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Cinque anni fa la morte di Hugo Chavez, baluardo del socialismo in Sud America

Famoso per i suoi discorsi e le sue politiche in favore delle classi più povere e meno abbienti, aveva sempre fatto di Simon Bolivar, il "Libertador" eroe dell'indipendenza del Venezuela, la sua figura politica di riferimento. Non erano mancati i tentativi di farlo fuori e di spodestarlo

Hugo Chavez, presidente del Venezuela in carica dal 1999, moriva esattamente 4 anni fa, il 5 marzo 2013, a Caracas. Fu un lutto che aveva letteralmente colpito al cuore i veri credenti della dottrina socialista di tutto il mondo, dato che la sua presidenza aveva rappresentato, sino a quel momento, un forte baluardo ideologico fondato sul socialismo, soprattutto per tutto il Sud-America. 

Famoso per i suoi discorsi e le sue politiche in favore delle classi più povere e meno abbienti, aveva sempre fatto di Simon Bolivar, il “Libertador” eroe dell’indipendenza del Venezuela, la sua figura politica di riferimento. Non erano mancati i tentativi di farlo fuori e di spodestarlo, come quello del 2002, quando il capo della Confindustria venezuelana, Pedro Carmona, aveva organizzato un colpo di Stato con la complicità di alcuni ambienti deviati delle forze armate. Ma quel tentativo di golpe non ebbe per niente successo, dato che un’enorme sommossa popolare ebbe modo di difendere l’ex colonnello paracadutista e la sua presidenza. 

In molti sostenevano che dietro quel tentativo golpista si nascondesse, in realtà, la volontà degli Stati Uniti, che non avevano mai gradito la sua politica nazionale, soprattutto se teniamo conto che il Venezuela è una nazione produttrice di petrolio. Sulle vere cause della sua morte si annidano, ancora oggi, sospetti e perplessità mai sopiti. Il suo vice Nicolas Maduro, che aveva successivamente giurato come nuovo presidente (ed è in carica ancora oggi), aveva sostenuto che ad Ugo Chavez era stata “fatta fare la stessa fine di Yasser Arafat”. 

Evidenziamo come le polemiche sulla morte dello storico leader palestinese non si sono mai spente, dato che da più parti è sempre stata ripresa, in maniera insistente, l’ipotesi che Arafat fosse stato avvelenato con il polonio e che il tutto sarebbe stato il frutto di una manovra sporca dei servizi segreti americani. Un evento che, va ricordato, non ha mai trovato un concreto riscontro, anche se dalla Casa Bianca si erano affrettati a tagliare corto sulle affermazioni di Maduro, etichettandole come “assurde”. 

In ogni caso l’allora presidente americano in carica, Barack Obama, non aveva espresso alcuna parola di dispiacere per la scomparsa di Chavez, dicendosi invece “vicino al popolo venezuelano” ed auspicando che esso potesse “intraprendere una nuova strada”. Tutto questo ci fa ben capire, in modo chiaro e lapalissiano, il grande contrasto politico che gli Usa avevano sempre avuto verso Chavez. 

Veleno o no, la sua morte di certo non fu una cattiva notizia per la Casa Bianca, dato che insieme a molte altre nazioni della Comunità internazionale lo avevano definito un dittatore a tutti gli effetti, eletto con delle elezioni politiche false e pilotate. 

Nell’ultimo periodo della sua malattia, Chavez era stato anche a Cuba, per cercare di farsi curare in casa del suo vecchio amico Fidel Castro. Dopo la sua morte, aldilà di tutte le ipotesi degne di un romanzo giallo colmo di intrighi internazionali, il Venezuela è sprofondato in una pesante crisi economica, che sta giorno per giorno portando il paese al collasso e sull’ orlo della guerra civile. Alla storia toccherà ora giudicare chi è stato veramente Hugo Chavez.
 

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