Se chiude Tecnimont, ogni proclama sul rilancio della chimica è una balla
BRINDISI – Ti accorgi della loro presenza a volte troppo tardi, quando nella sala di un consiglio di amministrazione lontana migliaia di chilometri decidono per la chiusura, come è accaduto per Biomateriali, nata con fondi per il Sud, diventata una azienda di eccellenza – l’unica in Italia – nel campo delle protesi aortiche sintetiche, poi venduta agli americani di Vascular che l’hanno spremuta per bene, poi l’hanno smontata e se la sono portata a casa loro a Boston. Qui hanno lasciato 30 tecnici ad alta specializzazione senza lavoro e una sede in Cittadella della Ricerca chiusa. Ora tocca a Tecnimont, 67 posti di lavoro, tutti ingegneri, quasi tutti meridionali, salentini. Capaci di missioni difficili come può essere progettare un impianto chimico, una delle cose più difficili nel mondo dell’impiantistica industriale. La casa madre, Maire Tecnimont, plancia di comando e controllo quasi interamente italiana, vuole chiudere. A meno che, e qui sta il paradosso, non siano i lavoratori a trovare una via di uscita.