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Venerdì, 29 Marzo 2024
Cronaca

Operazione Synedrium: i pizzini, le armi e il ruolo delle donne

L'inchiesta, avviata nel novembre 2014, a seguito dell'omicidio Tedesco, ha fatto emergere le attività illecite condotte dalle famiglie Coffa e Romano

BRINDISI - La prima indagine, denominata “Synedrium”, condotta dal Nucleo Investigativo di Brindisi, che ha portato all’emissione dell’ordinanza nei confronti di 20 persone (di cui 7 già detenute) per associazione mafiosa, armi, estorsioni e associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, nasce l’1 novembre 2014 a seguito dell’omicidio di Cosimo Tedesco e tentato omicidio del figlio Luca Tedesco avvenuti a Brindisi, in piazza Raffaelo. L’attività svolta ha permesso, nella prima fase, di accertare dinamica e movente dell’efferato delitto commesso e di individuare come partecipanti, a vario titolo, i responsabili, ovvero Andrea Romano, Francesco Coffa e Alessandro Polito (tutti legati da vari vincoli di parentela tra loro), già condannati all’ergastolo anche in secondo grado di giudizio, per l’omicidio Tedesco. 

Omicidio Tedesco - Andrea Romano, Alessandro Polito, Francesco Coffa-2

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Le indagini svolte nella fase successiva hanno consentito di raccogliere elementi probatori circa le attività illecite che venivano svolte dai nuclei familiari Coffa/Romano per favorire e finanziare l’irreperibilità dei ricercati Andrea Romano e Alessandro Polito ed anche quale fonte di sostentamento primaria dei nuclei familiari. Le attività illecite poste in essere dal gruppo, da quanto appurato dagli inquirenti venivano gestite, in prima persona, dall’unico dei quattro individui in quel momento in regime di arresti domiciliari e che poteva impartire ordini ed imporre il suo carisma criminale sui loro sodali e, cioè, Alessandro Coffa.

La latitanza

Lo stesso, a causa della detenzione carceraria del fratello Francesco e dello stato di latitanza dei due cognati Romano e Polito, seppur ristretto in regime di detenzione domiciliare, continuava a gestire le attività illecite per conto del gruppo criminale capeggiato dai soggetti in precedenza menzionati. Alessandro Coffa, non potendosi allontanare dal proprio domicilio, avrebbe impartito ordini che una fitta rete di sodalizi tramutava in azioni il cui grado di violenza veniva deciso in base all’obiettivo illecito da perseguire.

Alessandro Coffa

Alessandro Coffa (foto in alto) si attivava sia per raccogliere il denaro necessario al sostentamento del fratello detenuto, dei cognati ricercati e delle rispettive famiglie, sia per far sapere “a tutti” (nel sottobosco criminale brindisino) che non era più ristretto e che quindi vi era elemento di spicco della loro consorteria a reggere le fila del gruppo. Lo stesso, incontrando presso la propria abitazione i sodali dell’associazione, secondo le accuse: riceveva e inviava notizie sull’andamento dell’attività, sia attraverso i loro familiari, sia attraverso “pizzini” manoscritti; trafficava in stupefacenti che consegnava ai suoi sodali per il successivo spaccio; riscuoteva il denaro provento di tutte le attività illecite condotte dal gruppo, tra cui il traffico e lo spaccio di stupefacenti, con il quale finanziava la latitanza di Romano e Polito, il sostentamento dei loro nuclei familiari nonché gli affiliati liberi e detenuti.

L’associazione mafiosa e l’associazione finalizzata al traffico

L’attività d’indagine svolta  ha consentito di disvelare l’esistenza di un’associazione per delinquere di tipo mafioso operante nella città di Brindisi, che si finanziava attraverso la commissione di attività estorsive ai danni di vari imprenditori e commercianti del posto, nonché attraverso il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti e riconducibile in particolare ad Alessandro Coffa e Andrea Romano che sarebbero riusciti, nel tempo, a fidelizzare intorno a sé diversi individui che guardavano a loro come chiari punti di riferimento nel panorama criminale di Brindisi. I due risultavano già affiliati da tempo ad alcuni esponenti della “Sacra Corona Unita” di Mesagne. Tale sodalizio, operante già in epoca antecedente all’omicidio Tedesco, è denominato “Famiglia Romano/Coffa”, traendo spunto come detto dai nominativi dei due principali promotori di tale organizzazione criminale, e cioè Andrea Romano e Alessandro Coffa.

I componenti della “Famiglia Romano/Coffa”, sotto la direzione operativa dei due capi, si sono avvalsi di vari sodali per la commissione del traffico di stupefacenti, consolidatosi nel tempo e che aveva permesso al sodalizio di ritagliarsi un’ampia fetta di mercato attraverso una capillare rete di spacciatori, che veniva condotta da Prete e da Remitri, con l’ausilio di altri adepti, nei comuni di San Vito dei Normanni, Oria e Carovigno mentre, Coffa, attraverso altri affiliati, gestiva le attività di spaccio su Brindisi in particolare nei quartieri Sant’Elia e Paradiso.

