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Redazione

Dagli atleti delle Paralimpiadi storie profonde di rivincita

Ammettiamolo, quanto entusiasmo ci hanno regalato le medaglie delle Olimpiadi di Tokyo, iniziate il 23 luglio; un medagliere di tutto rispetto, sia vessilli nazionali che locali sono stati innalzati trionfalmente.

Ammettiamolo, quanto entusiasmo ci hanno regalato le medaglie delle Olimpiadi di Tokyo, iniziate il 23 luglio; un medagliere di tutto rispetto, sia vessilli nazionali che locali sono stati innalzati trionfalmente.  Con lo stesso entusiasmo abbiamo accolto le soddisfazioni arrivate dai nostri atleti impegnati nelle Paralimpiadi, proprio in questi giorni, nonostante l’attenzione ed il clamore mediatico siano inferiori rispetto all’edizione per normodotati. Complice l’esplosione del web ed i social network, negli ultimi quindici anni l’opinione pubblica è diventata sempre più sensibile al vissuto di ragazzi e adulti disabili, i quali hanno trovato nello sport una nuova opportunità per superare i propri limiti e questo contribuisce ad una evoluzione del concetto di “normalità”.

Le Paralimpiadi, disputatesi per la prima volta in occasione dei Giochi di Roma del 1960, equivalgono ai Giochi Olimpici per portatori di disabilità, riuscendo negli anni a raccogliere un interesse crescente. Non può lasciarci indifferenti osservare questi atleti cimentarsi nelle varie discipline; i successi di Bocciardo, Gilli, Vio, Legnante o del piccolo cinese Zheng Tao (per citarne solo alcuni) cambiano la nostra visione di vittoria e perfezione, una visione che va oltre il modello corrente e convenzionale che richiama ad un corpo anatomicamente presente e allenato in tutte le sue parti.

Nuove strade ci vengono indicate da chi, partendo dalle proprie disabilità, compie scalate difficilmente immaginabili, puntando su sacrificio, tenacia e perseveranza, doti certamente amplificate proprio in virtù della propria condizione. Spesso dietro un atleta paraolimpico c’è qualcosa in più di uno sportivo: vi sono profonde storie di rivincita, traumi e lacrime che hanno segnato i propri percorsi di vita, capaci di fare spazio ad orizzonti nuovi, non appiattiti su un destino ormai segnato. Affinchè questo piccolo miracolo avvenga è naturalmente indispensabile che si attivino, in sinergia, tutte le migliori risorse della società civile.

Lo sport come veicolo di inclusione è il tramite che conduce al superamento dei limiti, soprattutto mentali e il combustibile di questo ardore è la fiducia che l’individuo nutre in sé stesso riuscendo a sconvolgere il cieco assunto “non è alla mia portata” verso sensazioni piacevoli come un respiro di ossigeno puro che si veste con le parole di Bebe Vio all’indomani dell’oro olimpico di Tokio “Se sembra impossibile, allora si puo' fare…2 volte!”

Lo scalatore  Paul Pritchard, colpito da emiparesi in seguito a un grave incidente durante un’arrampicata, ha più volte affermato che disabilità non è sinonimo di incapacità, ma è un’occasione: “siamo abituati a vivere velocemente, ma da quando sono costretto a muovermi con lentezza, noto il carattere delle persone”. E’ facile quindi intuire come, lungo il nostro percorso di miglioramento e apprendimento, i sorrisi dei tanti atleti di queste paralimpiadi possano offrirci importanti spunti di riflessione capaci di aiutarci anche quando, inevitabilmente, siamo noi a sentirci inabili o incapaci in qualcosa. 

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