno raccontato che Giovanni Brigante mozzica. “Vai tranquillo – lo rassicura Pennetta – non può entrare senza museruola”. Ma dall’esterno arrivano latrati furiosi e urla di dolore. Brigante è arrivato, e la museruola non ce l’ha: il sindaco ci rimette i pantaloni buoni.

Il nuovo consiglio comunale di Brindisi è meglio di una sit-com con Jim Belushi. E mentre qualcuno dei colleghi spiega al presidente dell’assemblea Luciano Loiacono cos’è un consiglio comunale e chi è Jim Belushi, i lavori cominciano. Giampiero Pennetta, la più vecchia delle vecchie volpi in aula, fiuta l’affare e piazza un botteghino accanto ai banchi della sinistra: con soli 5 euro quelli di destra possono provare il brivido di occupare un posto dove tanti anni fa avevano poggiato le chiappe quelli del Pci. L’unico che non ci casca è Mauro D’Attis: “Provinciali. Io questo gioco lo faccio solo a Bruxelles”. Abboccano invece quelli dell’Udc e di Noi Centro. Qualcuno però è titubante: gli hanno raccontato che Giovanni Brigante mozzica. “Vai tranquillo – lo rassicura Pennetta – non può entrare senza museruola”. Ma dall’esterno arrivano latrati furiosi e urla di dolore. Brigante è arrivato, e la museruola non ce l’ha: il sindaco ci rimette i pantaloni buoni.

Si comincia con la designazione dei capigruppo.  Al presidente Loiacono arrivano una marea di pizzini, lui li legge tutti. Anche quello della moglie del sindaco: “Mimmo, a che ora calo la pasta stasera?”. Quando il segretario generale gli bisbiglia di aprire la seduta, Loiacono si imparpaglia: lui sapeva che le sedute si siedono, e non si aprono. Va in crisi, chiamano uno psicoterapeuta: “Guardami negli occhi e ripeti con me: io sono il presidente, io sono il presidente…”. Approfitta del momento di crisi Antonio Monetti, per strisciare non visto sino alla poltrona più alta del consiglio. Gli hanno detto che mozzica pure Brigante piccolo, Salvatore, che in quel momento sta ancora masticando un cartello strappato ai No Carbone, e Monetti cerca di passargli il più lontano possibile. Incontra la vice sindaca, che ha la mano posata sul cuore da 47 minuti: “Signora, si sente bene?”. “Certo, ma quando finisce l’inno nazionale?”. Monetti fa un cenno allo psicoterapeuta che lascia in tromba Loiacono e passa alla nuova paziente: “Guardami negli occhi: tu sei la Madonna, tu sei la Madonna…”.

La folta truppa di No Carbone e di Mille di (corso) Garibaldi posa a terra cartelli, temperini e tagliaunghie. Si guardano in faccia e scuotono la testa: “Ragazzi, a casa. Tanto questi sono già andati. Inutile infierire”. Ma il più oltranzista non rinuncia all’ultima invettiva: “Leggiti il Tuel”, grida a Loiacono. Il presidente viene colto dal panico: chiamano l’insegnante di sostegno.  “Caro, non preoccuparti. E’ solo il Testo unico degli enti locali. Lo studieremo insieme, sono appena 9743 pagine”. Loiacono allora compie un gesto disperato: si cosparge di mostarda e si offre a Giovanni Brigante sperando di essere sbranato, ma quello si è già magnato uno dell’Udc e non se ne è accorto nessuno. Il suo ruttino passa inosservato. Loiacono piange sulla spalla di Giampiero Pennetta, e gli sporca la camicia di mostarda. “Non mi vuole nessuno”, singhiozza il reietto. “Prova con Ferrarese”, gli consiglia Siccardi, “guarda me. Ho nove anni di meno”.

Intanto in un banco defilato a destra, accanto al parterre del pubblico, tali D’Onofrio e Manfreda, che si sono appena dichiarati mine vaganti, stanno confabulando per decidere che nome appiopparsi: “Batman e Robin?”. “Noo, troppo scontato”. “Allora che ne diresti di Thelma e Louise?”. “Ma vafangulo”. “Ok, Ficarra e Picone”. “Allora tanto vale Stanlio e Ollio”. “Senti, restiamo terra terra, facciamo Chichì e Cocò e non se ne parli più”. “Approvato, e mo sono cavoli di Consales!”.

“Basta, passiamo alle cose serie”, sollecita il sindaco, e tira fuori 300 pagine di linee programmatiche, sperando che tutti scappino e la seduta vada deserta: infatti solo le prime cinque contengono testo, le altre sono bianche. E’ un bluff, e non riesce. Allora il sindaco cambia discorso e squaderna una serie di dati shock per polarizzare l’attenzione. “Sapete quanti dipendenti ha la Multiservizi? No? Ragazzi, sono diciassettemila, dei quali solo 20 lavorano, 25 sorvegliano questi venti e gli altri sono tutti in malattia. In città non c’è più un modulo per certificare i giorni di assenza per infortunio, febbre, peste, colera, indigestione, passatella. Pensate che abbiamo ricevuto certificazioni scritte sul retro della Gazzetta dello Sport!”. Uno dei consiglieri sbotta: “Cacchio, glielo avevo detto a quello scemo di mio cugino di stare attento”, poi si rende conto della gaffe e arrossisce. Molti altri fischiettano indifferenti. Ahò, i voti sono voti. Non a caso un certo Enzo Albano che da due anni chiedeva le carte di Multiservizi stavolta è stato trombato. Chi tocca il verde pubblico muore. Alla prossima seduta.

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