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A cura di Blog Collettivo

La Nuova Via della Seta? Inevitabile, “con o senza di noi”

Le rotte commerciali dalla Cina sono già una realtà. L’Adriatico potrebbe svolgere un ruolo essenziale, ma la decisione spetterà al prossimo governo italiano

La Nuova Via della Seta è un ambizioso progetto economico che punta a integrare l’Asia e l’Europa sia per terra che per mare, con sei corridoi di trasporto per le merci in ambedue le direzioni. Pechino fa sul serio: già nel 2011 ha inaugurato la prima ferrovia Yu Xin Ou, che collega Cina e Germania passando per Kazakistan, Russia, Bielorussia e Polonia. Una strada ferrata che avrà numerose deviazioni, e potrebbe arrivare fino a Milano, città in cui gli investitori del Celeste Impero sono attivissimi.

Mediterrano raggiungibile più facilmente

Un progetto che è destinato ad andare avanti “con o senza di noi”, come ha recentemente dichiarato all’Agi l’ambasciatore italiano a Pechino, Ettore Sequi. Già in passato, infatti, l’Italia si era messa di traverso con il fallito accordo sul porto di Gioia Tauro, la cui posizione centrale nel Mediterraneo sarebbe stata ideale per gli investitori cinesi. Che si sono poi rivolti al porto greco del Pireo, acquisito nel 2016 dalla Cosco Group e diventato il principale snodo del commercio navale dalla Cina, sestuplicando il volume di merci movimentate. Se è vero infatti che per alcune merci converrà usare la via ferrata, più veloce rispetto a quella marittima, per il trasporto di materie prime non immediatamente deperibili si continueranno ad usare le navi-cargo. E il raddoppio del Canale di Suez renderà il Mediterraneo più facilmente raggiungibile.

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Un'opportunità per i porti italiani

I porti di Venezia, Trieste e Genova sarebbero ideali per la loro posizione strategica, vere e proprie porte d’ingresso verso l’Europa continentale per le rotte commerciali dall’Estremo Oriente. L’Adriatico, in particolare, potrebbe svolgere un ruolo-chiave, incuneandosi fino al cuore dell’Europa: bisognerà però battere la concorrenza dei porti francesi, spagnoli e algerini, che stanno già cercando di attrarre gli investimenti dall’Estremo Oriente per rilanciarsi. Ma l’Adriatico, il vecchio “golfo di Venezia”, con i suoi 800 km di lunghezza e mediamente 150 km di larghezza tra sponda italiana e balcanica, potrebbe offrire, come detto dal ministro Delrio, un “sistema di porti integrato”. Quindi non solo Venezia e Trieste, ma anche Ferrara, Ancona e, perché no, le città marittime pugliesi. Una rotta che si affiancherebbe a quella, già avanzatissima, tra Trieste e Istanbul, la più avanzata del Mediterraneo per quanto riguarda i traghetti.

Le rotte nel mare dell'Artico

Nel frattempo i Cinesi guardano anche al mare dell’Artico, il vecchio “passaggio a nord-est”, che, grazie all’avanzamento della tecnica marittima, inizia a diventare un’opzione sempre più plausibile. Una rotta più difficoltosa, ma che l’anno scorso ha permesso a una nave cisterna russa di percorrere la distanza tra Norvegia e Corea del Sud in soli 19 giorni, rispetto ai 48 che ci sarebbero voluti passando da Oceano Indiano e Canale di Suez. Senza contare il passaggio a nord-ovest, quello che passa sopra il Canada, sul quale però permangono molte difficoltà logistiche. Negli ultimi cinque anni, comunque, la Cina ha investito quasi 90 miliardi di dollari nello sviluppo dei ghiacci polari.

Quella dell’Adriatico è una sfida che si risolverà in un tempo estremamente breve. Sarà il prossimo governo italiano a decidere le sorti di una rotta commerciale un tempo florida, e che potrebbe riattivarsi grazie agli investimenti cinesi. 

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