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Scuole in lotta. Identificazioni inutili

Oggi tocca ai ragazzi del liceo classico “Antonio Calamo” di Ostuni che, nell’ondata di proteste contro i tagli all’istruzione cui hanno annunciato di aderire (e lo hanno fatto), hanno deciso indire una assemblea autoconvocata. Ieri era stata la volta dello scientifico “Ludovico Pepe” (la distinzione è fittizia perché le due scuole sono accorpate), dove però c’era stata occupazione. I ragazzi hanno dai 14 ai 19 anni e mai come in questo momento storico sanno quel che fanno. Domattina scenderanno in piazza, a Brindisi, con una consapevolezza in grado di far arrossire di vergogna l’italiano medio adulto.

Oggi tocca ai ragazzi del liceo classico “Antonio Calamo” di Ostuni che, nell’ondata di proteste contro i tagli all’istruzione cui hanno annunciato di aderire (e lo hanno fatto), hanno deciso indire una assemblea autoconvocata. Ieri era stata la volta dello scientifico “Ludovico Pepe” (la distinzione è fittizia perché le due scuole sono accorpate), dove però c’era stata occupazione. I ragazzi hanno dai 14 ai 19 anni e mai come in questo momento storico sanno quel che fanno. Domattina scenderanno in piazza, a Brindisi, con una consapevolezza in grado di far arrossire di vergogna l’italiano medio adulto.

Perché questo preambolo? Perché la schiera di adolescenti liceali che aveva pensato bene di restare a scuola a dare fiato e colore al proprio dissenso è stata “sgomberata” dalla polizia, su ordine del dirigente del commissariato di Ostuni, Francesco Angiuli, che ha inviato in via Nino Sansone i suoi uomini, in una serata invernale, con l’incarico di identificare gli studenti. La richiesta, dicono che provenisse proprio dalla presidenza, quella stessa stanza in cui i giovani contestatori con gli zaini in spalla pare proprio avessero ottenuto un informale consenso alla prosecuzione dell'autogestione. Sono stati rimandati a casa, in fretta e furia.

Prima, però, gli agenti hanno annotato i loro nomi e cognomi, procedura del tutto inutile, considerato che non c’era stata alcuna manifestazione violenta, neppure il bacillo di agitazioni che avrebbero potuto rivelarsi pericolose, nè tanto meno danneggiamenti. Da che mondo e mondo i ragazzi fanno sentire la propria voce. Oggi meglio che ieri. Questi studenti non stanno facendo filone a scuola. Hanno scritto giorni addietro un comunicato stampa, lo firma la coordinatrice provinciale dell’Uds, Martina Carpani. Almeno per i passati tre lustri non si è visto nulla del genere.

Mai le barricate erano alzate, seppur pacificamente, per ragioni così nobili come il disappunto per la privatizzazione di fatto dell’istruzione e per la scure sul sapere imposta con i tagli, e con documenti sempre puntuali e approfonditi nel merito. Allora? Perché uno spiegamento di uomini in divisa di quella portata? Perché mandarli a casa questi giovanissimi che se ne stanno in classe fino a notte fonda? E’ la seconda volta che la polizia a Ostuni irrompe a scuola nel corso di scioperi e manifestazioni sempre organizzati in un quadro di mobilitazione nazionale. Anche lo scorso anno gli studenti avevano avuto da ridire sui metodi un po’ troppo perentori usati dai rappresentanti delle forze dell’ordine.

Ci chiediamo se ne valga davvero la pena. E siccome siamo gente di mondo e cronisti di strada, rivolgiamo un paio di domande a chi di competenza. L’occupazione di una scuola, se per una giusta causa, ha un valore formativo importante tanto quanto una lezione di filosofia. Fa crescere l'indignazione consapevole contro le ingiustizie sociali. Perché allora imbavagliarli questi liceali che osano restare a scuola anche nottetempo? Perché rispedirli da mamma e papà, dopo averli intimoriti annotando i loro nomi e cognomi? La Città bianca non è un’isola felice, questo lo sappiamo bene. I delinquenti, però, non sono questi giovanotti con le idee fin troppo chiare.

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