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Emergenza spiagge, i gestori degli stabilimenti hanno i progetti pronti

BRINDISI – La costa a nord-ovest di Brindisi è una lunga sequenza di segnali di pericolo. Sono spuntati come funghi dopo l’ordinanza del sindaco e dopo il riconoscimento dell’elevato fattore di erosione che rende la falesia friabile come una crostata della nonna. Altro evento, la morte il 21 ottobre dell’anno scorso del giovane ricercatore tarantino Paolo Rinaldi, travolto da uno smottamento sul versante Apani della riserva di Torre Guaceto. La costa e le spiagge sono inagibili, per ora sino al 31 maggio, poi si vedrà. La gente ha l’impressione che si sia passati da un eccesso all’altro: dal disinteresse assoluto prima, che ha consentito il più bieco abusivismo e il raggiungimento del punto di crisi per quanto riguarda l’erosione, al proibizionismo più netto da autotutela. E così le transenne che sbarrano i sentieri vengono rimosse e i nastri strappati, perché chi si sente più colpito è il frequentatore dei tratti liberi.

BRINDISI – La costa a nord-ovest di Brindisi è una lunga sequenza di segnali di pericolo. Sono spuntati come funghi dopo l’ordinanza del sindaco e dopo il riconoscimento dell’elevato fattore di erosione che rende la falesia friabile come una crostata della nonna. Altro evento, la morte il 21 ottobre dell’anno scorso del giovane ricercatore tarantino Paolo Rinaldi, travolto da uno smottamento sul versante Apani della riserva di Torre Guaceto. La costa e le spiagge sono inagibili, per ora sino al 31 maggio, poi si vedrà. La gente ha l’impressione che si sia passati da un eccesso all’altro: dal disinteresse assoluto prima, che ha consentito il più bieco abusivismo e il raggiungimento del punto di crisi per quanto riguarda l’erosione, al proibizionismo più netto da autotutela. E così le transenne che sbarrano i sentieri vengono rimosse e i nastri strappati, perché chi si sente più colpito è il frequentatore dei tratti liberi.

Per gli stabilimenti balneari invece si sta lavorando. Il Comune ha promesso sopralluoghi a tamburo battente dell’ufficio tecnico e dell’Autorità di Bacino. Ma le norme sulle concessioni balneari dicono che gli stabilimenti devono aprire il 15 maggio, e questa à una data che fa a cazzotti con quella del termine dell’ordinanza. E comunque un imprenditore non può attendere l’ultimo momento per gli interventi programmati. E’ uno strano ed insolito ritardo quello che si coglie seguendo la litoranea da Brindisi ad Apani. Sembra tutto sospeso, tutto fermo. Solo il mare continua a demolire la falesia, e già non sono poche le case a rischio, come pure Torre Testa. La salvezza arriverà, dicono gli esperti che hanno redatto il Piano delle Coste della Regione Puglia, attraverso barriere frangiflutti davanti ai tratti in erosione. Ma ci vorranno soldi: ogni Comune dovrà studiare cosa fare nel proprio litorale, poi chiedere i finanziamenti. I tempi non saranno veloci anche se adesso l’inversione di tendenza è avviata.

Allora tocca agli operatori privati. In fondo al tratto interdetto e prima dell’inizio dell’area di competenza della riserva marina di Torre Guaceto, ci sono Lido del Sole e poi Guna Beach. I due amministratori delle società concessionarie, Oronzo Soleti e Massimiliano Di Cicco, un piano ce l’hanno già dall’autunno scorso. Un iter avviato quasi negli stessi giorni in cui poco distante perse la vita Paolo Rinaldi. Di Cicco e Soleti la falesia vogliono metterla sotto tutela subito, con una palizzata di contenimento lunga circa 400 metri, su due livelli a formare una intercapedine che dovrà essere riempita di terra e ospitare essenze di macchia mediterranea, che affondino le radici nelle calcareniti e nelle sabbie geologiche trattenendole. Ora ci sono anche i pareri prescritti dalla legge (Soprintendenza inclusa), e si potrebbe partire se anche l’Autorità di Bacino si esprimerà nei prossimi giorni.

Dall’estate scorsa, le due spiagge hanno perso almeno due file di ombrelloni a causa delle mareggiate che hanno ridotto la profondità dell’arenile, ma con il contenimento della falesia i clienti staranno al sicuro a godersi lo stesso mare della riserva marina. Di fronte al rischio di una crisi, i due operatori privati hanno deciso cosa fare già un anno fa, e investiranno proprie risorse. “E’ lo spirito dell’Assobalneare Salento”, dice Max Di Cicco, “quello di progettare e sperimentare sistemi che tutelino la costa e quindi anche il nostro lavoro, in attesa dell’intervento pubblico che prima o poi arriverà. Come a Porto Cesareo, dove con i geosacchi un nostro collega ha riguadagnato 20 metri di spiaggia”.

I geosacchi sono del tutto simili a quelli utilizzati nelle difese militari. Nel caso dell’impiego in mare, sono riempiti con sabbia, e servono per realizzare barriere frangiflutti semisommerse a breve distanza dalla battigia per impedire l’erosione. “Funziona – dice Di Cicco mostrando una foto sul cellulare – e non è escluso che si possano utilizzare anche qui, prima o poi. Vediamo prima quali saranno i tempi e le risorse a disposizione della pubblica amministrazione per le barriere di massi previste dal Piano della Costa, poi decideremo quale altro passo fare dopo quello della palizzata”.

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