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Sabato, 20 Aprile 2024
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Obesità, scoperto il difetto genetico

WASHINGTON - Avere sempre fame, a ogni ora del giorno, indipendentemente da quando e quanto si mangia. Un indominabile bisogno di cibo che sfocia in una grave forma di obesità, impossibile da controllare con le comuni terapie contro il sovrappeso patologico. Il motivo l'hanno scoperto i ricercatori americani del Georgetown University Medical Center, che in uno studio pubblicato oggi online su 'Nature Medicine’, hanno identificato nei topi i meccanismi attraverso i quali la mutazione di un singolo gene (il Bdnf) riesce a mandare in tilt la centrale di controllo dell'appetito.

WASHINGTON - Avere sempre fame, a ogni ora del giorno, indipendentemente da quando e quanto si mangia. Un indominabile bisogno di cibo che sfocia in una grave forma di obesità, impossibile da controllare con le comuni terapie contro il sovrappeso patologico. Il motivo l'hanno scoperto i ricercatori americani del Georgetown University Medical Center, che in uno studio pubblicato oggi online su 'Nature Medicine’, hanno identificato nei topi i meccanismi attraverso i quali la mutazione di un singolo gene (il Bdnf) riesce a mandare in tilt la centrale di controllo dell'appetito.

In sintesi, a causa di questo difetto nel Dna salta il circuito che in un organismo sano alterna le sensazioni di fame e sazietà. In presenza della mutazione, infatti, i neuroni diventano incapaci di trasportare nell'area giusta del cervello (che nell'uomo è l'ipotalamo) i segnali inviati da ormoni come la leptina e l'insulina, che dovrebbero impartire l'ordine: stop al cibo. Il gene incriminato, spiegano gli scienziati, controlla la produzione di un'omonima proteina, la Bdnf. Si tratta di un cosiddetto fattore neurotrofico fabbricato nei dendriti, le propaggini ramificate dei neuroni, ed “è la prima volta che una proteina sintetizzata nei dendriti viene individuata come fattore critico per il controllo del peso”, spiega l'autore senior Baoji Xu, docente di farmacologia e fisiologia.

Nei topi analizzati, Xu e colleghi hanno dimostrato che il fattore neurotrofico Bdnf è cruciale nello sviluppo delle sinapsi, le strutture di comunicazione tra le cellule del cervello. L'errore può avvenire durante il primo degli eventi che in biologia permettono a un gene di produrre la sua proteina, una fase che si chiama trascrizione e genera una sorta di prodotto grezzo chiamato trascritto primario. Dal gene Bdnf possono derivare due tipi di trascritti, uno lungo e uno corto, e il problema nasce proprio quando per una mutazione genetica il trascritto lungo viene a mancare. In questo caso, infatti, succede che la proteina finale Bdnf non viene sintetizzata a livello dei dendriti, bensì nel corpo principale del neurone.

Il risultato è che il neurone sviluppa sinapsi immature, e il topo ha problemi di apprendimento e memoria. Ma non solo. Gli scienziati Usa hanno visto che per effetto della mutazione genetica i topi diventavano anche gravemente obesi. L'èquipe ha quindi concluso che gli ormoni leptina e insulina funzionano stimolando la sintesi di proteina Bdnf nei dendriti, in modo da trasportare da una sinapsi all'altra, fino all'ipotalamo, il comando 'off' che spegne la fame. Se invece il Bdnf è mutato, le sinapsi non funzionano, i neuroni non possono parlarsi l'uno con l'altro e il pulsante-fame resta in posizione 'on'.

Una volta compreso questo meccanismo inceppato, gli studiosi sperano anche di correggerlo. Una possibilità è studiare una terapia genetica che possa rimpiazzare il trascritto “Bdnf  lungo” mancante, ma per portarlo a destinazione bisognerebbe superare il muro della barriera emato - encefalica. Quindi “l'approccio migliore - dice Xu - sarebbe quello di trovare un farmaco in grado di stimolare l'espressione del gene Bdnf nell'ipotalamo”. Qualunque delle due vie si scelga di percorrere, “abbiamo aperto la porta a nuove strade nella ricerca di base e clinica”.

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