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Il basket a Brindisi più forte di una politica piccola piccola

Tranquillo, popolo di baskettari: il nostro sport preferito non sparirà certamente se non si costruisce un impianto che abbia la capienza di almeno cinquemila posti. La pallacanestro, se ne facciano una ragione “lor signori” (Salvatore Brigante in testa), è nel Dna della nostra città

Tranquillo, popolo di baskettari: il nostro sport preferito non sparirà certamente se non si costruisce un impianto che abbia la capienza di almeno cinquemila posti. La pallacanestro, se ne facciano una ragione “lor signori” (Salvatore Brigante in testa), è nel Dna della nostra città, è cultura diffusa, un patrimonio di cui essere orgogliosi. Per rendersene conto basterebbe seguire la squadra in qualche trasferta al Nord e vedere quanti sono i brindisini (anche con tanti capelli bianchi sulla testa e nostalgia nel cuore) lì residenti che si recano ai palazzetti di Milano o di Bologna, di Torino o di Varese, tanto per citare qualche località, per tifare la loro squadra.

Ma questo è solo un esempio, la realtà è data invece dai 3.500 posti paganti dell’attuale palazzetto, quasi tutti coperti dagli abbonamenti sottoscritti, si dice, al costo tra i più alti del campionato. Ed il pubblico brindisino al palazzetto non ci va solo quando la squadra milita nella massima divisione, ma sugli spalti è accorso anche negli anni bui dei campionati minori. Come le paginate di giornali locali che da sempre quotidianamente danno notizie sulla squadra.

Altro dato fondamentale per valutare il fenomeno: il basket a Brindisi non ha più da qualche decennio un colore politico. Gli anni della contrapposizione tra Libertas (democristiana) e Assi (socialista), se mai è esistita, non ha mai sfiorato gli atleti o il pubblico. La più recente dimostrazione della sostanziale laicità del tifo ci viene dalle occasioni (elezioni politiche o amministrative) che ha visto sconfitti i candidati che avevano invece puntato sul successo finale anche grazie al loro impegno per il basket. Se qualcuno pensa quindi che boicottando la squadra di basket e la sua dirigenza possa trarne un vantaggio politico ed elettorale, se ne faccia al più presto una ragione.

Scrivere di ciò che accade nei palazzi del potere di questa città è un fastidio immenso, neanche le capriole del notaio Errico, il Saint Just delle Sciabiche, divertono più. Se la politica a livello nazionale è scesa ai limiti di guardia, a Brindisi è ormai è ampiamente sotto. Non è un caso se alle ultime amministrative solo il 40% della città si è recata al voto di ballottaggio. Nei giorni scorsi la sindaca ha presentato alla città il bilancio di previsione del Comune per il 2017, ma la città non c’era, c’erano solo pochi intimi. La città non sta nel Palazzo, sta altrove, e molto probabilmente più dalle parti di contrada Masseriola. Se ne renda conto anche Salvatore Brigante, l’assessore ai Lavori Pubblici, per il quale la città ha altre priorità rispetto alla realizzazione di un palazzetto dello sport da cinquemila posti.

E tra le altre amenità e luoghi comuni, Brigante fa scrivere nel programma triennale delle opere pubbliche che il nuovo palasport devono costruirlo i privati e la spesa prevista è di 4 milioni di euro. Delle due l’una, o è un imbroglio (il solito) o una idiozia. Se il palazzetto lo devono realizzare i privati con i loro mezzi economici che senso ha dire pure i soldi che devono metterci? A quale logica risponde questa pretesa? Forse il Comune dispone già di un progetto e quello intenderebbe realizzare, ma con i soldi degli altri?

Operazione sulla carta pure fattibile, ma cosa offre in cambio il Comune: suoli, servizi, altre utilità? Ed a Brindisi, quella di oggi che muore di disoccupazione e di crisi, esiste un imprenditore privato che scuce quattro milioni di euro così senza avere niente in cambio a scopo filantropico? Per favore, di minchiate se ne sentono già tante. Questa risparmiatecela. Brigante, invece, avrebbe dovuto dare qualche risposta seria. Ma pur da oltre un quarto di secolo seduto sulle poltrone di Palazzo di Città, notoriamente non è in grado di darne. Da assessore all’Urbanistica dell’era Antonino passò alla storia per i provvedimenti che autorizzarono l’abbattimento di stabilimenti vinicoli del quartiere Cappuccini, autentici gioielli di archeologia industriale.

Una risposta seria sarebbe stata, ad esempio, una partecipazione diversa ai bandi di riqualificazione delle periferie dell’agosto scorso. Un palaeventi multifunzioni a Sant’Elia o al Paradiso avrebbe funzionato meglio di un improbabile orto botanico o un centro per autistici negli ex capannoni Saca (progetto inesorabilmente bocciato). Oppure sarebbe stato meglio se Brigante avesse anticipato ai brindisini quali opportune iniziative politiche sono state intraprese per ottenere anche a Brindisi le risorse pubbliche che in altri Comuni, vedi Fasano ad esempio, sono state concesse per la costruzione di palazzetti dello sport. Questo si chiama amore per la propria città e rispetto per il ruolo pubblico che si copre. Il resto è solo occupazione di poltrone. 

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