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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Una ostilità sempre più palese che affossa solo il porto

C'è uno sgarbo istituzionale, ma non solo, dietro il mancato invito del Comune all'Authority

L’atteggiamento dell’attuale amministrazione comunale di Brindisi nei confronti dell’Autorità di Sistema portuale del Mare Adriatico Meridionale è concettualmente e politicamente ostile e le spiegazioni del sindaco Riccardo Rossi non reggono, a partire dall’osservanza di elementari consuetudini (l’Authority andava informata e invitata alla presentazione dei progetti Pac Mit 2014-2020).  Questo ormai è chiaro a tutti, e tale ostilità sempre più palese – veniteci a dire che è un’invenzione dei mezzi di informazione, adesso – comporta un prezzo pesante per la città, a partire dalle imprese portuali.

A Bari l’intesa Comune-Authority, nel rispetto dei ruoli, funziona benissimo e il porto – e la città – volano. Basta leggere un documento diffuso congiuntamente questa mattina. A Brindisi ogni commento è superfluo: la realtà è sotto gli occhi di tutti. L’impressione è che l’attuale maggioranza a palazzo di città non tenga conto di un concetto fondamentale: finché sarà in vigore l’attuale legge sulla portualità e sue successive modifiche ed integrazioni, le città porto hanno ed avranno due attori con compiti ben distinti, le amministrazioni civiche e le autorità di sistema.

La legge, soprattutto per gli assetti urbanistici con tutte le interfacce possibili, prevede ed auspica una collaborazione ed una cooperazione tra questi due attori. Il Comune è formalmente chiamato ad esprimere i pareri di sua competenza, ma non deve entrare nel merito della programmazione che tocca all’Authority. Si deve lavorare invece insieme per evitare conflitti di fondo tra l’idea di città e l’idea di porto.

Ciò si fa con la collaborazione, e nulla risolve la giustificazione che l’Adsp nel presentare i suoi progetti non terrebbe conto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti. Del resto, va detto e sottolineato, il cosiddetto “Decreto semplificazioni” tra le altre cose fa venir meno la competenza del Provveditorato per le Opere pubbliche sulle opere portuali. Il sindaco non può non saperlo. Quindi?

E quali sarebbero questi strumenti urbanistici vigenti? Nel 2020 a Brindisi vige ancora il vecchio Piano regolatore generale perché del Pug francamente non sappiamo più nulla. E nel porto c’è ancora il vecchio piano regolatore del 1975. Con l’istituzione della nuova Autorità di Sistema portuale, nell’agosto del 2018 è stato formalizzato l’avvio dello studio, con la collaborazione del Politecnico di Bari, per il nuovo piano regolatore di sistema che interesserà i cinque porti del network: Brindisi, Bari, Manfredonia, Barletta e Monopoli.

Nelle more, i porti devono funzionare e produrre reddito per se stessi e per le città, sotto forma di lavoro per le imprese. Brindisi ha un enorme bisogno di questo, e ne avrà ancora più quando cesserà definitivamente il traffico del carbone, la sua primaria – al momento – fonte di business. Brindisi, poi, ha sulle spalle anche il peso degli obblighi del suo status di area Sin.

Ma il rallentamento dei progetti per diversificare ancor più le merci, offrire convenienze agli armatori, migliorare la sicurezza degli ormeggi, offrire almeno uno scampolo di accoglienza dignitosa e di assistenza non solo ai passeggeri delle crociere ma anche a quelli che possiamo ormai considerare frontalieri, come i camionisti balcanici e i cittadini albanesi, sta causando disagi, danni di immagine e preoccupazioni più che fondate sul futuro del porto.

Eppure è il porto il vero futuro di Brindisi, e il nostro – piaccia o meno – è anche un porto industriale. L’Authority guarda a Brindisi come la principale occasione di crescita per l’intera rete adriatica pugliese, qui possono esserci i più importanti sviluppi commerciali. E se si vuole diversificare a dare alternative, bisogna trovare corsie privilegiate per i progetti dei nuovi accosti e per la sicurezza delle banchine, nel rispetto certo delle regole, ma con grande senso di responsabilità nei confronti della domanda di lavoro e di impresa.

Trieste, Ravenna, Ancona e persino Venezia che ha dovuto trovare un modello di convivenza con Marghera, sono passate attraverso gli stessi problemi di Brindisi o ne hanno avuti di maggiori, ma oggi restano città d’arte, turisticamente ai primi posti, culturalmente invidiabili, con porti che producono e che semmai patiscono le crisi di scala dei traffici marittimi, ma non le ostilità politiche. Qui invece tutto sprofonda nei veti.

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