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A cura di Blog Collettivo

Ospitiamo in questo Blog opinioni di alcuni cittadini Brindisini

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Il Sud ha bisogno di tutta l'impazienza dei giovani e di nuovi movimenti

Scrivo mentre sulla tv scorrono le immagini degli scontri fra poliziotti e ragazzi in varie città d’Italia. E’ il tributo che paga ogni generazione di studenti, ed anche di poliziotti. La differenza fra le immagini di oggi e quelle del passato è che oggi questa tensione è frutto della disperazione. Non sappiamo che cosa dire ai nostri giovani perché l’intero futuro per più generazioni è stato ipotecato. Per chi vive al Sud va ancora peggio. Lo ha ricordato la Svimez con quel suo drammatico rapporto in cui annuncia ai mostri figli, ai figli dei nostri figli e ai loro discendenti, per quattrocento anni, la fissità sociale, saranno ricchi se lo erano i loro avi, poveri tutti gli altri. Mai tragedia fu meglio rappresentata dai numeri.

Scrivo mentre sulla tv scorrono le immagini degli scontri fra poliziotti e ragazzi in varie città d’Italia. E’ il tributo che paga ogni generazione di studenti, ed anche di poliziotti. La differenza fra le immagini di oggi e quelle del passato è che oggi questa tensione è frutto della disperazione. Non sappiamo che cosa dire ai nostri giovani perché l’intero futuro per più generazioni è stato ipotecato. Per chi vive al Sud va ancora peggio. Lo ha ricordato la Svimez con quel suo drammatico rapporto in cui annuncia ai mostri figli, ai figli dei nostri figli e ai loro discendenti, per quattrocento anni, la fissità sociale, saranno ricchi se lo erano i loro avi, poveri tutti gli altri. Mai tragedia fu meglio rappresentata dai numeri.

E Carmine Di Pietrangelo, che con i numeri e i problemi della gente ha trascorso una vita, su BrindisiReport.it  ha lanciato il suo grido di allarme. I primi quattro interventi di ragazzi mi hanno colpito per la loro serietà. Martina Carpani ha scritto che la sua generazione  non è fatta da “cani sciolti pronti alla sommossa”. Marco Mitrugno ha posto il binomio “legalità e merito” al centro dell’attenzione delle giovani generazioni. Francesco Regoli ha criticato una “società individualista” e ha proposto di “imparare a ragionare assieme”. Amelia Ignone, che leggo su Facebook ogni mattina, dice che sono “eroi quelli che restano” e non i giovani che se ne vanno dal Sud.

Mezzogiorno e questione giovanile sono stati sempre intrecciati. Il ’68, che fu una rivoluzione vera, che quelli come Renzi non capiranno mai essendo cresciuti nella bambagia, nel Sud rivelò un deposito di energie e di cultura che cambiò nel giro di poco tempo l’assetto civile delle nostre società. Prima di allora si pensò ai giovani quando si mise al centro delle lotte di operai e braccianti il tema dell’industrializzazione che poi fu realizzato con grande dovizia di mezzi, scarsa immaginazione sociale, sordità ambientale. Oggi siamo a un vero e proprio snodo. Mentre si discute se sia giusto continuare a produrre come si faceva prima, è il caso dell’Ilva, l’intera nostro panorama sociale rischia di impoverirsi perché spariscono le industrie malgrado l’eroismo di imprenditori e lavoratori e  malgrado la rinascita di alcune realtà produttive nell’agro –alimentare.

Il fatto è che stiamo assistendo alla più drammatica scissione fra società e forze produttive, fra progresso e sviluppo, fra coesione sociale e individuo. E’  un fenomeno mondiale. Non a caso, ha scritto il professor Guy Standing nel suo volume dedicato ai “precari”, questa condizione umana sta diventando la miscela esplosiva di una nuova classe mondiale di emarginati. Nel Sud c’è forse il più grande aggregato di gente disperata. E’ un gioco di parole che rende bene la contraddizione. Sono ammassaste qui le energie maggiori, qui però si trovano disperse e atomizzate. Non so quanto tempo può resistere il contratto sociale,  ciascuno di noi vive accanto a decine di esseri umani di giovane età a cui è impedito di pensare al domani.

Non era mai successo prima d’ora. Ogni generazione ha avuto le sue valvole di sfogo. Persino l’emigrazione fu un’ancora di salvezza malgrado il suo tributo di sacrifici e di dolore. Oggi non puoi restare ma non puoi partire. Non puoi, punto e basta. Basterebbe solo questo per dare alla politica un compito fondamentale. Che è quello di organizzare questo esercito di emarginati, toglierlo dalla rassegnazione, dargli l’obiettivo di strappare qualcosa. La sinistra dovrebbe dire che cosa vuole dare a questi ragazzi del Sud oggi e domani invece di dividersi su quale trenta-quarantenne debba scalare la vetta dell’Olimpo politico. Sarà antico ma non c’è altra strada che l’organizzazione delle persone per costruire società più giuste.

Se la si vede così, si capisce come il compito che è davanti ai giovani più avvertiti e agli anziani meno egoisti sia quello di fare esattamente quello che hanno fatto i pionieri del movimento operaio quando hanno dato vita a leghe e hanno organizzato piattaforme. Non so dare consigli alla politica, mi sto praticamente arrendendo, ma so che un consiglio ai più giovani lo si può dare dicendo loro che c’è bisogno di tutta la loro impazienza per  squarciare questo stato delle cose e  che devono chiedere ai loro compagni più anziani  di raccontare le storie di ieri che spesso possono aiutare a capire gli inganni di oggi.

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