In tale contesti è da evidenziare, da quanto appurato dagli investigatori, il ruolo svolto dalle donne per l’apporto che le stesse fornivano alla vita del sodalizio e allo svolgimento delle attività illecite dello stesso ma anche la piena consapevolezza e volontà di essere stabilmente a disposizione dell’organizzazione. I vincoli familiari che le legano agli uomini del sodalizio hanno rafforzato indubbiamente il vincolo associativo.

Il ruolo delle donne

La rilevanza del ruolo delle donne è ancor più evidente laddove si considerino i compiti che le stesse sono chiamate a svolgere in mancanza dei mariti perché detenuti o latitanti, come nel caso di Angela Coffa, moglie di Andrea Romano e Annarita Coffa (foto in basso a sinistra), moglie di Alessandro Polito (prima latitante e poi detenuti in carcere per l’omicidio Tedesco), che partecipano attivamente alle discussioni relative alla gestione delle attività illecite del gruppo, alle decisioni da adottare in merito alla ripartizione dei proventi per il proprio sostentamento e quello dei mariti latitanti, con specifico riferimento anche al traffico di stupefacenti.

COFFA Annarita, classe 1980-2 

I pizzini

Il 13 novembre 2014 sono stati sequestrati due pizzini ai sodali Giuseppe Prete e Luigi Carparelli. Un primo manoscritto, redatto con pennarello di colore nero, conteneva gli ordini e le indicazioni che Andrea Romano trasmetteva ai suoi sodali e relative, principalmente, alla raccolta di denaro provento delle attività illecite poste in essere dal gruppo. Un secondo manoscritto, redatto con inchiostro di colore marrone su di un foglio tratto da un’agenda settimanale, conteneva gli aggiornamenti sulle attività illecite che i sodali trasmettevano a Romano per informarlo sia dell’attuazione delle sue disposizioni che delle iniziative intraprese in suo nome.

La vicenda relativa al rinvenimento dei “pizzini”, secondo gli inquirenti è assolutamente fondamentale perché dimostra: dapprima la pregressa, stabile e risalente nel tempo esistenza ed operatività del sodalizio, sotto la direzione di Andrea Romano e Alessandro Coffa, ancor prima dell’omicidio; il coinvolgimento nella vicenda di alcuni indagati: Andrea Romano, Alessandro Coffa e Vito Simone Ruggiero (foto in basso), autori dei “pizzini”; Giuseppe Prete e Luigi Carparelli, che avevano portato i “pizzini” a Cosimo Remitri affinché ne riferisse il contenuto ad Andrea Romano; Angela Coffa, moglie di Romano, che veniva immediatamente avvisata dell’accaduto da Simone Ruggiero e commentava con quest’ultimo la vicenda

E poi la partecipazione al sodalizio di alcuni indagati ed il ruolo di alcuni indagati all’interno dello stesso, in particolare, il ruolo di Andrea Romano, come dimostrato dalla frase di congedo con la quale quest’ultimo autorizzava i sodali ad agire: “il resto fate voi avete il mio via”.

Le armi

L’attività d’indagine condotta sull’associazione di tipo mafioso ha consentito di accertare il possesso, in capo ad alcuni sodali e comunque la disponibilità in favore dei vertici dell’organizzazione criminale, di armi da fuoco di vario genere. Le armi venivano detenute dai sodali per sottolineare con la violenza, in caso di problemi, la loro egemonia sul territorio cittadino.

L’1 novembre 2014, i testimoni oculari dell’omicidio di Cosimo Tedesco e del tentato omicidio di Luca Tedesco hanno dichiarato che Andrea Romano, Francesco Coffa e Alessandro Polito erano tutti armati di pistole durante le fasi dell’omicidio del Cosimo e del tentato omicidio del Luca. 

Il 25 novembre 2014 Andrea Romano e Alessandro Polito, durante uno spostamento a bordo di un autovettura noleggiata in compagnia delle rispettive consorti, in agro di Carovigno, intravedevano in lontananza una pattuglia dei carabinieri. I due latitanti, presi dal panico, abbandonavano l’autovettura e si dileguavano per le campagne circostanti. Le due Coffa si preoccupavano che Romano avesse portato con sé la pistola di cui disponeva.

Il 25 febbraio 2015, Andrea Romano, all’atto del suo arresto, è stato trovato in possesso di una pistola semiautomatica calibro 9 corto con matricola abrasa con inserito un caricatore nel cui interno vi erano sei proiettili cal. 9 corto/380, il tutto perfettamente efficiente. 

Il 29 giugno 2015, Ivano Cannalire è stato tratto in arresto, in flagranza di reato, dal comando compagnia Carabinieri di Brindisi, poiché trovato in possesso di una pistola Beretta modello 92 FS con 15 colpi all’interno del caricatore.

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