La testimonianza di due stranieri nel processo in Corte d’Assise a Lecce: 12 imputati e 300 parti civili a conclusione dell'inchiesta della Finanza sulla multinazionale Tecnova. Il blitz il 20 aprile 2011: alcuni lavoratori che denunciarono "condizioni disumane come nei campi di cotone"
Gli schiavi del fotovoltaico tornano a protestare. Circa quindici ex dipendenti della Tecnova si sono radunati nel pomeriggio sotto alla sede del sindacato Ugl, in via Sant'Angelo, dando vita a una manifestazione scandita da canti e balli, sfociata anche in qualche momento di tensione. I migranti sono stati tenuti sotto controllo dai poliziotti
Dieci dei quindici imputati nel procedimento 'Tecnova' che si è curato di manodopera sfruttata nel fotovoltaico rispondono di riduzione in schiavitù, delitto orrendo che è punito con la reclusione fino a vent'anni.
Richiesta di rinvio a giudizio per tutti i 15 imputati per lo scandalo Tecnova, al secolo la riduzione in schiavitù (dibattuta) di centinaia di immigrati impiegati nella realizzazione di parchi fotovoltaici nel Brindisino e nel Salento.
Una ventina di migranti si sono ritrovati all'esterno del tribunale di Brindisi, in concomitanza con una nuova udienza sulla procedura fallimentare della Tecnova, azienda attiva nel ramo del fotovoltaico al centro anche di un procedimento penale, che nel 2010 chiuse i battenti lasciando circa 700 lavoratori senza Tfr e stipendi
BRINDISI - Hanno intonato canti nei loro dialetti, protestano pacificamente perché da un anno e mezzo attendono il 70 per cento degli stipendi e l’intero Tfr, quote che dovrebbero essere loro liquidate sulla base dei conteggi effettuati durante la procedura fallimentare (ancora in corso).
BRINDISI – Erano una sessantina gli ex dipendenti extracomunitari, dell’azienda Tecnova Italia Srl, in procedura fallimentare dopo essere stata oggetto di un’inchiesta penale per lo sfruttamento di centinaia di lavoratori nel settore del fotovoltaico, che questa mattina sono partiti dalla stazione ferroviaria di Brindisi, in un corteo, fino all’ingresso del Palazzo di Giustizia, inscenando una protesta per avere informazioni sulla vicenda giudiziaria in atto. Con loro la segretaria regionale del Sei Ugl – Sindacato degli immigrati emigrati -Veronica Merico e il personale della Digos guidato dal dirigente Vincenzo Zingaro.
La società Tecnova Italia Srl, emanazione dell'omonimo gruppo spagnolo, appaltatrice nel settore fotovoltaico di una multinazionale cinese, deve molti stipendi arretrati alla manovalanza extracomunitaria che ha impiegato per due anni nei cantieri di Lecce e Brindisi (la società fu al centro di un blitz qualche tempo addietro proprio per lo sfruttamento della mano d'opera di colore).I lavoratori sono scesi in piazza anche a Brindisi, dove hanno incontrato un magistrato del tribunale. La strada obbligata per tentare di recuperare gli stipendi mai percepiti è quella della costituzione nella procedura in atto per Tecnova.
LECCE - Il gruppo cinese proprietario di numerosi impianti fotovoltaici nel Salento e in Puglia, dove ha già investito tra gli 800 e i 1000 milioni di euro, salda le ultime pendenze procurate dal caso Tecnova. Gsf (Global Solar Fund) si è accordata infatti con le sigle sindacali Cgil e Ugl - fa sapere una nota della società - per un indennizzo volontario di circa 250.000 euro, oltre gli oneri contributivi, destinati agli ultimi 160 lavoratori ex Tecnova Italia che erano impegnati nei lavori di costruzione dei parchi fotovoltaici di proprietà di Gsf.
LECCE – Nessuna schiavitù. Colpo di scena nell'inchiesta sul fotovoltaico legato ai lavoratori della Tecnova. Il tribunale del Riesame annulla e lascia decadere il capo d'accusa dell'associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù. Cancellato il reato più grave ed infamante nell'ambito dell'inchiesta. Restano in piedi le altre imputazioni che, lo scorso 20 aprile avevano, in un blitz congiunto di Guardia di Finanza di Brindisi e Squadra mobile di Lecce, portato all'arresto di nove persone fra soci, amministratori e capi cantiere della società italo-spagnola.
