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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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I professionisti del lamento e la gente che affronta le sfide della crisi

Li chiamano professionisti del lamento: non sono collocabili in una particolare fascia anagrafica, poco importa che siano trentenni, quarantenni o che abbiano troppi capelli bianchi. Ci svegliano la mattina e ci accompagnano a letto di sera: onnipresenti su ogni palinsesto televisivo, incipriati come mummie, recitano con nauseabonda teatralità storie quotidiane di ordinaria disperazione.

Li chiamano professionisti del lamento: non sono collocabili in una particolare fascia anagrafica, poco importa che siano trentenni, quarantenni o che abbiano troppi capelli bianchi. Ci svegliano la mattina e ci accompagnano a letto di sera: onnipresenti su ogni palinsesto televisivo, incipriati come mummie, recitano con nauseabonda teatralità storie quotidiane di ordinaria disperazione. Addomesticano brutalmente le nostre orecchie ed i nostri occhi con overdosi di litanie, estreme unzioni: i professionisti del lamento continuano a far ingrassare avidamente le proprie tasche di velluto a coste.

C’è una parte di questo paese che sta meccanicamente costruendo una fortuna sulle saracinesche che si abbassano con cotanta rapidità, sulle vite solitarie lanciate silenziosamente nel vuoto, sulle statistiche affogate di rosso. C’è un’altra parte del paese che si sta lentamente abituando a questa paranoica normalità senza opporre molta resistenza: ha lo sguardo pallido ed è sdraiata su una barella abbandonata da Dio in un pronto soccorso di periferia. Sciascia diceva che la sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini: vedo tanti cittadini disperatamente vulnerabili, resi malleabili dal potere affinchè quest’ultimo porti avanti i suoi disegni austeri. Continuo ad inseguire interrogativi notturni sul nostro grado di sicurezza, sulla nostra fiducia verso il futuro, sulla nostra predisposizione verso il sogno e verso il mistero.

Già, il mistero: trovatemi un paese che abbia partorito almeno la metà degli artisti e degli scienziati che l’Italia ha messo al mondo, gente che ha provato minimamente a svelare e raccontare il mistero. Poi ci siamo noi italiani: progettiamo vie di fuga nei posti più disparati senza avere la minima idea di cosa significhi fuggire e senza un bagaglio professionale adeguato, continuiamo ad esigere servizi sociali migliori, autostrade asfaltate magistralmente e redditi di cittadinanza quando per una vita non abbiamo versato i contributi e abbiamo continuato a votare “ i soliti ladri di sua maestà”. Pretendiamo senza mai dare, vogliamo guidare il cambiamento comodamente dal nostro divano di casa, non sappiamo cosa significhi imbrattare le proprie mani con numeri, lettere, utensili e probabilità: soprattutto siamo più reazionari dei reperti storici e bolliamo con disgustoso disfattismo il nostro presente.

L’Italia che racconta Riccardo Luna in “Cambiamo tutto” esiste davvero: sono uomini e donne che vedono nella crisi la più grande opportunità della loro vita. C’è chi ha sperimentato con successo la prima coltivazione di arachidi Made in Italy, sfruttando a proprio favore i tanto temuti cambiamenti climatici. C’è il giovane disegnatore professionista che si diletta a documentare un matrimonio realizzando a pagamento fumetti e cartoni animati. La crisi è tutto ciò: uno straordinario momento di riflessione, una raccolta di idee che ci faccia ripartire collaborando, innovando, partecipando. Da questa vita non ne usciremo vivi, non c’è motivo di aver paura.

 

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