Pene ridotte in Appello nei confronti di una parte delle persone coinvolte nel processo scaturito dall'operazione Die Hard, sui clan della Scu che hanno tentato di imporre la propria legge a diverse aziende del territorio, alcune delle quali attive nel settore della sanità. La sentenza riguarda otto imputati
Sette interrogati sui sedici tra gli esponenti della Scu arrestati nell'ambito dell'operazione “Die Hard” condotta dalla polizia di Stato e dalla Direzione distrettuale antimafia per fare terra bruciata attorno a vecchi capi e nuove leve dell'associazione mafiosa. Nel corso della prima trance di interrogatori di garanzia per la convalida dei fermi disposti, svolti alla presenza del pm Antimafia Alberto Santacatterina e il gip Alcide Maritati, sei rispondono negando e respingendo ogni addebito, uno fa scena muta.
BRINDISI – Ogni episodio criminoso ha una sua ragione d’essere, inquadrato in un vero e proprio sistema di approvvigionamento di denaro e di gestione del territorio riferibile, indubbiamente, alla Sacra corona unita. Se due autocarri venivano rubati all’interno dell’azienda c’era una ragione. Il giorno successivo qualcuno andava a presentare il conto: la Porsche doveva essere venduta all’acquirente a un prezzo di favore, diecimila euro più basso. Anche la presenza al ristorante, uno dei più conosciuti a Mesagne, la locanda dei Messapi, di un uomo del posto, Giuseppe Stranieri, era finalizzata a far cassa: un “prestito” di mille euro che in realtà altro non era che un’estorsione, ordinata per quanto detto da uno dei “capi”, Massimo Pasimeni, alias “piccolo dente”, poi rinnegata dallo stesso non senza un po’ di stizza.
MESAGNE – I rituali della vecchia Scu? Il giuramento sulla “punta di questo pugnale” che fa impazzire tutti i biografi e i romanzatori delle vicende della criminalità organizzata pugliese? I santini bruciati su una candela, le gocce di sangue spillato ai nuovi adepti? Archeologia criminologica. Oggi la Scu, o ciò che ne resta – e per fortuna non è tanto, e non sarebbe nulla se non trovasse humus sociale adeguato – tratta con gente diversa, e non più solo con elementi abituati sin da piccoli a rubare, rapinare, estorcere, minacciare, aggredire. Quella che era la famosa terza sponda è sempre più a portata di mano dei gruppi che la utilizzano: commercianti, professionisti, imprenditori con la propensione a percorrere le strade dell’illegalità. Gente che non ci si vede in uno stanzino illuminato solo dalla luce dei ceri, e alle prese con coltelli e cupe formule di affiliazione, ma è pronta ad aprire le proprie casse per finanziare o riciclare.