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Omofobia e razzismo sono un problema, una risata non li seppellirà

Il linguaggio è importante: si creano correlazioni semantiche di cornici relazionali. Perché il discorso di Pio e Amedeo non convince

Complice il miglioramento dei famigerati indici RT settimanali, la nostra attenzione e l’interesse dei mass media si sono spostati su altri argomenti finiti nel turbinio delle mode passeggere. Nel giro di poche settimane abbiamo sentito parlare di catcalling, delle polemiche sui monologhi di Pio e Amedeo nel loro programma televisivo, della registrazione di Fedez e finanche della calendarizzazione del Ddl Zan, che aspetta da mesi di superare l’ostracismo di alcune parti politiche. Il punto in comune tra tutti questi argomenti è il significato sociale dato a comportamenti che, un tempo tollerati o bene accetti, oggi sono oggetto di una valutazione talvolta contrastante.

L’elemento più importante nel merito di quanto accennato risiede nel Ddl Zan, decreto finalizzato al superamento del sesso biologico, a prevenire la discriminazione e la violenza su base sessuale, sull'identità di genere ed etnia e sulla disabilità, attraverso un inasprimento delle pene. Chiunque istighi all’odio e alla violenza in base ai motivi prima descritti potrebbe andare incontro a pene più severe, massimo 4 anni di reclusione, secondo la gravità del reato commesso.

Il Ddl ha trovato nuovo slancio in seguito all’aggressione avvenuta nella metro di Roma quando un folle si lanciò verso una coppia di ragazzi, aggredendoli selvaggiamente e trasformando la banchina della metrò in un ring di boxe. L’episodio di cronaca, dal chiaro significato omofobo, incontrò sensibilità e reazioni di tipo diverso: pronte denunce e condanne, affiancate a commenti distaccati orientati a far dimenticare quanto accaduto, e questo riflette senza ombra di dubbio il grado di civiltà diverso con cui sacche della popolazione si affacciano sul mondo vasto della sessualità con implicazioni sull’omosessualità, sui rapporti col sesso opposto e ciò che appartiene ad etnie, classi sociali e disabilità.

In questo marasma di sensibilità variabili e contrapposte è piombato pesantemente lo stile del monologo dei comici televisivi Pio e Amedeo che hanno sdoganato certi termini folkloristici e ritenuti offensivi; in seguito la coppia televisiva ha giustificato l’utilizzo di appellativi tra i quali “frocio, negro, ebreo” affermando che le parole abbiano in fin dei conti un significato relativo ma contino poi le intenzioni.

Ebbene, gli studi e la pratica clinica di tutti i giorni suggeriscono altro: mediante il linguaggio si creano correlazioni semantiche di relational framing (cornici relazionali), per cui sin da piccoli impariamo significati quali “migliore/peggiore di…, deviazione dalla norma e diversità negativa”. Dal momento in cui apprendiamo la comparazione tra categorie all’interno degli esseri umani, identificare una diversità sui costumi e l’identità sessuali ed esser offesi per questo, può assumere un carattere devastante per chi ne diventa vittima. La formazione del “network relazionale” per cui un ragazzo o una ragazza, ma anche un adulto, sia esposto all’idea di diversità, peggiore di…, riprovevole o non meritevole di rispetto, assume l’aspetto di un costrutto personale che potrà essere espanso ma non cancellato. 

In virtù di quanto appena detto, la costruzione della nostra identità e l’aspetto con cui ci vediamo allo specchio non possono sottostare a leggerezze linguistiche “lavabili” con una risata, così come poche persone sarebbero in grado di assumersi la responsabilità di sbagliare un calcio di rigore in una finale mondiale da cui arriveranno insulti ed improperi per tutta la vita. Pensandoci su, rientra forse nelle nostre abitudini fare ingresso in un locale utilizzando turpiloquio nel rivolgersi ai presenti, per poi giustificarci magari con la motivazione che “tanto conta l’intenzione più che i termini utilizzati”? Se la risposta è no chiediamoci il perché. 

Purtroppo sono moltissime le persone che vivono per anni con inquietudine il proprio orientamento sessuale, ricorrendo a bugie, silenzi e insulti che goccia dopo goccia scavano una voragine nella relazione con sé e con gli altri. Situazioni magari a noi vicine, presenti  forse tra i nostri conoscenti ma che sembrano lontane perché restano nell’ombra, tale è la paura di essere etichettati ed emarginati. Ecco perché una risata non è la medicina giusta e su una battuta poco raffinata in pubblico è meglio pensarci un po’ su, prima di utilizzarla come portavoce di una supposta superiorità morale.

Ovviamente questi temi richiedono attenzione e profonde riflessioni che vanno oltre la banalizzazione talvolta anche simpatica, irriverente e originale dei meme che girano sulla rete. Sono diventanti virali i meme riguardanti la fiaba Biancaneve della Disney, su cui si erano sollevate isolate e lontane perplessità in California sulla scena del bacio finale che riporta in vita la protagonista della fiaba degli anni ’30. La portata di queste osservazioni, amplificata dai social, non raggiunge neanche il livello della provocazione ma si assesta al livello di boutade, eppure è diventata per molti il simbolo d’offesa della propria libertà e buon senso, andando a contaminare la bontà di discorsi sicuramente più seri, rendendoci quasi strumento di stagnazione di un argomento rilevante.

E’ bene comunque fugare il campo da ogni ambiguità: Biancaneve continuerà ad esser baciata dal suo principe e non si verrà arrestati per aver espresso un complimento gentile ed appropriato ad una donna o ad un uomo, nell’auspicio che a ciascuno venga data la possibilità di vivere la propria strada nella libertà senza l’oppressione del giudizio, nella promozione di una società sempre più civile ed attenta ai diritti e alle emozioni di ciascuno.
 

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