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Gli uomini, eterni bambini. Un fenomeno non solo italiano

Gli uomini sono definiti “mammoni” perché sembra restino ancorati al porto della casa natale anche da adulti. Eppure, come accennato nell’ultimo articolo (i capricci dei bambini), tra due e tre anni avviene il passaggio evolutivo per staccarsi dalla figura di attaccamento verso l’individualità

Gli uomini sono definiti “mammoni”   perché sembra restino ancorati al porto della casa natale anche da adulti. Eppure, come accennato nell’ultimo articolo (i capricci dei bambini), tra due e tre anni  avviene il passaggio evolutivo per staccarsi dalla figura di attaccamento verso l’individualità. L’indecisione, l’insicurezza, la scarsa autostima, la paura del giudizio altrui sembrano essere non solo tipicamente adolescenziali, ma caratterizzante anche la generazione dei trentenni e over.

Creare rapporti sentimentali non impegnativi, con poche responsabilità evidenziano modalità di situazioni di “due cuori e due capanne”.   Questa immaturità, voglia di libertà e pochi vincoli, la superficialità e passività rivelano un profondo disagio. Sono i 30 anni l’età in cui si riscontrano più problemi: sotto pressione per il raggiungimento di obiettivi lavorativi (successo e carriera), non riuscire, o non volere, uno spazio personale in una casa propria sono tutti fattori che influiscono negativamente sulla stabilità di coppia e sul pensare all’intimità in modo rilassato.

L’ insicurezza e l’ansia che ne derivano determinano in età adulta timori relativi al matrimonio, perché comportano il distacco dalla genitrice. E’ un fenomeno non solo italiano, ma anche europeo e americano, a quanto riportano alcuni studi psicologici, sociologici e di marketing. Le tipologie di consumo, gli stili di vita, le scelte di investimento e il comportamento lavorativo, rendono possibile individuare una fascia d’età degli “adulti eterni adolescenti”.

Persone che lavorano, portano avanti una famiglia, allevano figli, assistono i genitori e magari sono anche impegnati nel sociale. Non sono quindi dei Peter Pan, anzi si assumono responsabilità, si impegnano, si stressano come tutti. L’eterno adolescente non ama: si innamora, si invaghisce di chi lo fa sentire un mito, si disamora, si separa e riparte. Il nocciolo della questione è come viene vissuto tutto questo.

La quotidianità che sembra rispecchiare l’età anagrafica, si sviluppa in realtà su un terreno psico-emotivo di pensieri e comportamenti tipicamente adolescenziali: uno sguardo fanciullesco su se stessi e sulla realtà. Non è una seconda giovinezza, ma il prolungamento della prima. Di fatto sembra costituire un equilibrio però illusorio, dovuto forse alla paura di lasciarsi abbandonare alla scoperta, all’esplorazione di sé.

Non si è mai soddisfatti, contenti di quello che si è, che si fa, senza sapere bene cosa si vuole. La moto, l’auto sportiva, il partner più giovane, le vacanza esotiche, l’idea di avere tanti amici sono gli ingredienti del precario equilibrio. Attenzione: un piccolo calo di immagine e la demotivazione è dietro l’angolo e possono distruggere l’illusione della stabilità. Sembra una vera libertà, ma di fatto si tratta di un passaggio di crescita non riuscito.

Riflettendo, infatti, fermarsi ad una tappa può permettere di essere sempre un po’ sbarazzini, ma non di assaporare al massimo il senso dell’intera vita. Ogni età della vita è uno step psicologico fondamentale per passare a quello successivo: occorre una corrispondenza anagrafica altrimenti è un catapultarsi in maniera drammatica all’età anziana senza aver vissuto l’età adulta.

Essere adulti non significa, poi, non giocare più, ogni tanto può emergere il fanciullino che alberga in noi, con la consapevolezza dell’età adulta.  E poi, non è detto che sentirsi vivi sia dato solo dall’esprimersi come adolescente, perché la vita offre nuove occasioni di rinascita, sempre in modo diverso. Basta coglierle. (rita.verardi@libero.it)

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