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Blitz della Polizia contro la Scu: otto arresti fra Brindisi e Mesagne

Inchiesta coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. Colpo alla frangia facente capo al clan Campana

BRINDISI – Le vecchie generazioni della Scu hanno ancora voce in capitolo nella gestione delle attività illecite dell’organizzazione criminale. I boss storici Giovanni Donatiello, 59 anni, di Mesagne, uscito dal carcere nel 2018 dopo aver scontato una condanna all’ergastolo, e il 47enne Francesco Campana, di Mesagne, detenuto al 41 bis presso la casa circondariale di Opera (Milano) rivestono un ruolo centrale nell’inchiesta della Squadra mobile della questura di Brindisi, denominata appunto "Old Generation", che oggi ha portato all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Lecce, Edoardo D’Ambrosio, su richiesta della pm Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Giovanna Cannalire, a carico di 13 persone: otto ristrette in carcere, cinque sottoposte alla misura dell’obbligo di firma.  Il sodalizio si sarebbe dedicato alle estorsioni nei confronti degli imprenditori agricoli nel settore della produzione del grano, alla gestione “abusiva” di parcheggi nei pressi dell'ospedale Perrino e anche al sostentamento dei detenuti.  

Le immagini della retatata

Gli arrestati

Oltre a Campana e Donatiello, sono stati arrestati in regime carcerario: Enrico Colucci 66 anni, di Brindisi; Angelo Pagliara,57 anni, di Brindisi, Teodoro Valenti 47 anni, di Brindisi, Antonio Signorile, 50 anni, di Brindisi, Alessandra Di Lauro 54 anni, di Brindisi, Cesario Monteforte 54 anni, di Brindisi. Sono sottoposti a obbligo di firma: Giuseppe Monteforte, 34 anni, di Brindisi, Lucia Monforte 52 anni, di Brindisi, Simone Sperti, 23 anni, di Brindisi; Marco Sperti, 33 anni, di Brindisi, Mara Riza, 31 anni, di Brindisi. Le persone indagate sono complessivamente 19. 

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I ruoli dell'organizzazione

I dettagli sull’inchiesta sono stati forniti dalla dirigente della Squadra Mobile di Brindisi, vicequestore Rita Sverdigliozzi, nel corso di una conferenza stampa introdotta dal questore di Brindisi, Ferdinando Rossi.  Gli inquirenti hanno accertato l’operatività in provincia di Brindisi della Scu e nello specifico di quella frangia storica facente capo a Francesco Campana. Le indagini hanno consentito di delineare i nuovi assetti ed i ruoli all’interno de sodalizio, dedito a una serie di reati con particolare riferimento alle estorsioni, avvalendosi di un rinsaldato controllo del territorio e dell’assoggettamento delle vittime al modus operandi particolarmente intimidatorio dei consociati, forti del vincolo associativo e di sangue che al contempo consente loro di permeare e radicare l’interno di un tessuto sociale favorevolmente omertoso. 

Il questore: "Non ci siamo ancora liberati di cancri come la Scu"

L’associazione risulta dotata di una struttura gerarchica ben definita all’interno della quale ciascuno dei membri ricopre ruoli e compiti ben definiti. Francesco Campana, nonostante lo stato di detenzione, è riuscito a mantenere contatti con gli affiliati anche per il tramite della compagna, Lucia Monteforte, che con regolare frequenza si reca a fargli visita. La Monteforte, da quanto appurato dagli inquirenti, a sua volta, mantiene i contatti con gli altri compartecipi dell’organizzazione malavitosa. Nella struttura verticistica della frangia brindisina della Scu, ad un gradino immediatamente più basso rispetto al capo indiscusso si sarebbe collocato per diverso tempo Cesario Monteforte, detto Rodolfo. Questi, fratello di Lucia Monteforte, sarebbe divenuto il punto di riferimento per la criminalità brindisina, in quanto, sebbene sia stato più volte detenuto, ha ricevuto, evidentemente da Francesco Campana la investitura ad organizzare il sodalizio criminoso nella città di Brindisi. Le disposizioni impartite da Monteforte sarebbero giunte all’esterno del carcere, durante il suo stato di detenzione, con estrema facilità grazie al ruolo di portavoce, svolto dalla compagna Alessandra Di Lauro. 

