LECCE – Nessuna schiavitù. Colpo di scena nell'inchiesta sul fotovoltaico legato ai lavoratori della Tecnova. Il tribunale del Riesame annulla e lascia decadere il capo d'accusa dell'associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù. Cancellato il reato più grave ed infamante nell'ambito dell'inchiesta. Restano in piedi le altre imputazioni che, lo scorso 20 aprile avevano, in un blitz congiunto di Guardia di Finanza di Brindisi e Squadra mobile di Lecce, portato all'arresto di nove persone fra soci, amministratori e capi cantiere della società italo-spagnola.
BRINDISI – Nove arresti, sei persone irreperibili, la società Tecnova Italia sotto sequestro insieme con i suoi compendi aziendali e i conti correnti bancari, dopo lo scandalo degli schiavi del fotovoltaico. Lavoratori trattati come bestie, sottopagati e alla fine nemmeno più retribuiti, e costretti per disperazione a dar vita vita nei giorni scorsi a moti di protesta che hanno scoperchiato il calderone, scoprendo la faccia sporca del fotovoltaico. Al lavoro da tempo però c'erano già due procure, quella di Brindisi da novembre e la Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Due anche le unità di polizia giudiziaria impegnate: i finanzieri guidati dal maggiore Gabriele Sebaste sotto la regia del pm Pierpaolo Montinaro e del procuratore capo Marco Dinapoli, poi la squadra mobile di Lecce guidata da Michele Abenante sotto la supervisione del pm Alessio Coccioli e dal procuratore capo Cataldo Motta, per un autentico terremoto giudiziario che si palesa solo alle prime battute.
BRINDISI – Quindici ordinanze di custodia cautelare in carcere con contestuale sequestro preventivo di impianti fotovoltaici sono in corso di esecuzione dall'alba di questa mattina in una operazione congiunta tra guardia di finanza di Brindisi e questura di Lecce. Il blitz coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia arriva dopo l'inchiesta avviata per “riduzione in schiavitù” dei dipendenti della Tecnova, balzati agli onori della cronaca come gli schiavi del fotovoltaico.