BRINDISI - La faccia sporca del fotovoltaico ha due colori. Nero, come quello della pelle degli schiavi maltrattati nei campi di pannelli al silicio, e bianco come quello della pelle dei piccoli imprenditori che hanno investito nell'indotto della costruzione delle centrali del futuro. Operai extracomunitari e piccoli imprenditori locali, accomunati da un unica tragica beffa del destino, l'aver creduto in una opportunità di lavoro e ritrovarsi a qualche mese dall'inizio dell'avventura sull'orlo di un baratro. Tutti sono legati da un unico filo rosso che riporta a Tecnova.
BRINDISI – Nove arresti, sei persone irreperibili, la società Tecnova Italia sotto sequestro insieme con i suoi compendi aziendali e i conti correnti bancari, dopo lo scandalo degli schiavi del fotovoltaico. Lavoratori trattati come bestie, sottopagati e alla fine nemmeno più retribuiti, e costretti per disperazione a dar vita vita nei giorni scorsi a moti di protesta che hanno scoperchiato il calderone, scoprendo la faccia sporca del fotovoltaico. Al lavoro da tempo però c'erano già due procure, quella di Brindisi da novembre e la Direzione distrettuale antimafia di Lecce. Due anche le unità di polizia giudiziaria impegnate: i finanzieri guidati dal maggiore Gabriele Sebaste sotto la regia del pm Pierpaolo Montinaro e del procuratore capo Marco Dinapoli, poi la squadra mobile di Lecce guidata da Michele Abenante sotto la supervisione del pm Alessio Coccioli e dal procuratore capo Cataldo Motta, per un autentico terremoto giudiziario che si palesa solo alle prime battute.
BRINDISI – Quindici ordinanze di custodia cautelare in carcere con contestuale sequestro preventivo di impianti fotovoltaici sono in corso di esecuzione dall'alba di questa mattina in una operazione congiunta tra guardia di finanza di Brindisi e questura di Lecce. Il blitz coordinato dalla Direzione distrettuale antimafia arriva dopo l'inchiesta avviata per “riduzione in schiavitù” dei dipendenti della Tecnova, balzati agli onori della cronaca come gli schiavi del fotovoltaico.
BRINDISI - I presunti schiavisti del fotovoltaico adesso hanno un volto e un nome, si tratta di persone legate a filo doppio, anche formalmente, alla azienda spagnola Tecnova, finita nel mirino della procura leccese dopo la rivolta dei lavoratori immigrati. Gente che oggi rischia il rimpatrio dato che, dopo la scomparsa nel nulla dell’azienda, non hanno più un contratto di lavoro che ne giustifichi dal punto di vista legale la permanenza in territorio italiano. La beffa dopo il danno dunque, ma non per molto. I magistrati stanno dando la caccia ai mediatori italiani, quelli che hanno reclutato la manodopera a basso prezzo, finita nei campi da mane a sera a istallare pannelli per la produzione di energia solare come qualche secolo fa nei campi di cotone. Da qui a breve potrebbe scattare un blitz di proporzioni mai viste, la ribellione ha prodotto i suoi frutti, e anche il prefetto Nicola Prete che questa mattina ha incontrato i sindacati ha annunciato “sorprese”.
BRINDISI – Alla fine “gli schiavi del fotovoltaico”, hanno deciso di liberare il blocco di via Bastioni San Giacomo a Brindisi, che ha paralizzato una delle principali vie di fuga del centro storico messapico per quasi tre ore. Sono le 20, minuto più o meno, quando il tam-tam della notizia raggiunge la sessantina di operai di colore dipendenti della Tecnova. Estenuati dall’estremo tentativo di capire in quale allucinante “truffa” erano incappati. E avevano cercato diligentemente, senza tensione, nonostante fossero “incazzati neri”, perché aspettano tre mesi di stipendio dai “fantasmi del sogno del silicio baciato dal sole”, di bussare all’ennesima porta che potesse fornire spiegazione. Non una elemosina, ma uno stipendio, qualcosa che si sono sudati: “Lavoriamo dalle 12 alle 22 ore e spesso non siamo neppure pagati”, ci avevano raccontato nella puntata precedente (vedi BrindisiReport del 22 marzo).