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La posizione criminale di Antonio Signorile emerge dall’attività tecnica che consacrerebbe la sua appartenenza alla Scu ed, in particolare, il suo ruolo di reggente. Signorile è considerato infatti il referente diretto di Cesario Monteforte inizialmente per il tramite della moglie di quest’ultimo, Alessandra Di Lauro, quando lo stesso era detenuto.  Tra le persone organiche al sodalizio vi sarebbe anche Teodoro Valenti, detto Rino, personaggio legato alla criminalità comune e che, da ultimo risulta essersi avvicinato al gruppo Campana insieme al genero Mara Riza. Tanto Valenti quanto Mara sarebbero attivi nelle estorsioni ai danni di pregiudicati locali che, in tal modo venivano costretti a corrispondere somme mensili di denaro alla organizzazione, motivate nello specifico per il mantenimento in carcere di Cesario Monteforte. Agli stessi è stata contestata l’aggravante di aver agito quali appartenenti all’associazione mafiosa.  Teodoro Valenti e Riza mara sono, altresì, ritenuti responsabili di una serie di illeciti e violenti comportamenti nei confronti di alcuni soggetti, rei di non essersi prodigati abbastanza in favore della consorte di Monteforte, per sottometterli, senza alcuna possibilità di replica, alla volontà di quest'ultimo, avvalendosi della forza intimidatrice derivante dall'appartenenza al sodalizio mafioso vicino a Giovanni Donatiello nella provincia brindisina, con imposizioni effettuate nei confronti di piccoli imprenditori locali, anche per assicurare il necessario supporto economico agli affiliati detenuti ed alle loro famiglie.  Enrico Colucci è ritenuto, invece, responsabile del delitto di estorsione tentata perché, manifestando la sua appartenenza a locali gruppi mafiosi, mediante minacce attuate nei confronti di imprenditori, avrebbe effettuato richieste estorsive. 

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Gli elementi di prova raccolti nei confronti di Giuseppe Monteforte e Lucia Monteforte dimostrano che gli stessi avrebbero assunto nella vicenda un ruolo di concorrente "esterno" che seppure non ''fa parte" dell’associazione, fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo alla stessa. I Monteforte, in particolare, in concorso con altri, sono ritenuti responsabili di una serie indeterminata di reati con particolare riferimento ad una diffusa attività estorsiva in danno degli esercenti attività commerciali e degli imprenditori agricoli per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e per altri; per assumere il controllo o esigere il rendiconto di qualsiasi attività illecita da chiunque svolta, comportante significati profitti; per mantenere il controllo del territorio ed acquisire disponibilità finanziaria, anche per assicurare il supporto economico agli affiliati detenuti ed alle loro famiglie. 

Angelo Pagliara deve rispondere del reato di estorsione, in quanto, contattando in più occasioni imprenditori agricoli brindisini attivi nel settore del grano, facendo forza su un intervento "impositorio", costringeva gli stessi a consegnare una somma di denaro necessaria per il sostentamento economico proprio e degli altri affiliati liberi e detenuti, nonché delle rispettive famiglie; con le aggravanti di aver agito quale appartenente all'associazione mafiosa. 

L'attentato al Bar

I fratelli Marco Sperti e Simone Sperti, figli di Lucia Monteforte, sono ritenuti responsabili dei delitti di percosse e lesioni, aggravate dall’avere agito con metodo mafioso. I due, infatti, nel gennaio 2020, si sarebbero recati presso un bar situato in viale Commenda gestito, anche se indirettamente, da Cesario Monteforte, per una spedizione punitiva legata a dei colpi di arma da fuoco che nei giorni precedenti erano stai esplosi contro l'abitazione della madre. Ma non trovando quello che gli inquirenti considerano il loro rivale, avrebbero sfogato la loro ira contro i gestori di un locale commerciale limitrofo, estranei ai fatti. Qualche giorno dopo,quel bar, di notte, fu devastato da un’esplosione. Tali episodi sarebbero scaturiti da una spaccatura, avvenuta alla fine del 2019, fra Francesco Campana e Cesario Monteforte, nell’ambito della distribuzione dei proventi illeciti. 

Le immagini ell'attentato al Crazy Bar

La gestione dei parcheggi al Perrino

Gli inquirenti hanno inoltre hanno individuato in Giuseppe Monforte, la responsabilità della gestione dei proventi illeciti dei parcheggi nel piazzale dell’ospedale Perrino, dai quali sarebbe riuscito a tirare fino a un massimo di circa 70-80 euro. 

Campana e Donatiello ancora leader 

Campana e Donatiello, dunque, entrambi già condannati per associazione di tipo mafioso, secondo gli inquirenti continuano a far parte della frangia storica della Scu, operativa sul territorio di Brindisi. Con un ruolo direttivo dall'interno del carcere, Campana, e con più ampi margini di operatività, per ragioni di libertà, Donatiello, manterrebbero il capillare controllo del territorio e delle attività illecite, grazie all'apporto dei rispettivi affiliati. Donatiello a partire dal giorno della scarcerazione avrebbe assunto nuovamente il ruolo di "leader" all'interno del sodalizio mafioso, anche perché, di fatto, unico personaggio di spicco in libertà, ed al lui risultano affiliati numerosi soggetti da sempre inseriti nel circuito associativo e legittimati dallo stesso ad operare sul proprio territorio di competenza. 

Il sindaco di Mesagne ringrazia le forze dell'ordine

Dopo l'operazione, il sindaco di Mesagne Toni Matarrelli ha voluto ringraziare la Dda di Lece "per l’operazione denominata 'Old generation'". Il primo cittadino ha inviato il suo grazie anche  "alle forze dell’ordine coinvolte per l’efficace intervento di contrasto alla criminalità organizzata, realizzato a tutela della comunità e dei valori della legalità".

Articolo aggiornato alle ore 19:05

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