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La scure della crisi sullo sport brindisino: tocca alle società cambiare strategia

Era il 1983 e dall'altra parte dell'Atlantico, a Newport, un certa barca interamente progettata e costruita in casa e chiamata Azzurra si era appena tolta lo sfizio di battere in Coppa America australiani e company, giungendo terza alle qualificazioni per la finale

BRINDISI – Era il 1983 e dall’altra parte dell’Atlantico, a Newport, un certa barca interamente progettata e costruita in casa e chiamata Azzurra si era appena tolta lo sfizio di battere in Coppa America australiani e company, giungendo terza alle qualificazioni per la finale e facendo riscoprire all’Italia la passione per la vela, dopo gli anni gloriosi delle imprese in Star di Agostino Straulino, detto Tino, istriano proveniente da una famiglia di pescatori e ufficiale della Marina Militare. Ma l’impresa di Azzurra aprì anche il dibattito sul ruolo degli sponsor nelle sfide sportive di alto livello, tanto che ci ritrovammo pochi mesi dopo la questione tra le tracce della prova scritta dell’esame da giornalisti professionisti.

Sono trascorsi 32 anni, e a Brindisi le squadre migliori continuano a morire per carenza di vitamina euro, dopo un ciclo di cure sbagliate che ne hanno destato prima l’illusione della guarigione, e poi la morte pressoché repentina. Nel ruolo di medici, i cosiddetti politici: non un leva di persone formate alla dura scuola dei partiti di un tempo e dello studio, ma per la maggior parte autoreferenziali e munite di pacchetti di voti che ovviamente non possono, e non hanno mai sostituito la carenza di saperi, di esperienza e di idee. Chiamarli al capezzale delle società sportive continua a rivelarsi un grave errore strategico. Ma ne parleremo dopo.

La Futura BasketBrindisi Citta dello Sport 2014, svaniti i fumi della propaganda e della vanagloria, presenta un bilancio – se si vuole andare alla sostanza dei fatti – di sforzi e sacrifici vanificati. C’era una volta una bella e tosta squadra di basket femminile che si era presa l’A/2, con considerevoli sacrifici. Ma il progetto ha esaurito la benzina sul più bello. C’era una volta una sorprendente e orgogliosa società che aveva raggiunto la serie A portando le giovanissime atlete brindisine sui tappeti più prestigiosi del Paese, la Ginnastica La Rosa, ma anche lì si è stati costretti a ridimensionare il bel sogno. E adesso anche la New Volley, che aveva ridato un posto al sole alla pallavolo brindisina: sciolta mentre era in corsa per la promozione. (Nella foto, la Futura Basket ai tempi dell'A/2)

Il meglio dei vivai brindisini perciò, se vuole seguire una carriera sportiva, deve fare solo una cosa: emigrare altrove. Brindisi non è un caso limite, perché la carenza di sponsor è stata acuita dalla crisi globale e interessa tutte le realtà italiane, ma la perdita delle squadre-faro inevitabilmente semina rassegnazione, risentimento, perdita di entusiasmo, recriminazioni. Qui il calcio non vive, ma sopravvive, e la Serie B degli anni Settanta è un ricordo lontanissimo. Al polo opposto di questa crisi c’è l’unica bandiera dello sport brindisino di alto livello che non è stata ammainata, quella del basket maschile sostenuta soprattutto da uno sponsor che si chiama Enel, e la stessa Regata Internazionale Brindisi-Corfù non si potrebbe fare se, oltre al lavoro volontario degli organizzatori, non ci fossero due importanti sponsor privati, e una schiera di determinanti sponsor pubblici a partire dalla Regione Puglia.

Ginnastica La Rosa Brindisi, Francesca De Agostini alla traveCosa deve cambiare, allora? Una delle cose su cui discutere – secondo un punto di vista esterno – è il contatto tra lo sport locale e i grandi, potenziali sponsor che si trovano sul territorio. Le società sportive spesso si sono affidate all’intermediazione del politico amico per raggiungere, o tentare di raggiungere, una azienda, una società insediata sul territorio per ottenere un contratto. Ma il fronte “trattante” è troppo vasto, e i budget disponibili vengono inevitabilmente frammentati in troppi rivoli che servono a sostenere magari le attività di scuola, ma non quella agonistica. Una situazione che indebolisce anche la capacità di pressing della città su un soggetto industriale o commerciale, e favorisce invece la strategia dell’accontentare tutti, sia i richiedenti che i politici che fanno da contatto (Nella foto, una atleta della Ginnastica La Rosa).

Non è ciò che serve allo sport locale, se si vuole tornare a mettersi in gioco nelle serie superiori nella pallavolo, nella ginnastica, nel calcio e in altri settori. Le società sportive, pur continuando a conservare vivai, scuole, loghi, dovrebbero federarsi per puntare tutte le risorse su alcuni progetti, e trovare la capacità di trattare insieme con uno sponsor potenziale, ed in questo essere sostenute dalle istituzioni territoriali. Il progetto di una sola squadra per specialità, per avere certezze di risorse per pagare atleti o atlete, allenatori, trasferte, promuovere un minimo di azionariato popolare garantito da figure di riconosciuta fiducia e popolarità.

La responsabilità sociale di una grande azienda del territorio deve prevedere il sostegno ad un progetto sportivo che dia lustro alla città. Bisogna spostare la trattativa su questo, altrimenti le società sportive brindisine si rassegnino a momenti di gloria molto brevi e spesso irripetibili.

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