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A cura di Blog Collettivo

Naufragio di Crotone: la logica e l’onore dei marinai

Le riflessioni di Marcello Orlandini sul lavoro oscuro condotto dalle unità delle Capitanerie e della Guardia di Finanza per salvare vite umane

Assieme alle decine di sventurati migranti, nel mare di Crotone si vorrebbe da qualche parte annegare anche la logica, già abbondantemente annacquata dai meccanismi imposti dai ministeri dell’Interno e delle Infrastrutture agli interventi di controllo dei flussi di persone in fuga dalle coste libiche, tunisine, egiziane e turche.

Ogni responsabile comandante di imbarcazione da pesca o da diporto, e tanto più di unità mercantili, presta attenzione all’evoluzione dei fenomeni meteomarini. Le previsioni sono costantemente aggiornate e diffuse da enti nazionali ed internazionali attraverso una vasta gamma di canali, e raggiungono tutti i naviganti. E prima ancora, sono disponibili per gli enti di ricerca e soccorso tenuti a monitorare la propria zona Sar. 

Se una imbarcazione sconosciuta, con l’Ais spento, e ragionevolmente sospettata di trasportare esseri umani, finisce nella tua area di competenza, dove sai che il mare è in burrasca, tu dovresti preoccuparti di capire dove si trovi. Non importa se al primo avvistamento navigava in acque più o meno tranquille. Conta in quale perturbazione è finita dopo, seguendo la rotta – in questo caso – verso le coste calabresi. Giocare (soprattutto in tv) sulla prima segnalazione Frontex che avrebbe riferito di una navigazione non problematica, è difendere l’indifendibile

Far partire, con la missione di rintracciare quella imbarcazione, le unità della Guardia di Finanza invece che quelle della Guardia Costiera, più attrezzate per affrontare condizione meteomarine molto avverse, è la decisione che sta cercando di indagare e qualificare la procura di Crotone. Questa è la logica che meccanismi citati in principio a quanto pare hanno stravolto e impacciato, si accusa da più parti in attesa che sia la magistratura a decidere.
Giungere a individuare le responsabilità è un dovere del nostro Paese nei confronti dei morti e delle loro famiglie, ma anche di quegli stessi equipaggi della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza che ogni giorno e notte hanno salvato e salvano in mare decine di vite di migranti, molti di più delle stesse navi delle Ong che l’attuale governo vuole emarginare. 

Quanti cittadini conoscevano questo lavoro, purtroppo obbligato da qualche anno da precise disposizioni a restare oscuro, condotto dalle unità delle Capitanerie e delle “fiamme gialle”? Invece si deve sapere, perché nessun dubbio deve macchiare i meriti (con tanti rischi), di questi uomini e donne, e il loro onore personale e di marinai, e perché eventuali responsabilità nel naufragio non ricadano su tutti. 

Ieri il procuratore Giuseppe Capoccia – che ricordiamo tanti anni fa pm a Brindisi – ha chiesto ai comandi generali della Guardia di Finanza e delle Capitanerie di Porto copia degli atti relativi alle rispettive attività condotte nelle ore precedenti il naufragio. Il fascicolo è aperto contro ignoti, e l’attività investigativa è stata affidata ai carabinieri. Quelle carte, tutti sperano (o forse no), aiuteranno a capire.

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