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Un aeromodello e 5 giovani ingegneri

BRINDISI – E’ il loro primo aereo, il Flanker 01. Il motore è un Rex Novarossi da 3,5 centimetri cubici e 2,6 cavalli con regime massimo di 37mila giri. Insomma, un aeromodello, e loro sono cinque laureandi in Ingegneria aerospaziale del corso magistrale dell’Università del Salento, con sede in Cittadella della Ricerca. L’accoppiata potrebbe far sorridere, ma solo i profani della materia. Intanto perché con il Flanker 01 i cinque ingegneri (lo sono già in virtù della laurea triennale già ottenuta a suo tempo) si sono piazzati al secondo posto della Dias Cup, dove l’acronimo sta per Dipartimenti di ingegneria aerospaziale, piazzandosi tra due team della Federico II di Napoli, e prima di quelli dei Politecnici di Milano e Torino. Poi perché un aeromodello non è un giocattolo.

BRINDISI – E’ il loro primo aereo, il Flanker 01. Il motore è un Rex  Novarossi da 3,5 centimetri cubici e 2,6 cavalli con regime massimo di 37mila giri. Insomma, un aeromodello, e loro sono cinque laureandi in Ingegneria aerospaziale del corso magistrale dell’Università del Salento, con sede in Cittadella della Ricerca. L’accoppiata potrebbe far sorridere, ma solo i profani della materia. Intanto perché con il Flanker 01 i cinque ingegneri (lo sono già in virtù della laurea triennale già ottenuta a suo tempo) si sono piazzati al secondo posto della Dias Cup, dove l’acronimo sta per Dipartimenti di ingegneria aerospaziale, piazzandosi tra due team della Federico II di Napoli, e prima di quelli dei Politecnici di Milano e Torino. Poi perché un aeromodello non è un giocattolo.

Il Flanker 01 è stato progettato interamente da zero – spiegano gli interessati - con la stessa filosofia progettuale “di un vero velivolo dell'aviazione generale, che ovviamente è molto differente dalla teoria degli aeromodellisti basata molto sull'esperienza. Noi del Salento Aero Team abbiamo effettuato dei veri e propri calcoli aerodinamici e strutturali, abbiamo utilizzato un software Cad per la realizzazione del modello 3D e per il bilanciamento preliminare dei pesi all'interno della struttura e XFLR5 per i calcoli aerodinamici e di stabilità statico/dinamica”. Ne volete di più? La Dias Cup ha un regolamento preciso, dei parametri progettuali e costruttivi da rispettare pena esclusione preliminare dal concorso.

Intanto per il materiale si poteva scegliere, quest’anno, solo tra balsa e Despron, un  polistirolo speciale, e l’aeromodello non poteva superare il metro e 50 di apertura alare (è stata scelta la balsa come unico materiale). Il motore doveva essere rigorosamente a scoppio (alimentazione a nitrometano e olio di ricino), e non elettrico come per la maggior parte degli aeromodelli in kit. E’ stato necessario allestire un laboratorio, trovare un pilota esperto, e la scelta è caduta su Agostino Leo di Galatone, uno per il quale ultraleggeri e aeromodelli non hanno segreti. Il docente supervisore del progetto Flanker 01 è stato il professore Gennaro Scarselli, la professoressa Elisa Castorini ha seguito la fase di laboratorio. Quindi, last but non least (ultimo ma non meno importante), la squadra, battezzata Salento Aero Team: Giordano Lombardi di Brindisi, Alessandro Argese di Mesagne, Luigi Giustizieri di Galatina, Alessio Di Pasquale di Bari e Donato Fontanarosa di Matera.

Il percorso per arrivare al test conclusivo del concorso, a Capua, è cominciato a ottobre scorso con la fase della progettazione del prototipo, per arrivare sino a febbraio. Il bando prevedeva la creazione di un vero e proprio ufficio tecnico oltre al rispetto delle già descritte specifiche, cui aggiungere l’obbligo tassativo di contenere le spese entro i 500 euro, l’utilizzo di un  radiocomando a quattro canali, un carrello a triciclo con ruotino anteriore. Montepremi più che altri simbolico: mille euro, dei quali 600 al team primo classificato, 400 al secondo, una stretta di mano al terzo.

E’ andata come già detto: Flanker 01 ha fatto una buona figura, ottima se si considera la maggiore esperienza dei team della Federico II che aveva al proprio interno il pilota che invece la squadra di Unisalento ha dovuto arruolare all’esterno. Senza mettere nel conto gli esami da affrontare nel frattempo, “altrimenti avremmo fatto tutto in un mese”, spiegano i cinque laureandi in Ingegneria aerospaziale di Cittadella della Ricerca. Che continuano ad essere pochi malgrado l’appeal occupazionale che ha questo tipo di specializzazione anche nel territorio grazie alla presenza degli stabilimenti delle più grandi aziende italiane. “Appena l’8 per cento dei laureati in  Ingegneria industriale di Brindisi passa poi alla specialistica in Ingegneria aerospaziale”. Una ragione c’è, secondo gli interessati, e risiede nella mancata previsione nell’offerta formativa dell’ultimo anno della triennale di un percorso di approccio all’Ingegneria aerospaziale.

“Questo scoraggia i più, perché ci si trova necessariamente nelle condizioni di doversi costruire un back-ground personale. Non è insomma il percorso della laurea magistrale ad essere particolarmente complesso o scarsamente accessibile”. Poi c’è un’altra causa che in verità ci viene indicata come altrettanto importante: la laurea magistrale in Ingegneria aerospaziale a Brindisi “è poco pubblicizzata”. Anche gli studenti di altre città che potrebbero essere potenzialmente interessati ne sono tagliati fuori per problemi di informazione, a meno che non si venga a conoscenza di tale opportunità cercandola. Ed ecco che così ogni anno si iscrivono alla specialistica tra i 6 ed i dieci aspiranti in Ingegneria aerospaziale.

Un dato che il Distretto aerospaziale pugliese sta cercando di migliorare dando risalto al ruolo dell’alta formazione nel settore ed inserendo le università della Regione nelle attività di internazionalizzazione. Ma se se un giovane fresco di laurea in Ingegneria aerospaziale avesse la possibilità di scegliere tra un primo impiego all’estero o uno in Italia, quale sarebbe la sua decisione? “Noi desideriamo in via prioritaria mettere a disposizione del nostro Paese ciò che sappiamo fare, ma l’Italia non riesce ancora a cogliere tale potenzialità. Noi non decideremo sulla base delle retribuzioni, ma sulla base della possibilità di fare anche ricerca e innovazione piuttosto che quasi esclusivamente, come oggi avviene, progettazione produttiva, proprio del ruolo di sub-player, sia pure altamente qualificati, che hanno i nostri grandi gruppi nel panorama mondiale”.

Quindi la strada del lavoro in un altro Paese (il Canada è un modello ambito) al momento sembra quella più ricca di attrattive? “Lo è per le ragioni già dette – ci dicono i laureandi che hanno progettato e costruito Flanker 01 – ma bisogna tenere conto che il lavoro nelle realtà più avanzate dell’industria aeronautica mondiale è un processo di arricchimento professionale che ognuno di noi pensa di compiere, per poi tornare qui”. Ma l’Italia li vuole davvero, questi ragazzi?

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